
Discorso del Ministro Fitto: Illustrazione del Rapporto annuale 2009 del Dipartimento per lo
Sviluppo e la coesione economica sugli interventi nelle aree
giovedì 15 luglio 2010
Illustrazione del Rapporto annuale 2009 del Dipartimento per lo
Sviluppo e la coesione economica sugli interventi nelle aree
sottoutilizzate
15 luglio 2010
Palazzo Montecitorio
Discorso del Ministro Fitto
1. SALUTI E INTRODUZIONE
• Signor Presidente della Camera, autorità, colleghi senatori e deputati,
signore e signori, è motivo di grande orgoglio personale e di tutto il
Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica presentare oggi,
il Rapporto Annuale 2009 per la prima volta in una cornice
istituzionale così alta e alla presenza del Presidente Fini che ringrazio
per aver accettato, direi con slancio, la mia proposta di svolgere in
questa sede la presentazione.
• Il Rapporto giunge alla sua dodicesima edizione e costituisce parte
dei documenti programmatici di natura economica e finanziaria
previsti dalla legge di riforma della Contabilità di Stato n.
196/2009 art. 12. Esso è predisposto come allegato alla Relazione
sull’economia e la finanza pubblica (REF) e informa il Parlamento
sulle tendenze economiche territoriali del Mezzogiorno e del Centro-
Nord, sulle risorse destinate allo sviluppo, specie delle aree
sottoutilizzate, e sull’attuazione dei principali strumenti di politica
regionale.
• La presentazione del Rapporto costituisce altresì uno dei primi momenti
pubblici in cui si esplica la nuova delega affidatami dal Presidente del
Consiglio dei Ministri per l’attuazione delle politiche di coesione
territoriale. Occasione che desidero utilizzare per indicare le linee lungo
le quali il Governo intende muoversi al fine di conseguire la massima
efficacia delle stesse.
• In apertura rivolgo un ringraziamento pubblico a tutta la struttura del
Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica per la consueta
qualità e rigore del lavoro svolto. Struttura con la quale ho avuto modo
di collaborare intensamente in questi giorni e di apprezzarne la
competenza e la dedizione.
2
2. IL RAPPORTO DPS: “CONOSCERE PER DELIBERARE” 1
• Conoscere per deliberare. E’ questo l’insegnamento che Luigi
Einaudi ci lasciava nelle sue Prediche Inutili del 1964. A questo
principio vuole ispirarsi l’azione del governo.
• Il Rapporto che oggi si presenta vuole essere, in primo luogo, la
“fotografia”, dettagliata e al tempo stesso realistica e critica,
della situazione delle aree “sottoutilizzate” del nostro Paese e, in
particolare del Mezzogiorno.
• E’ una fotografia molto densa di informazioni e di dati. E’ quindi di per
sé un contributo all’analisi, al confronto, al dibattito che devono
caratterizzare la nuova attenzione che il Governo vuole dare proprio al
Mezzogiorno in una fase difficile sotto il profilo economico e di
transizione sotto il profilo istituzionale.
• Ma una fotografia serve a fare il punto della situazione, a dire dove
siamo. Perché sia poi utile per fornire al Paese e alla responsabilità
politica elementi per disegnare il futuro, allora la fotografia – le
informazioni che riporta, i dati che se ne ricavano – ha bisogno di
un’interpretazione coerente in grado di indicare un percorso
credibile.
• E’, questo, il metodo che il Governo propone per lo sviluppo: partire
dall’analisi e dai dati, interpretarli, trovare subito linee conseguenti
di azione politica e tecnica.
• Non è possibile in questa sede dire di tutte le informazioni e dei dati che
il Rapporto contiene. Andranno meditati e utilizzati per rendere più
solide e più basate su una conoscenza specifica le numerose linee di
lavoro che ci vedranno impegnati nei prossimi mesi.
• E’ tuttavia questa l’occasione per soffermarci almeno su alcune
indicazioni del Rapporto, sia per la loro significatività e urgenza, sia
perché già consentono, nel loro realismo così esplicito, qualche
interpretazione utile per le implicazioni operative sulle cose da
fare.
• Il ritardo e la crisi in primo luogo. Sappiamo bene, e il Rapporto lo
conferma, che c’è un ritardo del Mezzogiorno in termini di PIL
sia rilevante sia, nonostante gli sforzi fatti anche nell’ultimo decennio,
permanente.
