Conferenza Regioni
e Province Autonome
Doc. Approvato - Autonomie: priorità per semplificazione e razionalizzazione

giovedì 21 maggio 2009


in allegato il documento in formato pdf

 

CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME

09/043/CR/C1

 

 

 

Questioni prioritarie per le Regioni e le Province autonome per l’attuazione degli articoli 117, 118 della Costituzione e in tema di semplificazione e razionalizzazione dell’ordinamento

 

 

 

Le Regioni, nel condividere l’obiettivo di fondo di razionalizzazione e di contenimento dei costi delle Istituzioni che il Governo intende portare avanti attraverso alcune proposte legislative legate all’attuazione delle disposizioni costituzionali in tema di enti locali, nonché al riassetto di organi e funzioni degli enti locali, ritengono necessario evidenziare, sin d’ora, ai fini di una proficua discussione di merito, alcune prioritarie questioni.

 

Molte delle ipotesi che si prospettano, seppur condivisibili nelle finalità che intendono perseguire, meritano un più approfondito esame, soprattutto in relazione ai meccanismi, alle procedure e agli strumenti con i quali si intende realizzare tali rilevanti obiettivi, già condivisi nel  “Patto interistituzionale per il contenimento dei costi delle Istituzioni siglato il 12 luglio 2007” in sede di Conferenza Unificata e per la realizzazione dei quali era previsto l’impegno di tutti i soggetti istituzionali della Repubblica, che si è realizzato successivamente in una serie di disposizioni legislative di rango nazionale e regionale.

 

E’ evidente come gli interventi di razionalizzazione che si intendono portare avanti, dovranno necessariamente connettersi alla normativa vigente relativa ai processi di contenimento già in corso - anche al fine di non vanificare interventi che già stanno esplicando i loro effetti - nonché alle soluzioni già individuate nella Legge 42 del 2009 in tema di federalismo fiscale.

 

 

Questioni prioritarie per le Regioni.

 

1) Funzioni fondamentali di Comuni e Province e altre funzioni (ex art. 118 Cost.)

 

L’asse portante della riforma risiede nell’attuazione dell’art. 117, secondo comma, lettera p), Cost., attraverso la diretta individuazione delle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane.

 

È in questo contesto, di attuazione dell’art. 117, c. 2, lett. p), Cost., che occorre valutare l’effettivo ruolo della Regione, sia sotto il profilo del suo potere regolativo del sistema regionale e locale, ivi inclusa l’allocazione delle funzioni, sia sotto il profilo della disciplina sostanziale delle materie di propria spettanza.

 

Si evidenzia l’opportunità di un approfondimento di merito sulle singole funzioni da individuare per comuni, province e città metropolitane, che verosimilmente porterà a proporre un ristretto elenco di funzioni.

 

Resta perciò sullo sfondo la necessità di un articolato scrutinio di ordine costituzionale, di ordine finanziario e gestionale, solo attraverso il quale si potrà stimare il grado di compatibilità sia con l’assetto regolativo di ordine generale che con la praticabilità effettiva.

 

È evidente, altresì, come tale lavoro non possa prescindere dalla valutazione che si sta facendo ai fini dell’attuazione della legge sul federalismo fiscale, con la quale la normativa sull’individuazione delle funzioni fondamentali andrà necessariamente coordinata.

 

La disciplina delle funzioni fondamentali non si esaurisce, tuttavia, nella sola elencazione, e pertanto, dovranno essere presi in considerazioni alcuni contrappesi, che si sostanziano nei seguenti passaggi:

 

1.      La legge regionale dovrà definire, per alcune funzioni fondamentali per le quali viene proposto l’obbligo della gestione associata e ricadenti nelle materie ex 117, terzo e quarto comma, non solo i bacini ottimali territoriali di svolgimento ma avere la possibilità di poter disporre diversamente, anche in relazione alle forme della gestione associata;

 

2.      La possibilità per la legge regionale di “spostare” dal Comune alla Provincia o viceversa l’attribuzione di funzioni fondamentali nelle materie ricondotte alla competenza legislativa concorrente o residuale e di disciplinare i conseguenti trasferimenti di risorse. Certo è che la bontà di tale meccanismo si potrebbe apprezzare fino in fondo se il potere allocativo regionale fosse “libero”, cioè coerente con le sue strategie allocative, e ancora di più se il processo attuativo dell’art. 117, comma 2, lettera p), venisse condotto unitariamente con l’attuazione dell’art. 118;

 

3.      La conferma per il legislatore regionale del compito di “regolare le modalità di esercizio” delle funzioni fondamentali e, in relazione alle forme associative, riconoscere il potere delle Regioni di disciplinarne forme e modalità.

È molto importante valutare la tenuta di tali contrappesi, al fine di evitare il rischio che l’impianto proposto sulle funzioni amministrative finisca per riflettere una concezione non sistematica e non aderente alla realtà fattuale delle relazioni istituzionali: rischio che si corre se si considerano separatamente funzioni solo per il fatto di essere astrattamente riconducibili ad una o altra nozione costituzionale (art. 117, lett. p)  e art. 118) quando l’efficienza del sistema ne richiede una considerazione unitaria. Le Regioni hanno sempre sostenuto che il processo di riallocazione delle funzioni debba fondarsi su una attuazione sistematica di entrambe le norme costituzionali richiamate.

