Conferenza Regioni
e Province Autonome
Doc. Approvato - beni culturali, paesaggio - Codice dei beni culturali e del paesaggio

giovedì 26 gennaio 2006


Parere sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni correttive ed integrative del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio

Punto 33) Odg. Conferenza Unificata

 

 

 

Parte Terza del Decreto Legislativo recante disposizioni correttive e integrative del Codice dei beni Culturali e del paesaggio (D.lgs n. 42/04 – Codice Urbani)

 

 

Premessa

Dalla lettura del testo di modifica del Codice predisposto dagli Uffici del Ministero ed esaminato preventivamente dal Consiglio dei Ministri in data 18 novembre scorso, le Regioni unanimemente esprimono i seguenti rilievi:

 

-        preliminarmente,  si evidenzia che il testo ora vigente del Codice Urbani è stato il frutto di un lungo e faticoso lavoro di rilettura dei testi normativi in materia di paesaggio, svolto congiuntamente dalle Regioni e dal Ministero, con l’obiettivo di razionalizzare il sistema di tutela e di valorizzazione alla luce della Convenzione Europea del Paesaggio del 2000 (in corso di ratifica da parte dello Stato) e in coerenza con il nuovo assetto costituzionale. Pertanto, il testo vigente del Codice è stato concordato avendo trovato il punto di mediazione per il quale, ad un ampliamento delle forme di collaborazione e di coinvolgimento del Ministero nell’esercizio delle funzioni di pianificazione e gestione dei vincoli, corrisponde la significativa semplificazione amministrativa del sistema di tutela. Lo schema del decreto legislativo proposto, invece, mantiene detti poteri aggiuntivi al Ministero e contestualmente fa venir meno gli aspetti innovativi richiamati;

 

-        si evidenzia, pertanto, che viene disatteso l’accordo consolidato, con palese violazione del principio di leale collaborazione, riaprendo in tal modo la lunga stagione conflittuale tra Stato e Regioni in materia di gestione del paesaggio, che si era conclusa con l’adozione del Codice Urbani. Ciò avverrebbe ingiustificatamente e senza nemmeno attendere un congruo periodo per monitorare e valutare gli esiti e gli effetti delle disposizioni del Codice vigente, tenuto conto che le Regioni sono in regola con i tempi fissati dal Codice stesso per svolgere la verifica e l’eventuale adeguamento dei piani;

 

-        tale iniziativa, per la quale le Regioni non sono state messe in condizione di partecipare ai lavori di elaborazione del testo, dimostra chiara diffidenza nei confronti di tutte le Amministrazioni regionali e locali, anche di quelle che in questi mesi di prima applicazione del Codice vigente si sono già adoperate ad attuarlo con la propria legislazione, ovvero hanno posto in essere gli atti propedeutici alle verifiche e aggiornamenti dei piani paesaggistici. Difatti lo schema di decreto propone il passaggio a un sistema che vede il Ministero al centro di tutti i momenti decisionali relativi alla tutela del paesaggio, e lo qualifica al tempo stesso soggetto proponente, partecipante e decidente, nonché titolare di un severo potere sostitutivo, da esercitarsi, tra l’altro, con strettissima tempistica.

 

Pertanto, entrando nel merito dello Schema di Decreto e della allegata Relazione illustrativa, emergono le seguenti osservazioni.

 

a)      Osservazioni di carattere tecnico-giuridico

Emerge innanzitutto la palese violazione della delega legislativa di cui il provvedimento intende costituire l’attuazione. L’art. 10, comma 4, della legge n. 137 del 2002 ammette, infatti, esclusivamente l’emanazione di “disposizioni correttive e integrative” del Codice dei beni culturali e del paesaggio “nel rispetto degli stessi principi e criteri direttivi e con le medesime procedure”. Dunque, tale delega è stata conferita esclusivamente per introdurre limitate modificazioni del testo normativo precedentemente approvato, che risultassero necessarie alla luce di un primo monitoraggio della sua applicazione. Viceversa, lo schema di decreto in esame, introduce una generale riconsiderazione della materia, fondata su principi generali e con l’introduzione di previsioni normative opposte relative, ad esempio: al riparto delle competenze tra lo Stato e gli Enti regionali e locali; al sistema della pianificazione paesaggistica e ai suoi rapporti con gli strumenti di governo del territorio; alla gestione dei vincoli e alla loro riconsiderazione nell’ambito dei processi modificati.

