FASCICOLI
Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome
Documento approvato
 

13 novembre 2003

POSIZIONE DELLA CONFERENZA DEI PRESIDENTI DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME SULLO SCHEMA DI DISEGNO DI LEGGE RECANTE MODIFICHE ALLA LEGGE  9 MARZO 1989, N. 86, “NORME GENERALI SULLA PARTECIPAZIONE DELL'ITALIA AL PROCESSO NORMATIVO COMUNITARIO E SULLE PROCEDURE DI ESECUZIONE DEGLI OBBLIGHI COMUNITARI” (A.S. 2386)

Punto 2.2) O.d.g. Conferenza Stato-Regioni

La Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome,

-       esaminato il disegno di legge recante modifiche alla legge 9 marzo 1989, n. 86, “Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari” (A.S. 2386);

-       considerato il proprio parere sullo schema di disegno di legge recante modifiche alla legge 9 marzo 1989, n. 86, recante “Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari”, approvato, in esame preliminare, dal Consiglio dei Ministri, nella seduta del 3 maggio 2002, espresso in sede di sessione comunitaria della Conferenza Unificata dell’11 luglio 2002;

-       considerato l’Ordine del giorno e il documento “La partecipazione delle Regioni e delle Province autonome alla formazione degli atti normativi comunitari e l’attuazione e l’esecuzione degli atti dell’Unione europea”, approvati dalla sessione comunitaria della Conferenza dei Presidenti, tenutasi a Palermo il 31 ottobre 2002;

-       considerate le posizioni espresse dalla Conferenza dei Presidenti il 12 dicembre 2002 e il 6 febbraio 2003;

-       visto l’Ordine del giorno approvato dalla Camera dei Deputati il 3 luglio 2003 in sede di approvazione del disegno di legge recante modifiche alla Legge 86 del 1989, accolto da Governo;

ribadisce la propria posizione dell’8 maggio 2003 sul disegno di legge recante modifiche alla Legge 86 del 1989 e, in particolare:

1.   con riferimento all’articolo 2, istitutivo del Comitato interministeriale affari comunitari europei (CIACE), rileva come tale organo non tenga nella dovuta considerazione il ruolo delle Regioni la cui partecipazione è limitata a quella del Presidente della Conferenza o di un suo delegato, a fronte della numerosa componente ministeriale. In tal senso, paventa quanto sta accadendo in sede CIPE laddove la prevista presenza regionale non può esplicarsi, mancando i presupposti essenziali per ogni partecipazione delle Regioni, sia per le modalità procedurali che non consentono alcun esame delle questioni all’ordine del giorno, sia per la posizione del tutto minoritaria e marginale della presenza regionale.

Ove, quindi, lo Stato – nell’esercizio della sua indiscutibile potestà di organizzarsi nelle forme che più ritiene opportune .- intendesse istituire un organismo quale il CIACE, questo dovrebbe esercitare le proprie funzioni soltanto nelle materie di esclusiva competenza statale, anche in considerazione del fatto che ogni pre-definizione di una posizione dello Stato renderebbe difficile il raggiungimento di una posizione comune con le Regioni.

Le Regioni ritengono che, in base all’articolo 117 della Costituzione, sia illegittima e inaccettabile qualsiasi soluzione che comporti un’emarginazione delle stesse e un declassamento del ruolo ad esse costituzionalmente riconosciuto.

Nell’attuale sistema delle relazioni istituzionali tra Stato e Regioni, la Conferenza considera che nella materie di competenza regionale la posizione debba essere definita nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni, sessione comunitaria, quale sede paritaria essenziale del confronto politico Governo-Regioni, già prevista dall’ordinamento e atto a consentire quella co-determinazione sancita dalla Costituzione. Necessaria appare, comunque, l’istituzione di tavoli tecnici misti, istruttori delle decisioni politiche della Conferenza Stato-Regioni.

2.   In relazione all’articolo 5, che regola la partecipazione delle Regioni alle decisioni, e agli articoli 8 e 14, la Conferenza sottolinea che l’autonomia statutaria delle singole Regioni e Province autonome costituisce la sede propria per definire forme e modalità di coinvolgimento dei Consigli regionali, come espressione di un principio fondamentale di organizzazione e funzionamento della Regione (articolo 123 della Costituzione). Ciò vale sia per la trasmissione degli atti (che dovrebbe avvenire così genericamente “alle Regioni”), sia per l’eventuale restituzione delle semplici “osservazioni”, alle quali le Regioni sono interessate solo per l’eventuale richiesta di formularle su materie non di loro competenza. Per quanto di competenza regionale, va ribadita la centralità della Conferenza Stato-Regioni, luogo dove si codetermina la posizione italiana. Ciò vale anche per i negoziati, per i Consigli e i Consigli europei, in relazione ai quali non è sufficiente che il Governo si limiti a riferire in Conferenza Stato-Regioni.

