periodico telematico quotidiano a carattere informativo
registrato il 17/03/2003 presso il Tribunale Civile di Roma Sezione Stampa n.106/2003
 
n. 150 - Roma, 24 ottobre 2003

Sommario

Regioni: Finanziaria mette a rischio servizi essenziali ai cittadini Liguria: conoscere meglio aree marine protette regionali
27 ottobre: Assemblea Presidenti Consigli regionali UE Assistenza immigrati: non un euro a Regioni
La Convenzione UE, Giuliano Amato e "il discorso sul metodo" Riforme: Bossi preannuncia emendamenti
Regioni: Finanziaria mette a rischio servizi essenziali ai cittadini
Con questa Finanziaria sono a rischio dei servizi essenziali forniti ai cittadini dalle Regioni: dalla sanità alla scuola, dall'edilizia pubblica ai trasporti. E' quanto hanno cercato di far capire durante una conferenza stampa i presidenti delle Regioni. Le richieste - alcune  politiche e irrinunciabili, altre di natura tecnica - messe a  punto dalle Regioni sono state tradotte in  emendamenti.Le proposte regionali  sono suddivise nei seguenti emendamenti alla Finanziaria: 1) manovra, 2) sanità, 3) sociale.
Le richieste che le Regioni ritengono indispensabili  riguardano la  copertura degli oneri di assistenza sanitaria per gli immigrati  regolarizzati e l'ordinato finanziamento della spesa sanitaria  corrente. C'e' poi un gruppo di  richieste di carattere tecnico, che vede tra l'altro un  fondo di garanzia per  le diminuite entrate Irap e addizionale Irpef 0,5% e interessare i trasferimenti connessi al decentramento amministrativo. Altre richieste, senza impatto finanziario, riguardano l'Iva  trasporto, il patto di stabilità interno con riferimento agli  oneri per i rinnovi contrattuali del personale, le assunzioni di  personale, i vincoli imposti in materia di politiche di  investimento e di indebitamento, la struttura interregionale per  la negoziazione con il personale convenzionato con il servizio  sanitario nazionale, il fondo missioni internazionali e il  dipartimento nazionale delle politiche antidroga. Infine, le  richieste con impatto finanziario riguardano i rinnovi  contrattuali, l'assetto normativo per i medici specializzandi,  la copertura dei disavanzi Irccs, aziende miste e policlinici  universitari e il fondo per le politiche sociali.
I Presidenti delle Regioni  chiederanno un incontro ai Presidenti di Senato e Camera per  rappresentare loro le problematiche che stanno a cuore delle  Regioni sulla finanziaria. Ed è stato anche richiesto  un incontro con il Ministro  dell'Economia, Giulio Tremonti. Giovedì prossimo (30 ottobre) i Presidenti di Regione convocheranno una riunione  con le rappresentanze sindacali, sociali, imprenditoriali, di  categoria e con Comuni e Province per rappresentare la posizione  delle Regioni in tema di finanziaria. ''Vogliamo che tutti - ha  spiegato il vice presidente della Conferenza delle Regioni,  Vasco Errani - siano parte del ragionamento''. Il presidente della Conferenza Enzo Ghigo ha spiegato che  ''l'eventualita' di rivolgerci al capo dello Stato non è stata  per ora presa in considerazione. Non e' detto - ha chiarito -  che non lo si faccia, non lo escludo, ma oggi non è stata presa  questa decisione''. E in ogni caso, ha fatto capire Errani,  non verranno poste a Ciampi questioni che riguardano  direttamente la finanziaria, bensì il diritto alla salute dei  cittadini. Il Presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, ha  precisato che le regioni ''non stanno chiedendo un solo euro in  più ma, dopo aver rispettato tutti i patti sottoscritti, da  quello di stabilità all'accordo dell'8 agosto 2001, ora  chiedono che lo Stato rispetti gli accordi''.