Si è di fronte, in modo indiscutibile, ad una riconsiderazione tardiva, e perciò non consentita, dei contenuti della Parte Terza del Codice Urbani, con la riedizione di una potestà legislativa già esercitata entro il termine massimo previsto dalla medesima legge di delega.

           

Nel merito delle nuove previsioni legislative si riscontra la loro evidente pervasività della autonomia legislativa e organizzativa delle Regioni. Aldilà di poche disposizioni volte al chiarimento del significato della normativa pregressa, la maggior parte delle norme sono dirette a limitare gli ambiti di discrezionalità del legislatore regionale nella definizione dei compiti propri e degli enti locali, in materia di tutela del paesaggio e di gestione dei relativi vincoli, con un maggior dettaglio circa l’iter amministrativo degli atti e dei contenuti degli stessi.

Nella proposta si ritorna a definire il concorso della Regione e degli enti locali alla tutela del paesaggio come una mera “delega” di funzioni, in aperto contrasto con il principio stabilito dall’art. 9 della Costituzione. Peraltro per l’esercizio di dette funzioni si prevedono tempi estremamente rapidi e incongrui (per tutti, si pensi al termine di 90 giorni per l’elaborazione e approvazione dei piani paesaggistici), la cui scadenza comporta l’immediato intervento in via sostitutiva dell’amministrazione statale, non cadenzato con l’osservanza dei rigorosi principi dettati dalla recente giurisprudenza costituzionale.

 

b)      Osservazioni di carattere contenutistico - disciplinare

Nella revisione del testo si evince la chiara disattenzione ai principi, obiettivi, previsioni e raccomandazioni stabiliti dalla Convenzione Europea del Paesaggio. Ciò si evidenzia già dalla definizione di Paesaggio proposta, che viene circoscritto al “territorio con caratteri distintivi”, rinnegando il concetto integrale di paesaggio, e diviene ancora più manifesta nella indicazione del campo di applicazione della pianificazione paesaggistica, limitata alle aree e immobili sottoposti a vincolo paesaggistico.

 

Con riferimento alla normativa nazionale, la assunzione del principio di sviluppo sostenibile e della componente paesaggistica quale fondamento della pianificazione e del governo del territorio, viene disattesa, spingendo verso una involuzione della concezione del paesaggio quale elemento settoriale, di “corredo” alla pianificazione territoriale, e così riportandolo ad un assetto prettamente vincolistico. Tale approccio è confermato, nel nuovo testo, anche dalla esclusione degli “obiettivi di qualità paesaggistica” previsti dalla Convenzione Europea del Paesaggio e assunti dal Codice Urbani quale fondamento del piano paesaggistico.

 

Relativamente alle categorie di tutela individuate ex lege n. 431/1985 (“Galasso”), è stata reintrodotta, dal nuovo testo, la illimitata vigenza del vincolo paesaggistico, eliminando la competenza del piano paesaggistico a specificare e disciplinare detti ambiti, sulla base di analisi puntuali dei contesti regionali e dei relativi elementi caratterizzanti.

 

Rispetto alla pianificazione paesaggistica, già trasferita alle Regioni dal DPR n. 8/1972, lo schema di decreto proposto evidenzia una chiara intenzione dello Stato di riprenderne definitivamente il controllo. Infatti, le modifiche apportate sanciscono, in maniera perentoria, l’obbligo delle Regioni di elaborare i piani paesaggistici “congiuntamente” anziché d’intesa, per poter accedere alle cosiddette semplificazioni di natura amministrativa, peraltro di ben più limitata portata.

 

Inoltre, l’ambito di applicazione della pianificazione di competenza delle Regioni diventa residuale con l’evidente compromissione della possibilità, sancita dall’art. 135 dello stesso Codice, di elaborare i piani urbanistico-territoriali con valenza paesaggistica, in luogo dei piani paesaggistici in senso stretto. Nella proposta, infatti, entrambi gli strumenti di pianificazione previsti sono tenuti a dettare una disciplina riferita in particolare agli ambiti vincolati, in palese contrasto con quanto sancito dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 327/1990 e n. 378/2000.