1 Luigi Einaudi, Prediche inutili, Einaudi, Torino, 1964.
3
• E sappiamo anche che la crisi internazionale ha reso le cose ancora più
difficili. Basterà qui dire, per sintesi, che il tributo pagato alla più
grave crisi economica del dopoguerra è stato molto pesante in
tutto il Paese: la caduta del PIL tra 2008 e 2009, ha colpito tanto il
Centro Nord quanto il Mezzogiorno riportandone il livello a quello
di inizio decennio. Il lavoro da fare per rilanciare l’economia e poi per
promuovere lo sviluppo e ridurre il divario della aree più deboli del
Paese è ora addirittura più complesso e, proprio per questo, anche più
urgente.
• Tenuto conto di ciò, ha senso discutere ogni tre mesi o sei mesi
sul fatto che il ritardo del Mezzogiorno perdura e che si è spostato di
qualche decimale nelle sue dimensioni quantitative? O non è meglio
rimboccarsi seriamente le maniche e fare le cose giuste lavorando
sodo con continuità, rendendo più selettiva ed efficace la spesa,
creando infrastrutture e servizi collettivi, dando nuove motivazioni e
nuove speranze ai cittadini, in particolare ai giovani, e alle imprese che
vivono e operano nel Sud?
• Se seguiremo questa via, se riusciremo a rovesciare e rendere
positive le aspettative di chi nel Sud vive e lavora, allora, magari
non subito, anche il divario diminuirà.
• Nel fare questo – ed è questo il secondo aspetto che voglio sottolineare
– bisogna naturalmente tenere conto delle urgenze e delle necessità
che caratterizzano le condizioni sociali di tanta parte della
popolazione meridionale
• Il Rapporto ci dice che nel Mezzogiorno è
a) più grave la situazione occupazionale (nel 2009 è
ulteriormente peggiorata con una caduta dei livelli occupazionali del
3 per cento, contro il meno 1,1 del Centro Nord);
b) stanno peggio soprattutto i giovani (nel 2009 il 36% dei
giovani del Sud risulta disoccupato, contro un dato del 20% circa del
Centro Nord);
c) il contesto sociale rimane fortemente e questo, oltre a
segnalare condizioni di disagio sociale non tollerabili, rende
più difficile avversare il fenomeno degli abbandoni scolastici,
garantire livelli adeguati di sicurezza e di legalità nonostante i
grandi risultati sin qui raggiunti dal Governo nella lotta alla
criminalità organizzata.
4
• Anche qui tuttavia occorre intraprendere, con la gradualità
necessaria ma anche con la decisione e la perseveranza che rendono
possibili i cambiamenti, una nuova via. Meno assistenza e più
opportunità, più costruzione di capacità (quindi più istruzione e
di migliore qualità) e quindi più occasioni di iniziativa e di
imprenditorialità. Nel Mezzogiorno le energie ci sono occorre
accompagnarne e stimolarne l’emersione soprattutto garantendo
condizioni di trasparenza amministrativa, legalità, informazione,
sostegno reale all’accesso al mercato.
• Il contesto, le infrastrutture, i servizi collettivi sono ovviamente
decisivi se si vuole innestare un cambiamento importante sul piano
delle aspettative e quindi delle nuove energie che occorre far emergere.
Nell’esaminare questi aspetti il Rapporto è perfino impietoso nel
segnalare (e quantificare) le condizioni di ritardo che ancora
caratterizzano il Mezzogiorno nell’istruzione, nei servizi socio
sanitari e per la popolazione, nei servizi ambientali, nel servizio
idrico integrato, nella dotazione di infrastrutture, in particolare di
trasporto e di comunicazione, nel funzionamento delle reti.
• Analizzando i dati ci si accorge che la fotografia statica del divario
attuale è più composita. In alcuni territori del Mezzogiorno (in alcune
Regioni ma a volte anche in aree sub regionali) si registrano elementi,
non ancora sistematici, di dinamicità.
• Questo è importante coglierlo e segnalarlo anche e soprattutto a fini
operativi. Queste dinamiche, infatti, ci dicono due cose:
a) i progressi, gli avanzamenti, i miglioramenti sono possibili;
b) bisogna valorizzare di più i progressi quando si registrano ma,
soprattutto, bisogna renderli più solidi, evitare che una volta
conseguiti si facciano passi indietro, renderli irreversibili.