Le Regioni - nel corso di una conferenza stampa seguita da agenzie di stampa e quotidiani (cfr. fra gli altri, La Repubblica, il Sole 24 ore, la Gazzetta del Mezzogiorno, Il Gazzettino)- hanno chiesto ''risposte  tassative'' in tema di flussi di cassa per la spesa sanitaria e  di finanziamenti per l'assistenza agli immigrati regolarizzati,  perché la situazione, per dirla con le parole del Presidente  della Conferenza delle Regioni, Enzo Ghigo, e' di ''allarme  rosso''.
''Senza una risposta - ha chiarito Ghigo - le Regioni saranno obbligate a ridurre il  livello dei servizi per i cittadini. La sottovalutazione che il  governo fino ad oggi ha fatto della situazione deve essere  rivista, per questo chiediamo di poter incontrare il ministro  Tremonti''. Ghigo ha anche chiarito che il governo deve cogliere la  posizione delle regioni ''non come una contestazione ma come  volontà di collaborazione per dare risposte. Non facciamo  rivendicazioni strumentali ma poniamo la questione della  sostenibilità del sistema''.
Anche per il Presidente della Tegione Emilia-Romagna e vice presidente della conferenza delle regioni Vasco  Errani. ''Siamo addirittura oltre l'allarme rosso, ci troviamo di fronte al tema della sostenibilità''.  Ed Errani bolla come ''cattiva amministrazione'' i ritardi con  cui alle Regioni vengono erogati i fondi per pagare i fornitori. ''C'è un debito pregresso che si aggira attorno ai 10 miliardi  di euro - ha detto Errani - che nessuno sa come affrontare. C'e'  poi il problema del finanziamento degli investimenti e per  questo presenteremo a breve l'elenco degli investimenti che  rischiano di bloccarsi in tutte le Regioni''. Le Regioni - ha  proseguito Errani - pongono anche questioni che attengono il  welfare, l'assetto del territorio e le politiche di sviluppo del  sistema produttivo.  ''Bisognerebbe spostare le risorse in capo al ministero  dell'Industria alle Regioni'', ha detto Errani, secondo il quale  se non si trovano risposte significative si rischia di non  essere in grado di governare il sistema e, a pagare, saranno i  cittadini. ''Cerchiamo di fare un'operazione verità - ha  concluso Errani - c'e' un problema enorme e di trasparenza;  bisogna rimettersi attorno a un tavolo per rifare i conti''. Formigoni ha  ricordato che sono circa 750 mila i cittadini extracomunitari  regolarizzati ai quali le Regioni sono ora tenute a prestare non  più solo servizi di emergenza ma anche i livelli essenziali di  assistenza. Formigoni ha anche precisato che le Regioni non  chiedono di tornare ad essere pagate a pie' di lista ed ha  osservato come i ritardi dei pagamenti alle regioni siano un  danno per l'intero sistema Paese. ''Questa catena perversa - ha  concluso - deve essere rotta a vantaggio di tutti''.
La Presidente dell'Umbria, Maria Rita Lorenzetti, ha reso  noto che ogni regione convocherà tavoli di concertazione e  incontri con le forze sociali e gli altri soggetti istituzionali  per ragionare insieme sugli impatti che la finanziaria rischia  di avere in ogni territorio.
L'assessore della Lombardia all'economia, Romano Colozzi (nella foto), Coordinatore degli assessori al bilancio per la Conferenza delle Regioni, ha  spiegato che, per quanto riguarda il flusso di cassa, alle  Regioni sono ancora da erogare, per il 2002, 7,8 miliardi di  euro e per il 2003 stanno già maturando circa 7 miliardi di  euro per un totale di circa 14,4 miliardi di euro. Le regioni  chiedono l'erogazione del 98% del fondo sanitario nazionale. Infine
Claudio Martini, presidente della  Regione Toscana, ha dichiarato che ''La legge finanziaria e' da  riscrivere daccapo''. ''Proprio per sottolineare le pesanti ricadute sulle realtà territoriali - continua Martini - la Toscana presenterà un  'libro bianco' in cui saranno messi in evidenza, settore per  settore, conseguenze e guasti che questa legge provocherà in  particolare nella sanità, nella protezione civile, nelle  politiche sociali e, soprattutto, nel sostegno all'economia''. ''Per questo è necessario - conclude il Presidente - che  durante i lavori parlamentari il testo della legge venga  profondamente riscritto''. (gs)
27 ottobre: Assemblea Presidenti Consigli regionali UE
Sarà ospitata a Reggio Calabria dal 27 al 28 ottobre la Settima Assemblea plenaria della Conferenza dei Presidenti dei consigli regionali europei con poteri legislativi (CALRE).
