Conferenza Regioni
e Province Autonome
Doc. Approvato - Federalismo demaniale: il parere sul decreto legislativo

giovedì 29 aprile 2010


in allegato il documento in formato pdf

 

CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME

10/036/CR4/C2

 

PARERE SULLO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE “ATTRIBUZIONE A COMUNI, PROVINCE, CITTÀ METROPOLITANE E REGIONI DI UN LORO PATRIMONIO, AI SENSI DELL’ART. 19 DELLA L. 5 MAGGIO 2009, N. 42”

 

 

Rapporto con la legge delega

 

1.      Tra i principi e i criteri enunciati dalla legge delega, l’art. 19 individua: a) la non onerosità dell’attribuzione; b) la correlazione dell’attribuzione alle dimensioni territoriali, alla capacità finanziaria, alle competenze e funzioni effettivamente svolte ed esercitate e alla territorialità; c) la concertazione in Conferenza unificata; d) l’espressa individuazione di tipologie di beni di rilevanza nazionale sottratti all’attribuzione.

 

2.      La lettura dello schema di dlgs, nella versione successiva al passaggio in Conferenza Stato-città, nell’ottica della verifica del rispetto dei criteri cui correlare l’attribuzione, evidenzia immediatamente che:

 

a)     I criteri della capacità finanziaria e delle competenze e funzioni effettivamente svolte ed esercitate sono solo enunciati, ribaditi, ma non sono concretizzati: degli stessi non si offre alcuna specificazione utile per l’effettiva applicazione. Il fatto di avere scelto il federalismo demaniale come primo decreto attuativo rende difficile l’utilizzo concreto  del criterio della “capacità finanziaria”, grandezza sulla quale il processo di attuazione della legge delega potrebbe influire in misura non determinabile attualmente;

 

b)     Il principale, se non l’unico, criterio sviluppato risulta, pertanto, essere quello della “territorialità”, sul quale si incentra la trama del provvedimento (art. 3, c. 5, lett. a));

 

3.      Unitamente al criterio della “territorialità” , lo schema statale poggia su altri due elementi: a) l’indispensabilità della richiesta ai fini dell’effettiva attribuzione (art. 2, c. 2); b) la garanzia “in ogni caso, di un’equa attribuzione di beni fra i diversi livelli di governo” (art. 2, c. 1). Entrambi sono criteri non enunciati espressamente dalla legge delega.

 

4.      Pertanto, emerge l’impressione di un legislatore delegato che rinuncia a prefigurare con il dlgs l’assetto degli interessi a valle del processo di attribuzione. Tale assetto finale sarà, infatti, la risultante dell’operare di elementi molto “aperti” quali, la facoltà di richiesta degli enti, la risoluzione, da parte di organi statali e senza alcun ruolo per le regioni, delle possibili/probabili richieste concorrenti nonché, in ultima analisi, del principio “dell’equa attribuzione, in ogni caso, da garantire,” principio indeterminato nel contenuto (l’equità è destinata ad operare rispetto ai singoli beni attribuiti e non alle sole tipologie di beni, pare. Opererà rispetto alla situazione dei singoli livelli di governo o anche – ndr in ogni caso – rispetto ai singoli enti a livello di territorio infra regionale? Come si concilia il meccanismo dell’individuazione e della richiesta con la necessità di garantire l’equa attribuzione, in ogni caso?). Tale criticità risulta ancora più rilevante nei casi del demanio idrico e del demanio marittimo per i quali il ruolo di governo del territorio e di regia in materia di assetto e di utilizzazione delle risorse idriche previsti dalla Costituzione, impone la necessità di garantire in capo alle Regioni l’esercizio di tali funzioni.

 

5.      Quanto al principio della delega che prevede la “concertazione con gli enti territoriali”, si nota che, a fronte di una preventiva intesa debole da raggiungere su un dpcm di individuazione dei beni (dal contenuto non del tutto determinato), la decisione finale di attribuzione, a seguito delle richieste da presentare in termini molto stretti,  appare rimessa esclusivamente alle valutazioni del Consiglio dei Ministri, su proposta del MEF, in mancanza, peraltro, di qualsiasi forma di coordinamento fra le varie richieste e di un qualsiasi ruolo regionale.

Dal punto di vista formale, si potrebbe, forse, dubitare che sia rispettata la legge delega  laddove prevede il ricorso alla concertazione “ai fini dell’attribuzione dei beni” (art. 19, c. 1, lett. c). In quest’ottica, è opportuno rimettere alla valutazione politica l’eventuale richiesta di un rafforzamento dell’intesa (forte ex art. 8, comma 6 della 131 del 2003) o l’acquisizione di una ulteriore intesa in sede di Conferenza unificata nella successiva e determinante fase finale.