• Non a caso tratto alla fine (di questa prima parte) la questione delle
risorse finanziarie. Spesso si fa l’errore di parlare troppo di risorse
finanziarie in modo un po’ troppo generico, qui “conoscere per
deliberare” è una regola ancor più necessaria di cui tener conto.
• Intanto riguardo l’effettivo utilizzo delle risorse comunitarie e
nazionali.
Dal Rapporto emerge che:
5
- le risorse comunitarie del ciclo 2000-2006 assegnate
all’Italia sono state quasi integralmente utilizzate (le risorse
non utilizzate sono state pari all0 0,33% del totale);
- le ingenti risorse comunitarie del ciclo 2007-2013 (60,5
miliardi di euro, di cui 43,6 concentrate nelle Regioni
Convergenza) sono in corso di programmazione, con qualche
ritardo ma nel sostanziale rispetto degli obiettivi annuali di spesa
(rilevanti per evitare il disimpegno automatico) anche grazie alle
recenti modifiche regolamentari che hanno ridotto per il 2010 gli
obiettivi di spesa.
- l’avanzamento procedurale delle opere programmate, nello
stesso periodo, nell’ambito degli Accordi di Programma Quadro
finanziati anche dal Fondo Aree Sottoutilizzate con le
Regioni, evidenzia per il Mezzogiorno che solo il 27% degli
interventi è stato completato, il 46% ha aperto i cantieri e
l’11% è prossimo all’apertura, mentre il 15% si trova ancora in
fase progettuale. Nel Centro Nord lo stato d’avanzamento
dei progetti è più elevato: 32 per cento sono i lavori chiusi e 50
per cento i cantieri aperti.
• Questo non significa ovviamente che ci si possa ritenere soddisfatti per
il solo motivo di aver conseguito il risultato minimo del mancato
disimpegno: significa piuttosto che conoscendo meglio i dati si riesce
a capire l’esigenza di orientare con maggiore incisività l’azione pubblica
in direzione del miglioramento della qualità e dell’efficacia degli
interventi.
• Il raggiungimento degli obiettivi di spesa è stato, infatti sostenuto
dal ricorso massiccio alla rendicontazione di progetti coerenti,
ovvero di progetti già finanziati con risorse nazionali. Riducendo così
l’effettiva reale aggiuntività della spesa comunitaria. Si stima in oltre 11
miliardi di euro la dimensione finanziaria del fenomeno.
• Inoltre, in tutto l’arco di programmazione precedente ed in quello
attuale si conferma una cronica incapacità del sistema a produrre
progettazioni e flussi di spesa adeguati qualitativamente e
quantitativamente al potenziale di risorse disponibile sulla base
dei programmi nazionali e comunitari.
• Tutto ciò implica quindi la necessità di più concentrazione su opere
e infrastrutture strategiche, di capacità di progettare e valutare
(anche l’impatto delle opere sullo sviluppo dei territori) di più e meglio,
significa collaborare di più fra amministrazioni centrali, regionali e
6
locali, significa coinvolgere (recuperando un rapporto di effettiva
cooperazione allo sviluppo regionale) i grandi investitori pubblici
(ANAS, RFI in primo luogo) cui spetta una grande responsabilità e un
grande ruolo nel rendere il Mezzogiorno un’area più moderna e
competitiva .
• La linea del Governo è su questo punto chiara: utilizzare intanto al
meglio, cambiando tutto ciò che c’è da cambiare se necessario, le
risorse aggiuntive che già ci sono. Dimostrare così di poter e saper
fare meglio nell’aumentare l’efficacia degli investimenti e
l’efficienza della gestione ordinaria della spesa pubblica.
• Prendiamo intanto atto che le risorse aggiuntive destinate al
Mezzogiorno costituiscono il 5,9% (è la media del periodo 1998-
2007, dunque è un dato strutturale) della spesa pubblica primaria
destinata al Mezzogiorno. Con quelle risorse aggiuntive si può e si
deve fare molto di più e meglio ma occorre che anche l’azione
ordinaria dello Stato, sia in termini di investimenti sia in termini di
spese correnti, sia adeguata, quantitativamente e soprattutto
qualitativamente.
