FASCICOLI
Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome
Documento del Giorno
 

18 e 19 giugno 2003

CONFERENZA DEI PRESIDENTI DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME

 

 

PROPOSTA DELLA CONFERENZA DEI PRESIDENTI DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME PER IL DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE ECONOMICO FINANZIARIA (DPEF) RELATIVO ALLA MANOVRA DI FINANZA PUBBLICA PER GLI ANNI 2004 – 2007

 

Punto 1) o.d.g. Conferenza Unificata

 

 

1. Premessa

Le Regioni e le Province Autonome esprimono apprezzamento per il metodo instaurato per la prima volta dal Governo di un confronto preventivo sul DPEF, in accoglimento di richieste più volte avanzate dalle Regioni negli anni passati. Questo significa che si è compreso che tale metodo di lavoro è quello più rispondente al nuovo assetto di stato federale delineato dal rinnovato titolo V della Costituzione che pone su un piano di equiordinazione Stato, Regioni ed Enti Locali.  Ovviamente, l’apprezzamento per il metodo è condizione necessaria, ma non sufficiente per un positivo confronto tra i soggetti. La valutazione complessiva sul DPEF sarà subordinata all’attenzione che il governo riserverà alle proposte qui dettagliate.

Le Regioni e le Province Autonome sono pienamente consapevoli che, in questo nuovo quadro, le loro responsabilità di governo, comportano, a partire dai loro settori di specifica competenza, un maggiore ruolo propositivo e di risoluzione politica dei problemi.

 

2. Welfare

Le Regioni e le Province autonome rilevano che la situazione economica, in un quadro internazionale che non dà ancora segni di ripresa e che in Europa presenta particolari criticità in alcuni Paesi, e che nel primo trimestre 2003 ha marcato una riduzione del PIL dello 0,1%, impone di riesaminare assieme combinazioni strutturalmente e finanziariamente sostenibili tra livelli di spesa pubblica e pressione fiscale, compatibili con i vincoli europei, da definire  a livello nazionale nell’ambito del confronto istituzionale sul DPEF.

In assenza di una collegiale assunzione di responsabilità e di svolgimento di un ruolo proficuamente propositivo tra Stato, Regioni, ed Enti Locali difficilmente potranno essere portate a soluzione questioni che sono oggetto del confronto quali:

a.       istituzione di un fondo per la non auto – sufficienza alimentato dal prelievo obbligatorio;

b.      quantificazione dei fabbisogni per il finanziamento dei Livelli Essenziali di Assistenza  in Sanità (LEA), e per l’assistenza sociale (LIVEAS) allineata ai valori dei principali paesi europei confrontabili con l’Italia;

c.       i temi della previdenza alla luce delle tendenze demografiche;

d.      individuazione di uno strumento finanziario, anche di natura fiscale, che consenta  di riattivare la programmazione dell’edilizia residenziale pubblica.

 

Per quanto riguarda i problemi della gestione sanitaria corrente (punto b) che incide per oltre il 70% sui bilanci delle Regioni, le stesse rilevano quanto segue.

L’accordo dell’agosto 2001 tra Governo e Regioni sulla spesa sanitaria ha significato per le Regioni un incremento delle risorse per il periodo 2001-2004 superiore a quanto previsto in precedenza (accordo agosto 2000, legge finanziaria 2001), ma comunque non ancora allineato al fabbisogno nel frattempo alimentato sia da incrementi della spesa farmaceutica originati anche dall’eliminazione del ticket, sia dalla dinamica della spesa di personale.

Le Regioni ritengono che l’obiettivo di dare stabilità, certezza e congruità ai finanziamenti per il servizio sanitario non è ancora stato raggiunto sebbene le Regioni abbiano fatto fronte alle loro responsabilità.

Lo Stato pertanto non può considerare esaustivo il livello di finanziamento indicato nell’accordo dell’8 agosto 2001, pari per il 2002 a  74,564 miliardi, per il 2003 a 77,532 e per il 2004 a 80,501 miliardi cui si aggiungono risorse di 1,033 miliardi per ciascuno degli anni 2002 e 2003, e di 0,775 miliardi per il 2004. Infatti come ha rappresentato la Corte dei Conti nei referti al Parlamento già nel 2001 si sono raggiunti livelli di spesa pari circa allo stanziato per il 2002. A parte la dinamica della spesa farmaceutica occorre considerare gli oneri aggiuntivi di spesa relativi al contratto di lavoro nonché per la riduzione delle liste di attesa.