 

6.      Quanto al principio della “non onerosità dell’attribuzione” è bene evidenziare: a) la riformulazione in termini meno penalizzanti ma, comunque, non soddisfacenti della clausola finale che prevedeva la riduzione dei trasferimenti statali agli enti territoriali in relazione all’avvenuto trasferimento dei beni (cfr art. 7, c. 2); b) l’inserimento (art. 7, c. 3) di una parziale sterilizzazione delle spese relative ai beni trasferiti ai fini del patto di stabilità (da valutare nel contenuto);   

Gli ulteriori passi avanti che vanno promossi sono motivati dalle seguenti considerazioni:  a) il dlgs nulla dice rispetto al fatto che i beni trasferiti siano in regola con le normative urbanistiche, edilizie ed energetiche che valgono per tutti i soggetti pubblici e privati e che non prevedono specifiche esclusioni per l’amministrazione statale. Ove non lo fossero, deve essere prevista una compensazione ulteriore all’ente destinatario del bene per far fronte agli adeguamenti di legge e la deroga al rispetto della normativa senza sanzioni per un periodo definito da una programmazione per la messa a norma dei beni; b) posto che l’ente destinatario sarà tenuto anche a “valorizzare funzionalmente” il bene , è opportuno proporre alla valutazione politica la richiesta di un esenzione dal patto di stabilità delle spese necessarie per tale valorizzazione per un congruo periodo di tempo. Si precisa , inoltre, che lo schema di decreto legislativo non fa alcun riferimento alla devoluzione delle risorse che lo Stato destina alla manutenzione dei beni oggetto di trasferimenti (interventi diretti, spese per il personale, spese per i beni e i servizi), come invece previsto dall’articolo 10 della legge 42 del 2009. In questo caso il trasferimento comporterà oneri per la finanza pubblica e in particolare per quella territoriale. Infine occorre sottolineare la specificità che il demanio militare assume con riferimento al ruolo della società Difesa SpA.

 

Focus su alcune modifiche introdotte dopo il passaggio del testo al parere della Conferenza Stato-Città

7.      Alcune delle modifiche introdotte meritano di essere valutate anche per il riflesso che sono destinate a produrre sul ruolo regionale. Richiamata la già descritta prevalenza, tra i criteri che avrebbero dovuto guidare il legislatore delegato, della “territorialità”, è bene evidenziare, altresì, l’introduzione, all’art. 3, c. 1, della frase “I beni del demanio idrico e i beni del demanio marittimo possono essere individuati singolarmente o per gruppi”. Lo scopo e l’effetto di tale inciso vanno quanto meno chiariti da parte del legislatore delegato, così come andranno precisati i criteri da seguire nell’operazione di formazione dei gruppi di beni. Ciò premesso, è bene valutare, più radicalmente, la possibilità di proporre la soppressione di tale facoltà: la frammentazione in gruppi di una tipologia di beni sembra, infatti, creare le premesse per l’attribuzione degli stessi ad un livello di governo sub regionale, ciò che, come più avanti si dirà, appare del tutto sconsigliabile e controproducente con riferimento al demanio marittimo e al demanio idrico.

 

Ruolo regionale

8.      Anche la seconda versione del decreto non riconosce alle Regioni alcun ruolo di “governo” sul territorio. Lo schema di d.lgs. ragiona soltanto di beni da trasferire, mettendo sullo stesso piano regioni ed enti locali, senza tener conto del fatto che:

- i beni, quali che siano, sono comunque strumentali all’esercizio di funzioni legislative e amministrative;

- nelle materie oggetto di legislazione concorrente o residuale spetta alle Regioni procedere al riparto delle funzioni amministrative fra gli enti locali o, meglio, individuare quale sia il livello di governo adeguato;

- la norma non considera che il coordinamento della finanza  pubblica è materia concorrente e che conseguentemente occorre un raccordo con le competenze regionali riguardo al coordinamento della finanza territoriale, così come definito dalla legge 42/2009 e dalla nuova legge di contabilità dello Stato.

 

Non considerare, ai fini del trasferimento, la connessione esistente tra beni e funzioni e le implicazioni che ne derivano rispetto agli artt. 117 e 118 Cost. produrrebbe effetti distorsivi, diseconomie e frammentazioni di competenze che impedirebbero una azione realmente efficiente ed efficace sul territorio (si pensi all’esempio della difesa del suolo nel caso fosse attribuita agli enti locali la titolarità del demanio marittimo e del demanio idrico).

Di qui l’opportunità di sottoporre alla valutazione politica l’opzione di richiedere modifiche dirette a riconoscere un ruolo regionale a garanzia dell’intero sistema, tanto più in un processo che, come detto sopra, richiederà forte ruolo di coordinamento, di concertazione sul territorio e di conoscenza delle realtà territoriali. Per questo le Regioni potrebbero svolgere un ruolo di interlocuzione con lo Stato e di intermediazione fra Stato ed enti locali nell’allocazione dei beni, in ragione della potestà legislativa necessaria a conferire le funzioni amministrative sul territorio di riferimento; funzioni rispetto alle quali è correlato/strumentale l’utilizzo dei beni da attribuire. Questo ruolo potrà essere diversamente modulato per intensità.

 

Regioni a Statuto speciale

Le disposizioni del decreto legislativo in questione si applicano nelle Regioni a Statuto speciale nel rispetto dei relativi statuti di autonomia.

 

 

 

Roma, 29 aprile 2010

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