• La dimensione quantitativa delle risorse disponibili non deve costituire
un alibi per le politiche aggiuntive che devono essere comunque rese
più selettive, appropriate, efficaci. Deve invece costituire uno stimolo a
rendere la spesa ordinaria dello Stato, pur nei vincoli dati dalla
situazione economica e della finanza pubblica, altrettanto selettiva,
efficace e anche più rispettosa di una più equilibrata destinazione
territoriale. La riforma federalista aiuterà a ragionare di più sui
dati, sulle risorse ordinarie in primo luogo, sulla loro destinazione e
utilizzazione.
• E sarà un bene per il Mezzogiorno perché non si possono risolvere
problemi di sviluppo così rilevanti senza il concorso coerente di tutti gli
sforzi e di tutte le risorse e senza l’impegno di una comunità nazionale
consapevole dei vincoli che deve rispettare ma anche della
responsabilità e dell’impegno collettivo necessari perché tutto il Paese,
insieme al Mezzogiorno e con il suo contributo, progredisca e sappia far
diventare le differenze una ricchezza e non un problema e un limite.
3. PER UNA DISCONTINUITA’ PROPOSITIVA:
• Questa è la fotografia dettagliata, realistica e critica di cui dicevo
all’inizio del mio intervento. Con questa foto sullo sfondo passo,
7
quindi, a discutere delle scelte che abbiamo davanti e della via che
intendiamo percorrere.
• Il Rapporto segnala come in molti casi la realizzazione degli
interventi risulti ancora largamente insufficiente. Si impone una
netta inversione di rotta attraverso una rapida ricognizione delle
cause dei ritardi e un’individuazione, altrettanto rapida, degli strumenti
correttivi necessari per il raggiungimento degli obiettivi di maggiore
efficienza e qualità degli interventi.
• Due sono i perni essenziali per il rilancio di queste politiche:
1. Rendere concretamente attuabile la concentrazione delle
risorse su grandi progetti infrastrutturali, in particolare quelli
ferroviari, ineludibili per lo sviluppo del Mezzogiorno, rimuovendo le
cause che storicamente ne hanno impedito la realizzazione;
2. migliorare l’offerta di servizi pubblici, sulla base di
meccanismi volti a mettere al centro dell’azione complessiva i
risultati effettivi da conseguire con un richiamo preciso alle
responsabilità che a tutti i livelli si devono mettere in gioco.
• Ciò nel quadro della necessaria attenzione alla capacità di attuare le
politiche della ricerca e dell’innovazione fondamentali per il recupero
della competitività del Paese anche nelle sue aree più forti, per le quali
la politica regionale, in particolare quella comunitaria, ha mobilitato
ingenti risorse.
• E’, pertanto, necessaria una discontinuità nell’attuazione della
politica, la gravità della situazione economica non consente ulteriori
ritardi, occorre migliorare in tempi ragionevoli lo stato di quei territori
ove permangono squilibri e ritardi.
• Dalla lettura del Rapporto emerge come ciò non solo sia necessario, ma
anche possibile. E’ necessario introdurre nella strategia e nella sua
attuazione quella che si può chiamare una “discontinuità
propositiva”, ovvero un intervento, anche radicale ove necessario,
volto a correggere, migliorare, innovare in corso d’opera per invertire
tendenze negative, innestare circoli virtuosi, preparare e prepararci così
al futuro.
• Tale “discontinuità propositiva” per risultare un indirizzo
concreto e immediatamente perseguibile deve poggiare su
elementi/regole/comportamenti semplici e comprensibili, in
8
grado così di dare da subito il segno di una svolta in corso e di suscitare
così nuove energie in tutti gli attori, istituzionali e non, responsabili o
comunque partecipi dell’attuazione delle politiche.