Il livello di finanziamento a carico dello Stato per ciascuno degli anni dovrà essere riverificato sulla base del lavoro dei tavoli di monitoraggio e verifica sui livelli essenziali di assistenza effettivamente erogati e sulla corrispondenza ai volumi di spesa stimati e previsti articolati per fattori produttivi e responsabilità decisionali.

Le Regioni ribadiscono che il principio di ancorare la spesa sanitaria al PIL, affermato nell’accordo dell’8 agosto 2001, deve trovare una più congrua esplicitazione intorno a livelli più allineati a quelli di altri paesi dell’Unione Europea.

 

Per tutto il 2002 e dall’inizio del 2003 il finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale avviene attraverso erogazioni mensili di risorse basate sul riparto delle risorse per la sanità 2001 emanato dal CIPE. Tali modalità di erogazione sono in violazione di quanto disposto dalla legge 23 dicembre 2000, n.388 (legge finanziaria 2001) art.85, comma 8, la quale prevede che “per effetto delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 7 le previsioni programmatiche della spesa sanitaria previste per gli anni 2002, 2003 e 2004 sono rideterminate, rispettivamente, nella misura del 3,5, del 3,45 e del 2,9 per cento”. Questa rivalutazione è indipendente rispetto all’Accordo in materia sanitaria dell’8 agosto 2001 che stabilisce aumenti più elevati tuttavia subordinati al rispetto degli adempimenti previsti dell’Accordo. Si ricorda, inoltre, che il riparto 2002 è già stato deliberato il 31/01/2003.

Di fatto le regioni si trovano a disporre di risorse inferiori a quelle spettanti e ormai strutturalmente disallineate rispetto agli attuali fabbisogni del settore.

Questa prassi nell’erogazione, nell’anno 2002, ha penalizzato le Regioni per un ammontare di circa 2,3, mld di euro e per i primi 5 mesi del 2003 le risorse non erogate ammontano a 2 mld di euro, in contrasto con la necessità di garantire i Livelli Essenziali di Assistenza costituzionalmente garantiti.

Si tratta di somme dovute per legge e da erogare subito alle Regioni pena l’inasprirsi degli oneri legati sia al contenzioso che agli interessi di ritardato pagamento nei confronti dei fornitori del sistema sanitario

L’attuale quadro normativo, peraltro, subordina alle verifiche del tavolo di monitoraggio sulla spesa sanitaria solo l’erogazione dell’integrazione definita come differenziale di risorse tra la quantificazione prevista nell’Accordo del 3 agosto 2000 e quella dell’8 agosto 2001 e non per l’intera somma trattenuta che per l’anno 2002 ammonta ad altri 5,5 mld di euro. Globalmente, quindi, i Sistemi sanitari regionali sono creditori verso lo Stato di euro 9,8 mld ad oggi.

 

Si chiede:

Ø          Urgentemente l’erogazione della competenza 2002 – 2,3 mld di euro;

Ø          l’erogazione immediata delle risorse previste dalla legge finanziaria 2003 per l’anno 2002 (art.52, comma 18): 165 ml di euro ad integrazione delle somme mancanti nonché per il finanziamento del Bambin Gesù;

Ø          l’erogazione di 2,4 mld di euro per il periodo gennaio – giugno 2003;

Ø          l’adeguamento della parametrazione delle mensilità 2003 al Fondo Sanitario nazionale 2003 (72.519 ml di euro) previsto dall’accordo del 3 agosto 2000;

Ø          l’eliminazione, anche alla luce del rinnovato art. 119 della Costituzione,  della norma che subordina l’attribuzione di un gettito di tributi regionali alla verifica di adempimenti in materia sanitaria inaspriti dall’ultima finanziaria.

 

Per quanto concerne le politiche sociali le Regioni ribadiscono la necessità che lo Stato preveda per il Fondo Sociale nel triennio 2004/2006 un flusso finanziario incrementato rispetto all'attuale triennio, per consentire l'avvio dei Livelli essenziali (LIVEAS) di cui all'articolo 22 della legge 328/2000. In proposito va sottolineato che il finanziamento statale  alle politiche sociali, fatta eccezione per gli emolumenti economici connessi l'invalidità civile, non supera il 5% dell'intera spesa per i servizi sociali.

Va quindi individuata da parte dello Stato lo strumento per quantificare e stabilizzare il finanziamento sui Livelli Essenziali ai sensi dell'articolo 4 della stessa legge 328/2000;

 Relativamente ai problemi delle politiche abitative (punto d) si ricorda che, già in occasione dei precedenti D.P.E.F., nonché in concomitanza con l’approvazione delle ultime Finanziarie, le Regioni avevano richiesto l’impegno del Governo a finanziare per il futuro l’edilizia residenziale pubblica, competenza trasferita alle Regioni dal D.lgs 112/98 con almeno 1.100.053.195,06 euro (2130 mld di lire) l’anno che equivalgono alla media dei finanziamenti assicurati al settore dallo Stato nel triennio di riferimento per la spesa storica 1995/1997.