 

In tal modo si pongono nel nulla le condizioni per attivare la declinazione della tutela paesaggistica anche attraverso gli ordinari strumenti di pianificazione comunali e di  area vasta, secondo il principio di mutualità integrativa. Per la proposta, solo il piano paesaggistico è votato a tutelare il paesaggio, cosicché le sue previsioni devono essere meramente recepite dalla pianificazione provinciale e comunale, senza alcuna possibilità di specificazione e integrazione.

 

Relativamente al percorso autorizzativo si registra un complessivo appesantimento, in termini di tempi e procedure, in palese contrasto con i principi di autonomia sopraccitati e con l’evidente intenzione di accentramento dell’esercizio delle funzioni, anche con l’obiettivo di rafforzare il potere di controllo. Inoltre vengono a cadere:

  • la effettiva gestione della competenza autorizzativa da parte delle Regioni, che viene vanificata dal carattere vincolante del parere delle soprintendenze, in particolare per le Regioni che non abbiano piani paesaggistici rielaborati congiuntamente con il Ministero;
  • l’autonomia nella individuazione degli enti cui delegare le competenze autorizzative, cosa già risolta nella maggior parte delle Regioni con atto normativo e, quasi nella generalità dei casi, verso le amministrazioni comunali, sostanzialmente precluse a questa funzione dalla nuova proposta.
  •  

     

    c) Ricadute Operative

     

    Si evidenzia che, qualora il testo proposto dovesse essere approvato, si avrebbero le sottoelencate  gravi conseguenze sull’efficienza e sull’efficacia nella gestione della tutela e della valorizzazione del paesaggio:

     

    - le modifiche proposte riportano le competenze in capo alle Regioni o eventualmente alle Province, con gravi conseguenze di tipo organizzativo e di personale. Nella quasi totalità dei casi, tutte le pratiche in corso alla data della entrata in vigore delle modifiche, in assenza di una norma transitoria, dovrebbero essere trasmesse alla Regione in quanto unico organo competente al loro espletamento;

     

    - l’appesantimento dei processi edilizi a causa della gestione accentrata del sistema autorizzativo e dell’aumento delle fasi del procedimento, con le conseguenti ricadute negative di carattere economico sull’utenza, obbligata a sostenere oneri aggiuntivi a fronte degli ulteriori adempimenti amministrativi;

     

    - l’aggravio, a carico degli Enti locali, degli oneri attualmente gravanti sul Ministero, per l’eventuale contenzioso avverso le decisioni assunte dalla Soprintendenza: difatti, mentre l’attuale contenzioso si concentra nei confronti degli atti di annullamento a seguito di riesame degli organi statali, nel sistema ipotizzato anche i provvedimenti negativi derivanti dalla valutazione della sola Soprintendenza, sarebbero comunque imputabili all’Ente che emana il provvedimento;

     

    - la vanificazione dell’attività, già svolta dalle Regioni, in materia di pianificazione paesaggistica sulla base delle intese o accordi sinora raggiunti con il Ministero stesso, con grave nocumento  della programmazione regionale in essere, tesa allo sviluppo sostenibile;

     

    - l’azzeramento dell’attività tecnica e/o legislativa regionale, già realizzata in attuazione del  Codice Urbani.

     

    Tutto ciò premesso, ad esito del dibattito del Tavolo Tecnico riunitosi presso la sede della Regione Calabria, in vista della riunione a livello tecnico tra funzionari statali e regionali presso la Conferenza Unificata, convocata per il 6 dicembre 2005, si ritiene di dovere esprimere parere negativo relativamente allo “Schema di decreto legislativo recante disposizioni correttive e integrative del Codice dei beni culturali e del paesaggio”, di cui al D.Lgs  22 gennaio 2004 n. 42 – Parte Terza, e che pertanto il medesimo testo è valutato come non emendabile.

     

    Roma, 26 gennaio 2006