La VIII Assemblea plenaria della CALRE -
secondo quanto riportato dalla newsletter Eurolabio - sarà dedicata ai temi della nuova Europa, del dialogo tra le Assemblee legislative regionali e le Istituzioni europee, del ruolo dei Parlamenti regionali nel contesto delle riforme europee. In particolare, sarà oggetto di discussione ai fini della sua approvazione, la proposta di Dichiarazione di Reggio Calabria, che delinea la posizione della CALRE in merito alle riforme costituzionali dell'UE e promuove il rafforzamento della democrazia regionale attraverso la Carta delle Regioni, approvata il 19 settembre 2003. Ulteriori informazioni sull'Assemblea plenaria sono disponibili sul sito del Consiglio regionale della Calabria.
 ''Il bilancio di un anno di presidenza italiana della Calre é stato positivo - ha dichiarato il
coordinatore Riccardo Nencini, presidente uscente - sia per aver saputo accrescere la presenza dei Parlamenti regionali nel momento in cui si sta costruendo la nuova Europa, sia per aver scelto Reggio Calabria come sede dell'Assemblea annuale, in cui dovremo passare il testimone ad un'altra nazione''.
''L'attivita' della Calre - ha aggiunto Nencini - ha  registrato almeno tre risultati. Siamo riusciti a fornire un contribuito al dibattito della Convenzione europea evidenziando l'importanza del ruolo di cerniera che i Parlamenti regionali possono svolgere. Siamo stati promotori, altresi', della 'Carta delle Regioni', che raccoglie i principi del nuovo regionalismo nei paesi della U.E, in quelli che vi entreranno il 1 maggio 2004 ed in quelli in pre-adesione. La Carta delle Regioni è stata firmata a Firenze lo scorso 19 settembre da circa 200 Presidenti. Infine, abbiamo aperto un confronto con il Parlamento europeo per l'istituzionalizzazione del ruolo della  Calre in occasione dei provvedimenti che riguardano materie di  competenza regionale''.
(red)
La Convenzione UE, Giuliano Amato e il discorso sul metodo

E' in libreria il volume "Una Costituzione per l'Europa. Dalla Convenzione Europea alla Conferenza intergovernativa", della collana i quaderni di Astrid (pubblicata da Il Mulino). il libro curato da Franco Bassanini e Giulia Tiberi , contiene una prefazione di Romano Prodi e ed una introduzione di Giuliano Amato.
"Convenzione scrive Amato - era stato chiamato il composito organismo che predispose, su mandato del Consiglio Europeo, la «Carta dei diritti», poi «proclamata» dallo stesso Consiglio Europeo nel dicembre 2000. L’aveva presieduta l’ex Presidente della Repubblica tedesca Fierzog, mentre i suoi componenti si dividevano fra rappresentanti dei governi, dei parlamenti nazionali, del Parlamento europeo e della Commissione. Fu tale Convenzione a fare da modello del successivo organismo con lo stesso nome che, presieduto dal1’ex Presidente della Repubblica francese Giscard D’Estaing e composto con gli stessi criteri, ha avuto l’incarico di fare «raccomandazioni» per la incisiva riforma dei trattati prospettata dal Consiglio Europeo con la Dichiarazione di Lacken del Dicembre 2001.
Si è parlato, a questo riguardo, di «metodo» della Convenzione che subentrava così a quello delle tradizionali Conferenze Intergovernative per la modifica dei trattati. Subentrare è un termine troppo forte, perché la Convenzione non ha sostituito, ma ha preceduto la Conferenza Intergovernativa, che rimane l’unica sede con potere decisionale. E tuttavia il cambiamento c’è stato, perché quel metodo è davvero nuovo e diverso.