Tale richiesta non sembra ulteriormente eludibile non solo in quanto destinerebbe alle Regioni risorse di loro competenza ma anche in relazione all’impatto che essi avrebbero sulla crescita dei PIL regionali e conseguentemente sui gettiti dei tributi effettivo cardine dell’autonomia finanziaria regionale.

 

3. Il federalismo

Il federalismo richiede che vengano riallocate le funzioni e le risorse necessarie dallo Stato centrale ai livelli regionale e locale. Nell’attuare questo processo è condizione essenziale la riorganizzazione dei Ministeri e della struttura centrale dello Stato, per evitare dannose duplicazioni di strutture e dei conseguenti costi.

Le Regioni e le Province Autonome ritengono che essenza vera del federalismo è porre le istituzioni al servizio del cittadino e che quindi ogni modifica dell’assetto organizzativo della Pubblica Amministrazione deve ispirarsi a principi di razionalità, trasparenza ed efficienza. Un federalismo efficiente richiede che il processo di innovazione tecnologica e di modernizzazione dei servizi avviato con l’attuazione del piano e - government, cui le Regioni e gli Enti locali hanno partecipato numerosi, sia sostenuto mediante la costituzione di un apposito fondo annuale e pluriennale a partire dal 2004, strettamente collegato alla programmazione e quindi in grado di alimentare strumenti di programmazione negoziata Stato/Regioni quali gli ADPQ previsti nel quadro delle intese istituzionali di programma.

Esaminando le questioni del federalismo sotto il profilo finanziario le Regioni, intanto, segnalano:

  1. l’esigenza che venga rimossa la sospensione dell’autonomia finanziaria imposta alle Regioni dall’art. 3 della legge 289/2002 (legge finanziaria per il 2003);
  2. la necessità di ridefinire le aliquote del decreto legislativo 56/2000, tenuto conto sia della prevista manovra finanziaria sull’IRAP e degli interventi sulla tassa auto (eco – incentivi), sia della sostituzione dei trasferimenti per le funzioni decentrate ai sensi della legge 59/97 con le aliquote del d.lvo 56/00 da effettuare nel 2003 con effetto dal 2004.

 

Per i motivi suddetti le Regioni e le Province Autonome richiedono la rapida convocazione dei tavoli tecnici. A tali tavoli dovrà anche essere affrontata e definita la questione relativa alla quota parte dei gettiti derivanti dal recente condono che hanno interessato tributi regionali propri e compartecipazioni regionali. E’ infatti ovvio che tali risorse sono di competenza regionale e quindi vanno immediatamente quantificati ed attribuiti alle Regioni stesse.

Per quanto riguarda le prospettive di attuazione dell’art. 119, va rilevato che i lavori dell’Alta Commissione avrebbero dovuto concludersi entro il 31 marzo 2003 al fine di consentire al Governo di presentare al Parlamento entro il 30 aprile  2003 una relazione nella quale dar conto degli interventi, anche a carattere legislativo, necessari a dare attuazione allo stesso art.119 della Costituzione: ciò con l’obiettivo di permettere l’entrata in vigore del “federalismo fiscale” il 1° gennaio 2004. I ritardi accumulati non possono vanificare questo obiettivo ritenuto imprescindibile per le Regioni e per il sistema delle Autonomie locali che si aspettano già nel disegno di legge finanziaria 2004 un primo recepimento degli elementi e delle linee di azione che emergeranno dai predetti lavori.

Intanto le Regioni e le Province Autonome richiedono che le risorse destinate al finanziamento di funzioni di loro esclusiva competenza siano allocate in un fondo unico da cui attivare trasferimenti a favore delle Regioni stesse in attesa del nuovo modello di finanza regionale e locale, fermo restando per le Regioni a Statuto Speciale e Province Autonome gli impianti finanziari previsti dai rispettivi Statuti.