3.   La Conferenza ritiene che l’articolo 58 della legge 52 del 1996 debba essere sostituito con una disposizione che consenta di regolare, secondo i nuovi equilibri costituzionali, la presenza delle Regioni a Bruxelles e i rapporti con le strutture del Governo ivi presenti. A tal proposito, propone di istituire una componente delle Regioni all’interno della Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea, organizzata interamente e autonomamente dalle Regioni.

4.   La Conferenza chiede, inoltre, che il comma 8 dell’articolo 11 venga soppresso, in quanto si ritiene incompatibile con l’art. 117, comma 6, della Costituzione, la previsione di una potestà regolamentare in capo allo Stato in materie di competenza legislativa regionale. Tale assunto è stato di recente ribadito dal fatto che disposizioni analoghe a quella contenuta nel comma 8, sono state soppresse in sede di esame dalla legge Comunitaria 2002, approvata il 3 febbraio 2003.

5.   La Conferenza rileva infine che la disciplina relativa alle modalità di informazione e trasmissione dei progetti e degli atti comunitari e dell’Unione europea andrebbe delegificata, ferma restando la preventiva Intesa con le Regioni.

esprime, inoltre, le seguenti ulteriori valutazioni:

-       condivide l’esigenza di stabilire un equilibrio istituzionale degli attori nazionali nei rapporti diretti con le istituzioni comunitarie (Parlamento europeo, Consiglio europeo, Consiglio dei Ministri, Commissione europea, Corte di Giustizia, Banca centrale europea e Corte dei Conti) più rispondente alla nuova ripartizione delle competenze, stabilita dalla riforma costituzionale del 2001;

-       considera ciò necessario soprattutto alla luce delle disposizioni di adeguamento dell’ordinamento alla riforma costituzionale, contenute nell’articolo 5 della Legge 131 del 2003, che prevedono la partecipazione a pieno titolo dei rappresentanti delle Regioni e delle Province autonome ai comitati e ai gruppi di lavoro del Consiglio e della Commissione, e, in sede politica, ai Consigli, anche in qualità di capi delegazione;

-       ritiene fondamentale, per preparare e assistere la presenza di rappresentanti delle Regioni e delle Province autonome all’interno della delegazione italiana, una presenza adeguata, autonoma e di pari dignità istituzionale delle Regioni e delle Province autonome nella Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea, che già provvede a svolgere questo compito nei confronti dei rappresentanti delle Amministrazioni statali e dei Ministri, anche al fine di superare l’ostacolo del tempestivo e diretto accesso alle informazioni provenienti dalle istituzioni comunitarie;

-       auspica, quindi, l’inserimento nel testo di legge di una riforma organica delle disposizioni dell’articolo 58 della Legge 52 del 1996, che consenta di proiettare anche nell’organizzazione a Bruxelles gli equilibri paritetici di co-determinazione tra Stato e Regioni della posizione italiana sui dossier comunitari, previste nell’attuale testo di riforma della Legge 86 del 1989;

-       propone che tale riforma preveda:

o     che la Conferenza dei Presidenti indichi un rappresentante delle Regioni e delle Province autonome presso la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea con funzioni di rappresentante permanente aggiunto, in modo da completare l’accesso diretto alle informazioni, consentendo alle Regioni e alle Province autonome di seguire anche i lavori del COREPER, sede di sostanziali decisioni a valle dei comitati e gruppi di lavoro del Consiglio e sede preparatoria del Consiglio;  

o     la possibilità per ciascuna delle Regioni e delle Province autonome di nominare un proprio rappresentante presso la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea per adeguarne la struttura alle nuove esigenze poste dalla riforma costituzionale;

o     di avere riconosciuto dal Governo a tutti gli effetti lo status dei rappresentanti delle Regioni e Province autonome, sia quelli sopradescritti sia quelli da esse indicati, oppure i responsabili degli uffici di collegamento delle Regioni e delle Province autonome, istituiti ai sensi dell’articolo 58 della Legge 52 del 1996, ove all’uopo designati, ai Primi consiglieri della Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea;

o     come norma transitoria, che gli esperti designati dalla Conferenza dei Presidenti presso la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea ai sensi dell’articolo 58, al momento dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni, siano mantenuti nel ruolo fino alla scadenza del mandato biennale.

Roma, 13 novembre 2003