In passato, i testi che arrivavano alla finale Conferenza dei Capi di Stato e di Governo scaturivano da negoziati fra le burocrazie nazionali, che si svolgevano senza alcuna trasparenza e nei quali, necessariamente, le ragioni opposte dall’uno o dall’altro governo a soluzioni possibili determinavano un inesorabile effetto domino. E l’effetto domino segnava poi in modo ultimativo le stesse Conferenze, dove i Capi di Stato e di Governo arrivavano a decidere su testi sconosciuti all’esterno e spesso emendati nelle ore finali delle loro riunioni conclusive.(...) Che cosa ha portato di diverso il metodo della Convenzione ? Intanto il modo in cui si è lavorato. Dal marzo 2002 al luglio 2003 la Plenaria si è riunita 26 volte, sempre sotto gli occhi del pubblico e della stampa, discutendo prima i temi che dovevano essere successivamente approfonditi, poi i rapporti dei Gruppi di lavoro sui medesimi temi e infine i testi normativi via via prodotti dal Presidio.(...)I resoconti integrali della Plenaria sono stati pubblicati sul sito del Parlamento Europeo, i resoconti sommari e i rapporti finali dei Gruppi di lavoro e dei Circoli di discussione sono stati pubblicati sul sito della Convenzione. Via Internet era anche possibile seguire dal vivo i dibatti ti della Plenaria. Al di là della trasparenza, i lavori sono stati caratterizzati dal processo interattivo che si è cercato di stimolare con le associazioni, le organizzazioni non governative, i centri di ricerca e di attenzione su questo o quel tema, che volessero concorrere all’elaborazione. (....) Non so se nel testo ci sarebbe stato il capitolo sulla «democrazia partecipativa» senza questa interazione. E di sicuro non ci sarebbe stata la norma sull’iniziativa popolare europea.
Chi nota che tutto questo può anche essere vero, ma certo non significa che vi sia stata una partecipazione di massa alla nascita della Costituzione europea, fa un’osservazione tanto ovvia quanto priva di intelligenza: non solo perché vicende del genere non godono mai di partecipazione di massa, ma anche e soprattutto perché il metro qui non è la rivoluzione di Cuba, ma lo svolgimento delle precedenti Conferenze Intergovernative. E rispetto ad esse che il cambiamento è significativo e consente di dire che l’esile sfera pubblica europea poc’anzi rammentata si è irrobustita ed include (o ha dimostrato di poter includere) ben più dei funzionari e delle figure istituzionali.
Misurato sempre sullo stesso metro, il metodo della Convenzione si è rivelato migliore anche per i risultati a cui ha permesso di giungere. Solo verso la fine, quando i rappresentanti dei governi hanno fatto pesare il ricatto del potere decisionale di ultima istanza dei loro mandanti, i «signori dei trattati», l’effetto domino ha preso a manifestarsi con le usuali conseguenze devastanti, che hanno colpito soprattutto in materia di passaggi dall’unanimità alla maggioranza qualificata. Ma a lungo il diverso clima della Convenzione, la difficoltà di far valere in pubblico il «niet» fondato soltanto sull’interesse nazionale, la necessità di usare argomenti di più generale portata, il peso delle voci dei parlamentari nazionali ed europei, un insieme di fattori, insomma, ha consentito di superare ostacoli che in più di una delle Conferenze Intergovernative degli ultimi anni si erano rivelati insormontabili. (....)
Nelle materie più strettamente istituzionali, struttura del Parlamento, della Commissione e del Consiglio e relativi equilibri, le cose sono state (...)assai meno semplici. E sono emerse differenze tra paesi piccoli e paesi grandi, fra vecchi e nuovi membri, che né le cd. componenti (parlamentari nazionali, parlamentari europei, rappresentanti dei governi), né le famiglie politiche (che pure hanno giocato un ruolo con costanti riunioni dei loro membri) hanno potuto facilmente biodegradare attraverso condivise soluzioni comuni. Alla fine, però, un consenso lo si è raggiunto ed è importante notare che non è stato al livello più basso, ovvero dando a ciascuno il suo senza riguardo agli equilibri complessivi: basti dire che i fautori di una Presidenza a pieno tempo per il Consiglio Europeo hanno saputo accettare le ragioni di chi non voleva dotarla di poteri esecutivi e di coordinamento che interferissero con quelli dei Presidente della Commissione; e che i fautori di una Commissione in cui ogni Stato abbia un Commissario con diritto di voto hanno saputo convenire su una Commissione con un numero più ristretto di Commissari con diritto di voto, purché lo si faccia in base a un principio di rotazione strettamente egualitario.(...)