 

Il sistema di federalismo fiscale che deve essere messo a punto dovrà ispirarsi ai seguenti principi:

 

a)      autonomia finanziaria di entrata e di spesa: affermazione del principio che le Regioni, in quanto equiordinate allo Stato e altrettanto dotate di potere legislativo, soggiacciono soltanto a norme aventi requisito di principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, non possono essere sottoposte al potere ispettivo dello Stato; abolizione dei vincoli di destinazione salvo quelli derivanti dai programmi UE, e da accordi  che costituiscano obbligazioni reciproche tra Stato e Regioni; introduzione di una norma transitoria circa la verifica delle partite finanziarie pregresse tra Stato e singole Regioni in maniera da rendere certi e veridici i residui e le economie vincolate, e circa le modalità e i tempi di erogazione delle risorse dovute dallo Stato;  indebitamento solo per spese di investimento; oneri di indebitamento nei limiti di una capacità giuridica definita in rapporto alle entrate tributarie; esclusione della circolare e del regolamento come possibili strumenti formali di coordinamento e di indirizzo  dello Stato verso le Regioni in materia di entrata e di spesa; individuazione nell' Accordo sancito in Conferenza Stato- Regioni della fonte sostitutiva del regolamento e della circolare;

b)      coordinamento finanza pubblica: affermazione del principio e del metodo del confronto tra Stato e Regioni per il raggiungimento dei comuni obbiettivi nel quadro del Patto di stabilità; indicazione del DPEF come contenitore degli indirizzi economici e finanziari per la programmazione dello Stato e delle Regioni con particolare riguardo alla politica fiscale, all' equa ripartizione dei vincoli derivanti dal Patto di stabilità, alle politiche di spesa con obbligo di indicazione del rapporto tra spesa sanitaria e PIL; indicazione della "legge di stabilità" come strumento per normare quanto indicato nel DPEF, con esclusione quindi di norme unilaterali e improvvise nel corso dell'anno; monitoraggio concordato della spesa corrente e di investimento e messa a disposizione reciproca dei dati;

c)      coordinamento del sistema tributario: il riparto tra la competenza legislativa statale e regionale in merito ai tributi regionali e locali. La legge statale di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, secondo quanto stabilito dall’art. 119, co.2, Cost. individua i tributi e le entrate proprie di Regioni ed enti locali, nonché le compartecipazioni (anche nella forma di sovrimposte e addizionali ) ai tributi erariali spettanti alle Regioni e agli enti locali, determinando anche l’ambito normativo e regolamentare autonomo riservato agli stessi, a partire dai livelli e dalle forme di autonomia finanziaria previsti nell’ordinamento vigente.  Le Regioni hanno competenza in materia di coordinamento dei sistemi tributari delle Regioni e degli enti locali, nell’ambito dei principi fissati dalla legge dello Stato, ovvero in quelli desumibili dalle legge statali vigenti. La legge regionale, nell’ambito delle proprie competenze, prevede i tributi locali, limitandosi a delineare i soli principi generali e lasciando agli enti locali la facoltà, nell’esercizio della propria autonomia tributaria, di istituirli ed applicarli.  Quanto sopra nel rispetto del disposto dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.

d)      abolizione di tutti i trasferimenti erariali a favore delle Regioni, ad eccezione di quelli relativi al cofinanziamento dei programmi UE, di quelli previsti dagli accordi di programmazione negoziata, nonché dagli interventi speciali ex art. 119 ;

e)      sostituzione dei trasferimenti con aliquote di compartecipazione ai grandi tributi erariali Irpef, Iva, Irpeg;

f)        in previsione della soppressione parziale o totale dell'Irap sua sostituzione, ai fini della stabilizzazione delle risorse,  con aliquote di compartecipazione ai grandi tributi erariali Irpef, Irpeg, Iva in aggiunta a quanto previsto alla lettera d), e, ai fini del recupero della soppressa capacità impositiva sull'Irap, individuazione di una specifica area di imposizione;

in questo senso le Regioni ribadiscono che all'eventuale abolizione dell'IRAP deve corrispondere la contestuale istituzione o sostituzione con un’imposta con pari o superiore possibilità di manovra di aliquota e base imponibile in linea con il rinnovato articolo 119 della Costituzione. 

g)      determinazione delle esatte misure delle aliquote di compartecipazione ai grandi tributi erariali Irpef, Irpeg, Iva in maniera da assicurare la copertura complessiva dei trasferimenti aboliti, la copertura complessiva delle aliquote di compartecipazione previgenti, la copertura complessiva del minor gettito derivante dalla soppressione parziale o totale dell'Irap;

h)      previsione di meccanismi perequativi a favore dei territori con minore capacità fiscale per abitante, incentivando la capacità di recupero dell'evasione fiscale e l’incremento delle proprie basi imponibili, e salvaguardando il principio del finanziamento delle funzioni con il gettito dei tributi raccolti sul territorio. Il fondo di cui al comma 3 dell’art. 119 Cost. dovrà consentire di perequare le differenze dei territori con minore capacità fiscale per abitante, in modo da garantire il normale esercizio delle funzioni attribuite a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. I criteri per la definizione e l’attribuzione del fondo perequativo per territori con minore capacità fiscale per abitante sono determinati dalla legge dello Stato con il concorso delle Regioni e degli enti locali. Il fondo, distinto per Comuni, Province e Regioni, è attribuito direttamente dallo Stato.