E’ utile segnalarne alcuni proprio a testimonianza sia di un percorso già
avviato, sia di cambiamenti che stanno per essere intrapresi:
o un più forte e determinato impegno del Governo nel suo
insieme nell’attuazione delle politiche di sviluppo e
coesione, impegno di cui costituisce un passo importante anche
l’allocazione delle funzioni di coordinamento e indirizzo presso la
Presidenza del Consiglio;
o l’indirizzo ormai condiviso di far leva sulla riforma
federalista dello Stato per migliorare l’efficacia della
politica regionale, come condizione essenziale per preservare e
migliorare l’utilizzo delle risorse aggiuntive in un quadro di
graduale ma incisiva trasformazione dell’assetto istituzionale del
Paese;
o la rapida ricostituzione di un ambito di cooperazione
istituzionale (Centro, Regioni, enti locali, parti sociali)
motivata e determinata a conseguire risultati visibili in
tempi brevi in termini di sviluppo e coesione anche attraverso la
condivisione di un nuovo sistema di regole che consentano ampia
partecipazione, ma anche e soprattutto decisioni tempestive;
o la necessità e l’urgenza, in questo quadro, di porre in modo nuovo
la questione delle risorse: di misurarne la necessità non rispetto a
fabbisogni generici (sempre indeterminati), ma rispetto alle
capacità di utilizzarle tempestivamente per realizzare
progetti e interventi utili per la collettività e lo sviluppo;
• Il riscatto delle Regioni del Mezzogiorno deve avvenire in un quadro più
ampio della sola politica regionale, instaurando un circolo virtuoso con
il resto del paese, a conferma che la “questione meridionale” resta
tuttora una “questione nazionale”.
• E’ bene ricordare anche questo aspetto, pur nella consapevolezza delle
difficoltà e degli obiettivi di gestione della finanza pubblica, anche in
vista del difficile negoziato sul futuro della politica di coesione che
attende il Paese nei prossimi mesi.
9
• Si tratta di un tema di grande rilevanza riferito ad un futuro prossimo
strettamente legato alle azioni che poniamo in essere oggi. Come è noto,
in seno alla Commissione europea è in fase di svolgimento un dibattito
intorno al futuro delle grandi politiche dell’Unione e tra queste la
politica di coesione. Estensione territoriale, dimensione
finanziaria, criteri di accesso alle risorse sono tutti elementi non
ancora definiti e dai quali dipende in misura diretta la quantità di
risorse e la copertura geografica di queste politiche per l’Italia.
• Il nostro Paese costituisce un po’ la cartina di tornasole alla quale
si guarda in Europa per valutare quale sia l’effettiva efficacia e
quindi necessità delle politiche di coesione comparativamente
valutate rispetto ad altre politiche settoriali di interesse comunitario.
Quel che faremo nei prossimi mesi, la capacità che mostreremo nel
perseguire maggiori livelli di efficacia delle politiche, è destinato a
produrre effetti di più lungo periodo. Nel corso dell’incontro tenuto con
il Commissario alla politica regionale Hahn ho avuto modo di
ribadire l’interesse del nostro Paese ad un futuro delle politiche di
coesione post 2013 che copra tutti i Paesi, destini risorse adeguate
alla rilevanza degli obiettivi ed introduca nuovi meccanismi di
condizionalità nell’impiego dei fondi insieme ad una drastica
semplificazione delle procedure.
• Chiudo, con un riferimento alle azioni che stiamo concretamente
realizzando in queste settimane e a quelle che intendiamo porre in
essere subito dopo la pausa estiva.
Insieme alla strutture del Dipartimento ho incontrato tutti i
Presidenti di Regione e delle Province autonome allo scopo di
giungere entro la fine di luglio alla ricognizione definitiva e
condivisa
1. dello stato di attuazione della programmazione 2000 –
2006 del FAS;
2. della consistenza ed impiego delle cosiddette risorse liberate
– rimborsi comunitari ottenuti a fronte della rendicontazione di
opere finanziate con fondi nazionali ed inserite nell’elenco delle
realizzazioni dei Programmi Operativi Regionali e Nazionali;
3. dello stato di attuazione della programmazione comunitaria
2007 – 2013.
A valle di questa attività:
1. incontro con le parti sociali e le organizzazioni di categoria per
riferire degli esiti della ricognizione;
2. confronto con l’opposizione;
10
3. approvazione di un atto formale che riporti gli esiti della
ricognizione;
4. definizione del nuovo orientamento strategico del Governo sulle
politiche di coesione e conseguente revisione della
programmazione ispirata a concentrazione su pochi grandi temi,
con disponibilità di risorse certe, tempi di realizzazione prefissati
e monitorati, e con l’individuazione dei meccanismi di
sostituzione nei casi di inadempienza.