 

 

2) Associazionismo intercomunale

 

Su un piano analogo di corrispondenza tra norme ed efficacia dei processi, occorrerà valutare le soluzioni sull’associazionismo intercomunale.

Si impone ormai una scelta di campo precisa, e la conseguente messa a sistema di una disciplina organica nella materia, alla luce del forte ruolo che nei processi associativi hanno via via raggiunto le Regioni, con l’individuazione di modelli omogenei per tutte le funzioni.

Va segnalato come nella disciplina occorrerà necessariamente inserire norme specifiche per regolare il passaggio di strutture e risorse in capo agli enti associativi.

 

 

 

3) Soppressione di enti intermedi

 

Le prime ipotesi avanzate presentano rilevanti profili di criticità laddove prevedono, con disposizioni immediatamente precettive, la soppressione di tutti gli enti intermedi preordinati allo svolgimento di funzioni di interesse locale.

 

L’obiettivo di un generale riassetto organizzativo dell’amministrazione, se pur condivisibile, deve essere necessariamente coerente con l’equilibrio delle competenze statali e regionali fissato dalla Costituzione; un equilibrio che se è indubbiamente difficile da individuare, appare particolarmente necessario laddove si individuano soluzioni organizzative direttamente applicabili alle regioni in ambiti già normati dalle stesse (vedi Comunità montane e consorzi di bonifica). A maggior ragione desta perplessità la soluzione che sopprimerebbe direttamente gli enti parco regionali e le autorità d’ambito, in quanto, trattandosi di enti istituiti dalle regioni, sebbene sulla base di leggi quadro statali, si interviene chiaramente in un ambito di indubbia competenza regionale.

 

La soppressione di tali enti andrebbe quanto meno inserita in un contesto di complessiva revisione della relativa disciplina, garantendo in modo appropriato il passaggio delle funzioni in capo ad enti diversi. Tutti processi, questi, sui quali le Regioni concordano, condividendo gli obiettivi generali di razionalizzazione. Pur tuttavia, occorre verificarne la compatibilità costituzionale, soprattutto nel caso in cui la norma istitutiva sia una norma regionale. In tal caso è evidente che andrebbe esplicitato, da parte statale, esclusivamente il principio di razionalizzazione, demandando alla Regione le specifiche misure di regolazione e intervento.

 

Occorre considerare, altresì, che bisognerà prevedere norme che regolino il profilo successorio per affrontare le complesse problematiche che scaturiscono inevitabilmente dalla soppressione di enti consolidati nel tempo (rapporti giuridici attivi e passivi in essere; personale dipendente; contratti e mutui ecc..) e prevedere opportune garanzie legislative per rendere tale processo neutro dal punto di vista del patto di stabilità e delle conseguenze fiscali sul passaggio dei beni. Una particolare attenzione andrà riservata ai costi fissi, non ultimi quelli del personale, in caso di soppressione degli enti.

 

4) Province

 

Non meno rilevanti sono i profili più strettamente attinenti all’ordinamento locale, con particolare riferimento alle ipotesi aventi ad oggetto la soppressione o il ridimensionamento delle province, da un lato, e alle misure proposte sulla composizione degli organi e sui piccoli comuni, dall’altro.

È del tutto logico che anche queste misure, pur avendo un rilievo marcatamente ordinamentale, dovranno essere considerate sotto il profilo delle inevitabili conseguenze sulla funzionalità dell’intero sistema regionale e locale.

Quanto alle province, il loro riordino non può essere affrontato senza considerare la fisionomia e le specificità delle regioni italiane con una particolare attenzione anche agli aspetti procedurali legati al procedimento stesso di iniziativa dei comuni.

 

 

 

 

5) Forme di consultazione

 

Occorrerà attentamente verificare le forme di raccordo tra Governo, Regioni ed Enti locali in occasione dell’approvazione degli schemi di decreti legislativi. In particolare, in considerazione della rilevanza dei processi di cui si tratta, andrà privilegiata l’intesa ai sensi del comma 6 dell’articolo 8 della Legge 131/2003. Parimenti meritevoli d’attenzione dovranno essere le forme di raccordo tra Regione e Enti locali, con  la scelta del Consiglio delle autonomie locali cui la stessa Costituzione riconosce potere consultivo.

 

 

6) Regioni a statuto speciale e Province autonome

 

Per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome si sottolinea che i principi generali dell’ordinamento non possono essere fissati da una legge dello Stato, perché ciò porterebbe surrettiziamente ad introdurre un limite alla potestà legislativa esclusiva nelle materie affidate alle Regioni a statuto speciale da norme statutarie di rango costituzionale.

La soluzione più idonea per le regioni a statuto speciale potrebbe essere la seguente: “Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano le materie di cui alla presente legge  secondo quanto previsto dai rispettivi statuti  e dalle relative norme di attuazione, fermo restando quanto disposto dall’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Roma 21 maggio 2009

 

 

 

rifentilocali210509.pdf