Nell’ambito della funzione di perequazione fiscale di spettanza esclusiva dello Stato, potrà essere attribuita la delega delle funzioni amministrative alla Regione nella quale si realizza un’intesa con gli enti locali sui limiti e sulle modalità di esercizio di tale delega;

i)        previsione di stanziamenti specifici dello Stato per destinare risorse aggiuntive ed effettuare interventi speciali in favore di Regioni (oltre che di Comuni, Province, Città metropolitane come previsto dall'art. 119) per promuovere lo sviluppo economico, la coesione, e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri socioeconomici;

j)        estensione alle Regioni della esenzione fiscale per le operazioni di trasformazione e soppressione di enti pubblici, di organizzazione della gestione di funzioni che preveda la costituzione di società, di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico ivi inclusa la costituzione di specifiche società;

k)     definizione delle modalità attraverso le quali le Regioni e gli Enti locali siano coinvolti nella predisposizione dei provvedimenti attuativi, nel processo di individuazione dei trasferimenti erariali e delle compartecipazioni tributarie da abolire e da sostituire con nuove aliquote di compartecipazione ai grandi tributi erariali Irpef, Irpeg, Iva e nel processo di determinazione e di ripartizione del fondo perequativo, nella predisposizione della disciplina relativa.

 

 

Relativamente al Patto di Stabilità Interno (PSI) per il 2004, le Regioni e le Province Autonome, data la rilevanza strategica dell'obiettivo di risanamento della finanza pubblica e dell'importanza del concorso del comparto regionale, richiedono la loro partecipazione a ogni decisione relativa agli obiettivi e ai metodi di calcolo sulla rilevazione dei dati.

Il sistema delle Regioni e delle Province Autonome ha sempre rispettato i dettami del Patto di stabilità interno nonostante che i limiti si siano fatti sempre più stringenti fino a raggiungere con il 2002 e per gli anni successivi la forma del tetto alla crescita della spesa corrente secondo i tassi di inflazione programmata, e quindi con una riduzione reale.

Le Regioni hanno presentato in occasione del parere sul DL 63/2002 nella Conferenza Stato-Regioni del 9.5.2002 proposte di emendamento alle norme sul patto di stabilità (art. 1 della L. 405/2001) in maniera da escludere dai vincoli del Patto stesso le spese finanziate con trasferimenti statali e quelle che per loro natura rivestono carattere di eccezionalità. Poiché gli emendamenti proposti non hanno trovato accoglimento da parte del Governo in sede di esame del DL 63/2002, le Regioni chiedono che essi siano inseriti in altro provvedimento di legge.

 

4. Suggerimenti normativi

 

Le Regioni e Province Autonome avanzano proposte da introdurre nei provvedimenti normativi della prossima manovra di finanza pubblica per consentire processi di razionalizzazione e ottimizzazione delle risorse;

 

 

a)      applicazione anche alle Regioni dei benefici fiscali della legge 410/2001: il parere dell'Agenzia delle Entrate sul tema della esenzione fiscale del trasferimento dei beni ferroviari di cui all'art.8 del d.lgs.422/97 non è infatti sufficiente a risolvere la questione sulla possibilità di esenzione fiscale in operazioni di trasformazione di enti e di valorizzazioni del patrimonio;

b)      modifiche al regime fiscale IVA sanità: l’IVA sugli acquisti costituisce un costo puro, a causa della non deducibilità della stessa, in quanto di fatto gli operatori sanitari sono considerati consumatori finali e come tali sono i soggetti su cui va a gravare l’imposta poiché i servizi prestati sono in regime di esenzione dall’IVA. Per favorire il contenimento della spesa sanitaria e le operazioni riorganizzative evitando aggravi di costi, occorre quindi: verificare i profili fiscali connessi prevedendo una disciplina di esenzione dall'IVA delle operazioni a carattere sanitario sopra indicate; rendere fiscalmente neutro il trasferimento di beni e l'esternalizzazione di servizi anche in capo a nuovi soggetti costituiti nell'ambito di riorganizzazioni del Servizio sanitario;

