Conferenza Regioni
e Province Autonome
Doc. Approvato - III piano biennale di azione per tutela soggetti in età evolutiva: documento per audizione

giovedì 28 ottobre 2010


in allegato il documento in formato pdf

CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME

10/106/CR06/C8

AUDIZIONE PRESSO LA COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA IN MERITO AL III PIANO BIENNALE DI AZIONI E DI INTERVENTI PER LA TUTELA DEI DIRITTI E LO SVILUPPO DEI SOGGETTI IN ETÀ EVOLUTIVA

La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome esaminato lo schema di Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, rileva: in via preliminare che, non essendo ancora fissati i Livelli Essenziali delle Prestazioni sociali e socio-educative, il Piano, non è rispettoso delle competenze attribuite ai diversi livelli di Governo dall’attuale quadro costituzionale e dalle recenti norme in materia di Federalismo fiscale; pertanto l’attuazione dello stesso dovrà essere ampiamente condivisa con le Regioni cui spettano indirizzi e programmi per il territorio di afferenza.

In questo quadro, proprio per la condivisione sull’importanza di politiche a favore dell’infanzia e dell’adolescenza, diventa dirimente, l’individuazione di risorse finanziarie per lo sviluppo di tali politiche, anche secondo quanto previsto dalla legge 451/97, come modificata dal DPR. 14 maggio 2007, n. 103, laddove si prevede che il Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva "sia lo strumento di applicazione e di implementazione della Convenzione sui Diritti del Fanciullo", conferendo "priorità ai programmi riferiti ai minori", ed individuando le modalità di finanziamento degli interventi in esso previsti.

Le modalità di finanziamento sono quindi considerate anche dal legislatore statale, come condizione per rendere operativa e credibile la programmazione contenuta nel Piano stesso, che rappresenta un impegno delle Regioni nei confronti dei propri cittadini. Se gli impegni e gli indirizzi indicati nel Piano diventano "meramente programmatici" il loro significato assume un profilo virtuale e fa venire meno anche la stessa previsione biennale del Piano.

Nelle azioni non vengono definiti con sufficiente chiarezza "competenze e responsabilità" tra "promotori" e "collaboratori" che sul piano attuativo hanno responsabilità completamente differenti. Anche la introduzione nelle "azioni di sistema" delle Amministrazioni Provinciali desta perplessità in relazione ai ruoli che la pianificazione regionale ha già attribuito alle stesse e che nella gran parte dei casi non sono conformi a quanto è stato individuato nel Piano.2

In sintesi, le Regioni e le Province autonome, proprio nel condividere l’approccio complessivo del Piano, e apprezzando l’impegno in esso contenuto circa l’adeguamento di normative vigenti (affido familiare, Testo unico delle leggi sull’infanzia e l’adolescenza, legge 53/2000 e DLgs 151/01, innovazioni in tema di giustizia minorile, promozione dell’interculturalità, etc.), non possono astenersi dal rilevare criticità sui contenuti generali, quali:

1. Assenza di risorse finanziarie certe (anche come rifinanziamento di leggi vigenti);

2. Livelli Essenziali delle Prestazioni: sono indicati dal Piano più volte in termini formali, per assicurarne "attenzione costante e prioritaria" (pag. 8), e come obiettivo generale del "sistema di tutele e garanzie dei diritti delle persone di minore età".(pag 18). Di fatto, l’individuazione dei LEP è richiamata solo per alcune azioni (servizi integrati per la prima infanzia) pag 10), adozione nazionale ed internazionale (pag 15), contrasto alla pedofilia e pedopornografia (pag 25), funzioni di proposta politica da parte del garante (pag 21). Sembra ovvio, che senza la preventiva definizione dei livelli essenziali per l’infanzia, all’interno delle politiche sociali, attraverso specifico accordo con la Conferenza Unificata e in armonia con le norme del Federalismo (legge 42/09 e successivi Decreti anche in corso di emanazione), il Piano è destinato ad essere un documento di intenti;

3. Sono state eliminate, nella quasi totalità delle schede, rispetto alla versione licenziata dall’Osservatorio, le indicazioni sugli "Strumenti" e sui "Tempi", rendendo in questo modo "difficilmente verificabili" gli impegni da assumere;

4. Particolarmente per i temi dell’esclusione sociale e dell’immigrazione emerge un approccio molto orientato alla "riparazione" (fatto salvo quanto evidenziato sui rapporti intergenerazionali), piuttosto che alla prevenzione e alla promozione di opportunità;

5. Sull’organizzazione dei servizi per minori, fatte salve alcune eccezioni, manca il riferimento esplicito all’approccio multidisciplinare e al lavoro di équipe, anche come necessario supporto a concrete possibilità di valorizzazione dell’apporto del Privato sociale;

6. Circa l’ascolto del minore, al di là dell’affermazione di massima della sua necessità, si rileva spesso il venir meno del riferimento a strumenti e metodi che ne rendano possibile e misurabile la concreta attuazione.