nelle sue conclusioni Giuliano Amato avverte: "E possibile dunque che una parte almeno dei testi finali venga rimessa in discussione e non necessariamente per migliorarli. Già durante la Convenzione era emerso che la larghissima maggioranza dei Governi era contraria alla creazione del Consiglio per gli Affari Legislativi, che spoglierebbe i Consigli settoriali, e quindi i Ministri che ne fan no parte, del potere di legiferare ciascuno per conto proprio. Se la Conferenza Intergovernativa lo eliminasse, priverebbe l futura dell’embrione della sua seconda Camera e i cittadini europei della possibilità di identificare, con permanente certezza, coloro che sono responsabili della legislazione di cui subiscono gli effetti; e lascerebbe sopravvivere una delle principali cause strutturali dell’eccesso di frammentarietà e di invasività che spesso caratterizza oggi la normazione europea.
Si sa che la Spagna è contraria al passaggio dai voti ponderati in Consiglio alla doppia maggioranza (degli Stati e della popolazione). E si sa anche che la ragione è null’altro che la maggiore difficoltà che ne avrebbe nella costruzione di una «minoranza di blocco» contro decisioni sgradite adottate a maggioranza, schietta ragion di Stato contro le ragioni della democrazia decisionale. Il «doppio cappello» grazie al quale il Ministro degli Esteri dovrebbe anche essere Vice Presidente della Commissione, è stato accettato fra mille riserve e diversi governi preferirebbero che egli partecipasse alle riunioni della Commissione, senza esserne però un componente. E se questo accadesse - comclude Amato - sarebbe frustrato l’unico serio tentativo di ricondurre ad una qualche unità l’attuale dispersione di competenze e di voci europee in campo internazionale.(sm)

Liguria: conoscere meglio le aree marine protette regionali
Nuovo atlante multimediale delle aree marine protette, iniziativa promossa da Ministero Ambiente, Regione Liguria e Touring Club
È stato presentato venerdì 10 ottobre il nuovo atlante multimediale delle aree marine protette edito da Ministero dell'Ambiente e Touring Club Italiano. La presenza della Regione Liguria, in qualità di ospite dell'evento, ha offerto l'occasione per conoscere meglio le aree marine protette regionali.
L'atlante è multimediale in quanto composto da due volumi e un cd-rom che descrivono le ventitré aree marine protette nazionali. Di ogni area sono evidenziate le bellezze e le peculiarità naturalistiche, con in più i suggerimenti per gli itinerari più suggestivi e significativi dal punto di vista dell'osservazione degli ecosistemi. Non mancano poi informazioni sulla tradizione culturale, artistica ed enogastronomica sviluppatasi nei secoli in questi territori. L'atlante offre anche informazioni utili per raggiungere e per muoversi all'interno delle aree protette, sia in automobile sia in barca. I diportisti in particolare potranno, grazie a questi volumi, soddisfare la loro curiosità riguardo agli approdi, alle rotte consigliate, ai punti pericolosi per la navigazione, ai servizi presenti nei porticcioli.
Le aree marine protette sono un luogo di vita e non un santuario chiuso e inviolabile. La pubblicazione dell'atlante ha quindi la finalità di incentivare la pratica di una serie di attività che permettono di godere a pieno della bellezza di questi luoghi. Via libera quindi a snorkeling, diving, escursioni, vela e nautica. Si tratta di attività che, praticate con criterio, consentono di coniugare valorizzazione dell'ambiente e sviluppo economico del territorio. Si tratta quindi di un'importante opportunità per il nostro Paese che ha nel turismo una parte importante della sua economia, ma che può avere, sfruttando un territorio ricco di approdi naturali, nuove occasioni di sviluppo proprio attraverso la promozione delle aree protette. (red)
Assistenza immigrati: non un euro a Regioni
''Le regioni, specie quelle del  Mezzogiorno, sono le prime ad essere esposte all'ondata  drammatica di arrivi di immigrati e alcune di loro sono  impegnate finanziariamente anche in questa direzione''. Lo ha  detto  il presidente  della Lombardia, Roberto Formigoni, che coordina l'area affari finanziari per la Conferenza delle Regioni.