c)      la previsione dell’IVA sulle locazioni degli immobili strumentali alle attività esenti o escluse dall’imposta (istruzione, formazione, sanità e assistenza) viene a costituire un costo puro per le aziende – previsione introdotta con l’art. 35 bis, del DL 2 marzo 1989, in contrasto peraltro con la Direttiva comunitaria. Da segnalare inoltre che sugli immobili destinati all’attività sanitaria si applica una tassa sul reddito figurativo in percentuale della rendita catastale, che penalizza fortemente l’erogatore pubblico e/o privato non profit. In questa ottica ne andrebbe sterilizzato l’impatto;

d)      il regime fiscale del trasferimento di beni e dell’esternalizzazione di servizi in capo a nuovi soggetti costituiti nell'ambito di riorganizzazioni nel Servizio Sanitario Regionale e in altri ambiti di competenza regionale. A tal fine può trarsi ispirazione dall'art.90 della legge 23/12/2000 n.388 (legge finanziaria 2001) per rendere permanente ed esteso un regime fiscale agevolato, ossia non limitato al 31/12/2001, non limitato alle sperimentazioni gestionali, non limitato alle sole imposte ivi menzionate;

e)      l’esenzione dall’applicazione dell’IRPEG sugli immobili strumentali di proprietà delle aziende del Servizio Sanitario Nazionale (USL e Ospedaliere);

f)        ridefinizione del meccanismo di determinazione del tasso di rinegoziazione dei mutui cosiddetti “usurari” per l’edilizia residenziale.

g)      Adozione di misure idonee a fare emergere l’evazione fiscale anche su tributi di competenza regionale.

 

5. Alcune questioni finanziarie Stato - Regioni sospese

 

5.1 IVA contratti di servizio trasporto pubblico locale

 

Con decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 sono stati conferiti alle Regioni compiti e funzioni in materia di trasporto pubblico locale. Tale decreto, nel disciplinare l’organizzazione dei servizi di trasporto pubblico regionale ha imposto che detti servizi siano regolati mediante contratti di servizio (art.19).

 

La stipula di questi contratti prevede l’applicazione dell’IVA, pari al 10% del valore del servizio, a carico delle regioni che si traduce in un costo aggiuntivo rispetto al precedente regime.

In prima battuta, i trasferimenti dello Stato a copertura degli oneri derivanti dalla delega non hanno considerato il nuovo onere, per le Regioni, indotto dall’applicazione dell’IVA. Successivamente, al fine di sostenere il processo di liberalizzazione dei servizi di trasporto pubblico locale, la legge n. 472/1999, rispondendo alle esigenze regionali, ha previsto l’incremento dei contributi erariali a favore delle regioni di un ammontare parametrato al maggiore onere ad esse derivante dall’attuazione dell’art. 19 del D.Lgs. n. 422/1997, assicurando comunque la neutralità finanziaria per il bilancio dello Stato. A questo scopo è previsto che la copertura di tali maggiori oneri derivi dall’utilizzo delle maggiori entrate provenienti dall’applicazione dell’Iva sui medesimi contratti di servizio.

Le procedure e le modalità per l’attribuzione dei contributi erariali alle Regioni titolari dei contratti di servizio sono state definite con Decreto interministeriale del 22 dicembre 2000, che al comma 2 dell'art.2 prevede la preliminare detrazione dai contributi delle quote spettanti all’UE e quelle attribuite alle regioni a statuto speciale, alle province autonome di Trento e Bolzano e alle regioni a statuto ordinario ai sensi della normativa vigente. Fra queste detrazioni sono state incluse anche quelle commisurate al 38,55% corrispondenti alla quota di compartecipazione IVA attribuita alle regioni dal d.lgs.56/2000 per l’anno 2001 e 37,39% per il 2002.

E’ evidente che sottratte queste quote non c’è equivalenza tra il maggior onere dell’Iva pagata dalle Regioni per i contratti e le risorse che lo Stato mette a disposizione per il suo rimborso, con conseguente aggravio sui bilanci regionali.

 

È pur vero che con il sistema di finanziamento previsto dal d.lgs.56/2000 le Regioni hanno una compartecipazione al gettito IVA,

ma tale compartecipazione non apporta risorse aggiuntive bensì sostitutive di minori trasferimenti statali di pari importo individuati nel d.lgs. medesimo, la detrazione rappresenta una effettiva sottrazione di risorse.

Inoltre, fino all’entrata in vigore della riforma dei trasporti le Regioni da un lato dovranno sostenere i costi del vecchio sistema e dall'altro sono penalizzate con la decurtazione dei contributi che dovrebbero ristorare il maggior onere IVA.

