Conferenza Regioni
e Province Autonome
Doc. Approvato - Parere su decreto istituzione centri identificazione in base a regoloamento per riconoscimento status rifugiato

giovedì 16 giugno 2005


 

 

SCHEMI DI DECRETO DI ISTITUZIONE DEI CENTRI DI IDENTIFICAZIONE EX ART. 5 D.P.R. 16 SETTEMBRE 2004 N. 303 CONCERNENTE IL REGOLAMENTO RELATIVO ALLE PROCEDURE PER IL RICONOSCIMENTO DELLO STATUS DI RIFUGIATO

 

Punto 6) O.d.g. Conferenza Unificata

 

 

 

La Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, esaminati gli schemi di decreto in esame, osserva quanto segue:

 

1)      le Regioni sono chiamate ad esprimere un parere sull’indicazione di "aree" e non sull’individuazione d’immobili. Conseguentemente è richiesto un parere su provvedimenti privi d’adeguata base informativa: non è fornito alcun dato rispetto alla capienza prevista per ogni singolo CDI, non sono forniti documenti progettuali, planimetrie o altri riferimenti tecnici che potrebbero permettere un giudizio di congruità rispetto alle finalità affermate.

In particolare non è dato di valutare la congruità tecnica dell'immobile, l’effettiva capacità della struttura di garantire il rispetto della dignità e il diritto alla riservatezza dei richiedenti asilo, coerentemente con quanto disposto all’articolo 7 comma 2 e all’articolo 8 del Regolamento. I CDI ospitano tipologie differenti di persone quali: nuclei familiari, minori, disabili, anziani, donne in stato di gravidanza, persone che hanno subito abusi e/o torture, ecc…, pertanto devono garantire una vita sana e dignitosa;

 

2)      nella relazione illustrativa allegata agli schemi dei decreti d’istituzione dei Centri d’identificazione si fa ripetutamente riferimento alla nozione di transitorietà, ad un uso, appunto, “straordinario e transitorio”, di parti separate e distinte dei Centri di permanenza temporanea a favore della struttura dedicata al riconoscimento dello status di rifugiato.

Si rileva che a fronte di una previsione di legge che prevede distinte e specifiche strutture per la funzione d’identificazione (CDI) e per le misure di respingimento (CPT), i decreti introducono in via ordinaria il principio d’utilizzo “straordinario e transitorio” dei CPT; una transitorietà che appare soltanto ipotizzabile, ma non effettiva, considerati gli interventi strutturali che richiedono, com’è ben noto, tempi lunghi.

Inoltre, pur se è previsto l’utilizzo in via transitoria di parti separate e distinte del Centro di permanenza temporanea per le finalità sopra richiamate, non si tiene conto della diversa tipologia e quindi della diversa finalità di servizio del Centro di permanenza temporanea da un lato e del Centro di identificazione dall’altro lato; ciò è altresì confermato dalla volontà ministeriale – come si evince dalla relazione illustrativa – di realizzare un’unica “struttura polifunzionale”, ovvero un unico centro polifunzionale;

 

3)      il principio dell’ubicazione dei diversi Centri (Centri di prima assistenza L.563/95, Centri di identificazione e Centri di Permanenza Temporanea) nella medesima area secondo una presunta esigenza di “strutture polifunzionali” non trova un fondamento normativo, e sottende ad un’ipotesi di politiche migratorie orientate ad una indistinta concentrazione degli “immigrati” in specifiche aree, politiche che si pongono di fatto in antitesi con il paradigma del decentramento territoriale che ha contraddistinto e tuttora caratterizza le esperienze del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati.  Si ritiene vada affermata la necessità del decentramento e della distinzione di funzioni e di dislocazione tra diverse strutture al fine di evitare confusione tra soggetti e tra situazioni giuridicamente ben differenti (richiesta d’asilo e presenza irregolare).

Lo stesso DPR 303/2004 è improntato a tenere ben distinti i Centri di identificazione da quelli di permanenza temporanea, ancorché in via transitoria e straordinaria: finalità diverse, “utenti” diversi, esigenze diverse, che escludono qualunque forma di promiscuità perché i richiedenti asilo, con la loro storia e le loro scelte, spesso drammatiche, non sono le persone irregolari o clandestine da trattenere a fini d’espulsione;

 

4)      la sistemazione dei CDI in zone eccessivamente decentrate (vedi Ponte Galeria di Roma, Via Corelli di Milano, Gradisca d’Isonzo, ecc.) rappresenta una difficoltà rispetto alla possibilità degli ospiti di poter usufruire adeguatamente dei servizi territoriali e di costruire relazioni con i soggetti che a vario titolo si occupano d’immigrazione, non garantendo i livelli qualitativi e funzionali previsti dalla normativa;

 

5)      non si tiene conto , inoltre, dei nuovi confini dell’Unione Europea. L’allargamento dell’Unione Europea alla Slovenia, ad esempio, oltre a costituire un evento epocale di riunificazione europea, ha fatto sì che i confini orientali del territorio nazionale non siano più a rischio di penetrazione di immigrazione clandestina;

 

6)      si sottolinea, infine, ancora una volta, il mancato coinvolgimento delle Regioni nell’elaborazione dei presenti schemi di decreto, nonché nei processi di definizione delle Commissioni territoriali: ciò appare preoccupante e non consente il verificarsi di un processo di confronto e concertazione con il sistema degli enti locali volto ad individuare strutture più adeguate per le funzioni dei Centri di identificazione.

 

Tutto ciò premesso, la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome esprime parere negativo sugli schemi di decreto in oggetto.

 

 

 

Roma, 16 giugno 2005