Il tema dell'assistenza sanitaria agli immigrati  regolarizzati, ha osservato Formigoni, si incrocia con  quello dell'emergenza tragica degli sbarchi di clandestini ''che  indica la responsabilita' di tutti''. Formigoni, parlando dei  finanziamenti che le regioni chiedono al momento che sono  chiamate all'assistenza sanitaria degli extracomunitari  regolarizzati ha detto che ''apprezziamo queste novita' '', ma  ha anche ricordato gli accordi presi in materia l'8 agosto del  2001 in tema di prestazioni di servizi agli immigrati regolari  nella stessa misura di quelli che vengono garantiti ai cittadini  italiani.
La Finanziaria non prevede  ''neanche un euro'' per l'assistenza sanitaria essenziale agli  immigrati regolarizzati: lo sottolinea ''con preoccupazione'' la 
presidente della Regione Umbria, Maria Lorenzetti, (nella foto) facendo  rilevare che ''la carenza di fondi su questo versante crea un  elemento d'incertezza'' per il bilancio, ''tendenzialmente in  equilibrio'', della sanita' umbra.
Lorenzetti ricorda che e' la legge Bossi-Fini a prevedere, ''giustamente'', l'assistenza sanitaria per gli immigrati  regolari, ''ma, a fronte di un costo di 1.250 euro pro capite  l'anno, la finanziaria non dispone neanche un soldo di  cofinanziamento. E negli anni futuri, con i ricongiungimenti  familiari, questa voce di spesa sanitaria a carico delle Regioni  e' destinata ad aumentare''.
Un altro ''elemento d' incertezza'' indicato da Lorenzetti e'  la mancata previsione di risorse per confinanziare il rinnovo  del contratto di lavoro della sanita', ''dopo che il Governo si  era impegnato con le Regioni su questo versante''.
Infine il bilancio della sanita' regionale ''puo' essere  messo in difficolta' anche dai ritardi con cui il governo  trasferisce i fondi per pagare i fornitori delle Asl. E' la  Regione ad anticipare queste somme - ricorda Lorenzetti - e lo  fa pagando degli interessi alla banche. Anche su questo fronte  il governo si era impegnato, ma se non intervenissero le Regioni  - conclude Lorenzetti - ne andrebbero di mezzo la credibilita'  istituzionale ed il futuro di molte aziende''.
(red)
Riforme: Bossi preannuncia emendamenti
Marcello Pera esprime soddisfazione per l' avvio in Commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama dell' iter del ddl per  le riforme istituzionali. Il presidente del Senato ha detto di  essere stato informato dei lavori svoltisi stamani in  commissione Affari costituzionali: e' un buon auspicio. E'  necessario importante e urgente, ha ribadito Pera, fare le  riforme istituzionali.
Umberto Bossi avverte: la maggioranza può anche approvare le riforme istituzionali da sola. Prima di entrare in commissione Affari Costituzionali del Senato, dove oggi prende il via la discussione sulle riforme, Bossi spiega il suo punto di vista ai giornalisti. ''La sinistra ha dimostrato che si può fare una riforma costituzionale importante con un margine ristrettissimo di voti e poi avere la conferma degli elettori nel referendum. Lo hanno fatto così, forse volevano indicarci la strada da seguire. Noi eravamo pronti ad aprire, ma se le premesse sono quelle di Bordon, che ha detto che il Ddl  sulle riforme va buttato nel cestino...''.