Allo stato attuale il mancato rimborso integrale dell'onere IVA costituisce una criticità che si frappone all'avvio del nuovo sistema di trasporto pubblico, impedendo anche di beneficiare delle virtuosità che successivamente si potranno sviluppare mediante la liberalizzazione del settore.

Si ricorda che per l'anno 2001 il Ministero dell'Economia e delle finanze con decreto n.0100314 del 5 dicembre 2001 ha provveduto a determinare i "rimborsi IVA" spettanti alle Regioni applicando la riduzione che contrasta con le norme in vigore (d.lgs.472/99 - art.9) e risulta fortemente penalizzante rispetto agli equilibri dei bilanci regionali.

 

5.2 Contratto autoferrotranvieri 2000-2003

 

A novembre del 2000, le Regioni e le Autonomie Locali hanno sottoscritto con i Ministeri del Lavoro e dei Trasporti un protocollo d'intesa al fine di assicurare la copertura finanziaria degli oneri legati al rinnovo del CCNL autoferrotranvieri e per permettere la chiusura delle trattative sindacali. Nel protocollo si prevedeva l'impegno dei sottoscrittori ad affrontare congiuntamente i problemi delle dinamiche contrattuali oltre il 2001. Infatti, la copertura prevista dal Governo per il contratto per il 2001 è solo parziale (art.145, comma 30 legge 388/00) e la quota a carico delle Regioni è di € 41.833.008,83 (81 mld.di lire).

Per gli anni 2002 – 2003, venendo a mancare l’intervento dello Stato  l’onere complessivo per le Regioni è stimato in oltre € 211.747.328,63 (410 mld di lire) - effetti del I biennio. Questo importo non tiene conto dei maggiori oneri legati alla rinegoziazione economica del II biennio del contratto.

È necessario che il Governo provveda ad assicurare la copertura del contratto per la sua parte concordando con le Regioni anche la parte a loro carico.

 

 

5.3 Viabilità, grandi reti infrastrutturali, ed intermodalità

 

In occasione dei precedenti DPEF, nonché delle ultime Finanziarie e in sede di accordo ex art. 7 co 8 D.lgs 112/1998 della Conferenza Unificata sullo schema di D.P.C.M. di riferimento, le Regioni avevano richiesto l’impegno del governo ad assicurare anche dopo il 2002 adeguata copertura finanziaria per il piano straordinario di intervento e per la messa in sicurezza della rete stradale. Dovrebbe pertanto prevedersi uno stanziamento di oltre 516 milioni di euro annui che ripristinerebbe risorse, in materia di viabilità a livello congruo in sede di trasferimento delle competenze.

Occorrerebbe inoltre innanzitutto reintegrare 103.291.379,82 euro (200 mld di lire) non erogati negli anni 2001, 2002, 2003, causa legge finanziaria 2001 art.138, comma17, nonché prevedere l’effettivo stanziamento alle Regioni delle risorse di cassa per investimenti che, sebbene assegnate, non sono mai state reese disponibili per gli effetti della legge 388/2000 art. 52 comma 6 ed ammontanti ad euro 567.059.675 euro per l’anno 2001 ed euro 283.018.380 per l’anno 2002.

Le Regioni e le Province Autonome propongono di incentivare  forme di intermodalità al fine di ridurre il traffico stradale, in linea con quanto previsto dagli orientamenti della Unione Europea con uno strumento atto a sostenere una modalità di trasporto più ecoocomatibili come il combinato strada strada – mare strada – ferro e strada – via navigabile.

Si richiede, inoltre, che il DPEF preveda, con apposita norma,il sostegno finanziario alla realizzazione delle reti europee di trasporto sia autostradali che ferroviarie, con particolare riguardo al corridoio 5, anche al di fuori del territorio italiano ed in particolare nei Paesi in via di adesione alla UE, in quanto rientra comunque nell’interesse nazionale l’attività progettuale e realizzativa volta a favorire condizioni di contesto adeguato a trasformare i corridoi infrastrutturali in corridoi di sviluppo.

 

5.4 Minori entrate per diminuzione gettito accisa benzina non  compensate da tassa automobilistica

 

Con il collegato alla legge finanziaria 1998 venivano apportate modifiche alle finanze regionali prevedendo un aumento del gettito delle tasse automobilistiche  dovuto al cambiamento di calcolo basato non più sui cavalli fiscali ma sulla potenza effettiva dei veicoli e la contestuale riduzione della quota di accisa sulla benzina spettante alle Regioni a statuto ordinario a 242 al litro: l’articolo stabiliva un’equivalenza tra il gettito delle nuove tasse automobilistiche e la riduzione dell’accisa.