Nel merito delle singole schede si rileva che:

a. Le schede relative al "sostegno alla genitorialità" (A03 e A08) sottendono un approccio assistenzialistico, contrario alla logica dell’welfare delle opportunità: il sostegno alla genitorialità dovrebbe permeare tutte le politiche pubbliche e non solo essere declinato per le famiglie con fragilità, né può esaurirsi con la sperimentazione di servizi educativi domiciliari (es. nidi). In proposito, è da segnalare, in ordine a quanto rilevato sul rispetto delle competenze istituzionali, la previsione di un "avviso pubblico" statale per la sperimentazione di asili

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domiciliari, (si ricorda in proposito quanto già affermato nel merito dalla Corte costituzionale con sentenza 320 del 2004);

b. E’ da precisare come l’allontanamento dalla famiglia, sia oggi da considerare "residuale" e riservato ai casi di assoluta necessità, attivando sostegni ed aiuti alla famiglia di origine. Le condizioni di indigenza della famiglia devono essere contrastate con adeguate forme di sostegno; già la legge 149/01 "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori" stabiliva che le condizioni di indigenza dei genitori non potessero "essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia". Eventuali "patologie" del sistema rispetto ai già vigenti obblighi di legge (cioè eventuali allontanamenti per meri motivi di indigenza della famiglia) devono essere affrontate come fatti specifici e non possono rappresentare lo schema di riferimento della programmazione nazionale.

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c. Le schede A07 e A08 che propongono linee di orientamento per il Servizio Sociale e per la prevenzione dell’allontanamento dalla famiglia, richiedono di essere sostenute con importanti finanziamenti, proprio per mettere in atto le risorse necessarie ad attivare servizi preventivi;

d. Appaiono carenti e tra loro scarsamente integrate le misure a favore degli adolescenti (scheda A13), particolarmente nell’ottica di promozione di opportunità, di prevenzione, di cittadinanza attiva. Rispetto alla precedente stesura è inoltre stato eliminato il riferimento "a finanziamenti dedicati" dello Stato;

e. La scheda sul sostegno alla frequenza scolastica contro l’esclusione sociale (A14) introduce le "zone di educazione prioritaria "e le "scuole di seconda occasione" che suggeriscono "categorizzazioni" e strumenti "potenzialmente ghettizzanti", contrari agli indirizzi di integrazione sociale;

e. Nella scheda relativa ai minori disabili e con difficoltà di apprendimento (B07), proprio per i motivi sopra indicati, è "discutibile" l’introduzione della "salvaguardia di scuole specialistiche integrate" per favorire l’apprendimento in presenza di specifiche disabilità;

f. Riguardo all’azione sul ricongiungimento familiare degli stranieri (D01), premesso che la legge 94/09 ha ristretto tale opportunità anche rispetto alla certezza dei tempi, si segnala che, per promuovere interventi di qualità, occorre prevedere l’informazione agli Enti locali sulle domande e sulla tempistica del ricongiungimento, in modo da consentire loro di organizzare preventivamente l’accoglienza del ragazzo, (es: nei servizi educativi, nell’ambito del diritto allo studio, etc.)

g. Sul rafforzamento del ruolo delle seconde generazioni (D07), occorre considerare che, dal punto di vista della loro condizione giuridica, i minori e gli adolescenti in questione, vivono, in linea di massima, una condizione di "inferiorità" rispetto ai loro coetanei con cittadinanza italiana. E’ una consapevolezza che si evidenzia soprattutto al compimento del diciottesimo anno

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di età, quando per la prima volta sono chiamati a giustificare la loro presenza in funzione dell’ottenimento di un permesso di soggiorno per motivi di studio o di lavoro, con l’improvvisa percezione della loro potenziale esclusione dalla società in cui sono cresciuti. Occorre inoltre non trascurare l’aspetto della cittadinanza, anche tramite la modifica della legge 91/92, come peraltro previsto, nella precedente stesura del Piano.

Infine, non ultimo in ordine di importanza, ma collegato allo stesso successo del Piano, si sottolinea che per le rilevanti funzioni conferite dalla norme statali all’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, è importante ed urgente procedere alla riconferma di tale organismo, di perdurante utilità, per analisi, proposte e valutazioni, che vedano correttamente rappresentate le diverse istanze istituzionali e sociali 1.

1 Art 10 DPR 103/2007. "Tre mesi prima della scadenza del termine di durata, l'Osservatorio e il Centro di documentazione presentano una relazione sull'attività svolta ai Ministri delle politiche per la famiglia e della solidarietà sociale, che le trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 29, comma 2-bis, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ai fini della valutazione congiunta della perdurante utilità degli organismi e della eventuale proroga della durata, comunque non superiore a tre anni, da adottarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri delle politiche per la famiglia e della solidarietà sociale."

A conclusione di quanto esposto, al di là degli aggiustamenti tecnici sopra evidenziati, il mancato riferimento a risorse finanziarie e la non determinazione dei livelli essenziali (come previsto dall’articolo 117, lettera m) della Costituzione), non consente allo stato attuale una valutazione positiva sul Piano e sulla sua concreta operabilità.

Roma, 28 ottobre 2010

281010piano_infanzia.pdf