Poi spiega possibili cambiamenti del Ddl:
i Presidenti delle Regioni saranno  automaticamente componenti del senato federale. La novità è contenuta in un emendamento che il ministro per le Riforme Umberto Bossi si accinge a presentare in Senato, dove oggi ha preso il via il dibattito sul disegno di legge presentato dal  governo (''il primo giro di manovella'', come lo ha definito lo  stesso Bossi). ''L'emendamento che mi accingo a presentare - ha spiegato   Bossi  - prevede che i presidenti delle Regioni  diventino membri del senato a pieno titolo''.  Un modo, ha spiegato il ministro, ''per ancorare maggiormente il Senato federale alla realtà delle regioni''.  Un altro emendamento di Bossi prevede la contemporaneità dell'elezione del senato e di quella delle singole regioni. ''Il Senato - ha spiegato Bossi - non avrebbe mai una vera e propria scadenza, ma si rinnoverebbe di volta in volta, in modo parziale, come avviene negli Stati Uniti. Quando gli elettori di una regione saranno chiamati a eleggere il consiglio regionale, dovranno eleggere anche i loro Senatori''. Secondo Bossi, questi meccanismi consentiranno al Senato di avvicinarsi maggiormente al modello di una Camera delle Regioni.  ''Purtroppo - ha detto - il nuovo Senato non sarà una vera   Camera delle regioni, come il Bundesrat tedesco, come avrei 
preferito, ma qualcosa di simile. Quindi passeremo da un club all'inglese a un club alla tedesca''. Un terzo emendamento di Bossi affida alle regioni a statuto speciale un parere vincolante sulle leggi costituzionali riguardanti i loro statuti, che dovranno essere approvate dal Parlamento.
“L’emendamento del Ministro Bossi –
ha dichiarato Vasco Errani, Vicepresidente della Conferenza delle Regioni e Presidente dell’Emilia-Romagna - non risolve in alcun modo il pasticcio del Senato federale così come previsto nel Ddl licenziato dal Consiglio dei Ministri , perché non dà soluzione a tre nodi essenziali:
l’esigenza di un Senato davvero federale e cioè rappresentativo dei territori, problema non risolto con il contentino della presenza dei Presidenti di Regione; la composizione del Senato deve comprendere oltre alle regioni rappresentanti dell’intero sistema delle autonomie locali; infine – ha concluso Vasco Errani (nella foto) - il Senato federale per funzionare deve avere compiti distinti e adeguati al proprio ruolo e non marginali come previsto dal Ddl del governo”.
Di diverso avviso Carlo Vizzini:
"Mi pare di poter dire che siamo  partiti con il piede giusto''. E questo il giudizio espresso dal Presidente della commissione bicamerale  per le questioni regionali e componente della commissione Affari  Costituzionali di Palazzo Madama. ''Abbiamo ascoltato la relazione di D'Onofrio che ha fissato tre principi di fondo irrinunciabili: federalismo con rottura del bicameralismo imperfetto;interesse nazionale; rapporto diretto tra cittadino-elettore e programma e coalizione di Governo. C'è una nostra ampia disponibilità ad un dibattito completo e sereno che 
coinvolga  pienamente l'opposizione e sono personalmente convinto che è possibile riscrivere un pezzo della nostra Costituzione con il contributo di tutti. Le prossime settimane ci diranno quanto questo è realmente possibile. In questo quadro anche gli emendamenti che il ministro Bossi ha preannunziato a nome del Governo sono da considerare - conclude Vizzini -  migliorativi del testo già presentato e coerenti con le richieste avanzate dalle Regioni''.
Piovono critiche dagli enti locali. Le Province hanno ribadito, nel direttivo dell'Upi, la loro preferenza per un Senato federale ''misto'' nel quale, accanto a una quota di senatori eletti a  suffragio universale, sieda una rappresentanza nominata direttamente dalle autonomie locali. Lo
ha detto Lorenzo Ria, presidente dell'Upi, replicando al ministro Bossi che aveva preannunciato un emendamento che apriva il futuro Senato federale ai soli presidenti delle Regioni: Leonardo Domenici, presidente dell'Anci, ha espresso  ''profonda insoddisfazione e stupore'' per l'emendamento nel  quale vede ''una grave mortificazione del ruolo e della dignità dei Comuni italiani, in considerazione del fatto che un Senato federale dovrebbe essere rappresentativo dei territori; quegli stessi territori che i Comuni, nel nostro Paese, ampiamente e storicamente rappresentano''. (sm)
 

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