Nei fatti si è verificata una perdita di entrata per le Regioni che il riconoscimento della somma fissa annua di € 342.582.904,24, peraltro erogata con due anni di sfasatura rispetto all’anno di competenza, non ha colmato. A ripiano delle minori entrate 2001 mancano ancora € 56.247.000, le Regioni avevano chiesto un’integrazione allo stanziamento statale con una proposta di emendamento alla Finanziaria 2003 non accolto.

Si osserva che le Regioni hanno accertato perdite di entrata in continua crescita a causa del trend in diminuzione dell'accisa sulla benzina e della crescita minima del gettito delle tasse automobilistiche.

Inoltre, in più sedi le Regioni hanno chiesto la fiscalizzazione di questo trasferimento con il suo inserimento tra i trasferimenti soppressi del d.lgs.56/2000.

 

Si chiede, quindi:

Ø          l’integrazione delle minori entrate 2001 per € 56.247.000, prevedendo la copertura dell’integrazione dello stanziamento nel bilancio dello Stato con il provvedimento di assestamento di bilancio 2003;

Ø          l’adeguamento dello stanziamento nel bilancio statale per la copertura delle minori entrate regionali per l’anno 2002 e  2003 secondo i dati della ricognizione regionale (si ricorda che non è prevista la copertura finanziaria nel 2005 per le minori entrate 2003);

Ø          la stabilizzazione delle entrate attraverso la fiscalizzazione del trasferimento previo il recupero dei due anni di arretrato.

 

Si propone, altresì, l'estensione della compartecipazione delle Regioni all’accisa sugli olii minerali e loro derivati, con possibilità di variazione dell'aliquota loro spettante,  per ripristinare i livelli di risorse che sono in diminuzione a seguito della riduzione del gettito dell'accisa sulle benzine. Tali nuove compartecipazioni adeguerebbero le risorse regionali anche in relazione alle competenze svolte in materia di ambientale; alle Regioni verrebbe assegnata una quota del gettito delle entrate statali per l'accisa sugli oli minerali e loro derivati.

 

 

 

5.5 Risorse per la congruità del decentramento amministrativo

 

Nell’ennesimo incontro (del 26 febbraio 2003 sul “Monitoraggio del decentramento amministrativo”, (presente il Ministro La Loggia e il Sott. Vegas, l’Assessore Colozzi) sono stati presentati i dati forniti dalle Regioni sulle maggiori spese sostenute rispetto alle assegnazioni dei DPCM, peraltro non ancora del tutto erogate, per lo svolgimento delle funzioni trasferite dal 2001 a tutt’oggi e i dati delle risorse aggiuntive necessarie per un adeguato esercizio delle funzioni, secondo il principio della congruità delle risorse stabilito nella legge 59/1997. Le maggiori risorse necessarie ammontano a regime a circa 1.400 milioni di euro.

È stato inoltre ricordato che per alcune materie non sono ancora stati approntati i DPCM (es, Edilizia residenziale pubblica- ulteriori 1.100 milioni di euro a regime) e che di fronte all’impossibilità dello Stato di garantire la copertura finanziaria alle funzioni trasferite le regioni non intendono accettare il trasferimento delle funzioni.

Il Ministro La Loggia si è impegnato a convocare un tavolo tecnico con il coinvolgimento di tutte le Amministrazioni interessate  in preparazione a un successivo incontro politico con iscrizione del punto in sede di Conferenza Unificata.

Nell’incontro è stato peraltro evidenziato che le regioni sono tutt’ora creditrici di somme già dovute così come previste nei DPCM e non ancora erogate per 280 ml di euro. Anche su questo punto si è rinviato ad un’ulteriore verifica di tipo tecnico il cui risultato non farà che confermare quanto evidenziato, perché già frutto di un confronto tecnico e minuzioso condiviso fra Regioni e Ministero dell’Economia.

Si richiede che vengano al più presto convocati i tavoli tecnici per affrontare queste criticità entro l’estate 2003 in quanto dal 2004 tali funzioni dovranno essere finanziate attraverso il federalismo fiscale ai fini del d.lgs.56/2000.

Infine le Regioni segnalano la carenza di risorse finanziarie per le politiche che investono il sistema delle imprese, dal fondo unico alle dotazioni per gli interventi in materia di ricerca e innovazione. Questo comporta che le Regioni siano lasciate ad affrontare questi temi cruciali per lo sviluppo dell’intero sistema prive degli strumenti finanziari adeguati.

 

 

 

Roma, 19 giugno 2003