Conferenza Regioni
e Province Autonome
Doc. Approvato - Incentivi alle imprese: Regioni su riforma

giovedì 17 febbraio 2011


in allegato il documento in formato pdf

 

CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME - 11/15/CR03a/C2

  

Valutazioni sul D. Lgs. di riforma degli incentivi alle imprese esaminato in via preliminare dal

Consiglio dei Ministri del 9 febbraio 2011

 

In premessa occorre evidenziare che tra i Provvedimenti esaminati il 9 febbraio scorso dal Consiglio dei Ministri è stato approvato lo Schema di decreto legislativo di riforma degli incentivi alle imprese, in attuazione della delega prevista dall’art. 3 comma 2 della legge Sviluppo (L. 99/2009). Al riguardo, si sottolinea che la delega è scaduta il 15 febbraio u.s. ed il provvedimento, assunto così in ritardo dal Consiglio dei Ministri, non potrà acquisire i previsti pareri della Conferenza Stato-Regioni e delle commissioni parlamentari. Si segnala altresì che alle Regioni erano state date assicurazioni circa la volontà del Governo di richiedere una proroga di sei mesi del termine per l’esercizio della delega. Ciò avrebbe consentito di pervenire ad un testo condiviso fra lo Stato e le Regioni e di consultare anche le associazioni di categoria.

Il provvedimento, al contrario, è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri secondo la procedura d’urgenza di cui all’art. 2, c. 5 lett. b) del D. Lgs. n. 281/1997 e trasmesso dalla Segreteria della Conferenza Stato-Regioni l’11 febbraio scorso.

Si fa presente, inoltre, che, in via generale, lo schema di Decreto legislativo contiene: norme prevalentemente di carattere ordinamentale; il rinvio ad atti successivi; la carenza di un’adeguata copertura finanziaria; nonché  un’impostazione accentrata di competenze già conferite alle Regioni con le leggi Bassanini prima, e con la riforma costituzionale del Titolo V, poi.

Si sottolinea che tale disegno non contempla la richiesta avanzata più volte dalle Regioni, da ultimo nel corso dell’incontro del 9 dicembre scorso fra il Ministro Romani e gli Assessori alle attività produttive regionali, circa la necessità di prevedere nell’ambito della riforma un ruolo diverso e più strategico alla Sede stabile di concertazione attualmente prevista dalla legge 296/06 che consenta alle Regioni di partecipare attivamente alla fase ascendente di impostazione delle politiche industriali.

Di seguito si riportano alcuni elementi di criticità che emergono dalla lettura puntuale dello Schema di decreto legislativo:

1.      Lesione delle competenze regionali in materia di incentivi

Lo schema di decreto legislativo appare lesivo delle prerogative delle Regioni di cui all’art. 117 Cost. in quanto attrae in capo allo Stato le competenze legislative e amministrative in materia di industria e di sviluppo locale senza prevedere alcun percorso di concertazione sostanziale con le Regioni.

Com’è noto, l'attrazione in sussidiarietà allo Stato di funzioni spettanti alle Regioni, secondo la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, comporta la necessità che lo Stato coinvolga le Regioni stesse «poiché l'esigenza di esercizio unitario che consente di attrarre, insieme alla funzione amministrativa, anche quella legislativa, può aspirare a superare il vaglio di legittimità costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, ovvero sia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealtà» (sentenza n.303 del 2003).

Al contrario, la scelta normativa del Governo è andata nella direzione di un’attuazione esclusivamente del comma 2 dell’art. 3 della legge 99/2009,  ignorando le disposizioni previste dal comma l dello stesso articolo, che prevedeva, proprio nel rispetto del riparto delle competenze fra lo Stato e le Regioni, una concertazione forte fra i due livelli di governo in ordine alle scelte strategiche per lo sviluppo unitario del sistema produttivo.

Si evidenzia, inoltre, che nello schema di decreto legislativo in oggetto la concertazione con le Regioni si limita all’espressione di un mero parere della conferenza Stato-Regioni per la fase di programmazione triennale (art. 3, comma 1).

Nell’impostazione dello schema di provvedimento, verrebbe a delinearsi un regime di incentivazione alle PMI, parallelo a quello implementato dalle Regioni, che in ragione dei tagli al Fondo Unico, diventa, nei fatti, sostitutivo, sottraendo alle Regioni le competenze attribuite dalla Costituzione.

Risulta, inoltre, paradossale che al comma 2 dell’art. 2, il principio di sussidiarietà venga svilito, sostituendolo con la previsione di una mera compartecipazione finanziaria delle Regioni ai programmi ministeriali.

E’ problematico parlare di compartecipazione finanziaria delle Regioni e non prevedere un adeguato riferimento alla partecipazione delle stesse  nei processi di programmazione (Intesa sulla programmazione triennale).

 2.      Il provvedimento non è accompagnato da una ricognizione delle risorse finanziarie disponibili

 Nel complesso lo schema di decreto legislativo contiene una proposta di disciplina delle modalità di concessione delle agevolazioni, non accompagnata da alcuna ricognizione delle risorse economiche effettivamente disponibili per il sostegno delle imprese, condizione imprescindibile per poter procedere ad una reale razionalizzazione delle varie forme di incentivazione oggi in essere. Ricognizione che le Regioni in molteplici occasioni hanno sollecitato e che sembra sottesa anche dalla stessa legge delega n. 99 del 2009 là dove, all’art. 3, comma 2, lettera i) si prevede che alle piccole e medie imprese sia destinata una quota di risorse, tra quelle che risultino effettivamente disponibili in quanto non destinate ad altre finalità, non inferiore al 50 per cento.  

 3.      Svilimento del ruolo della Sede stabile di concertazione

 

L’art. 1, comma 846 della legge finanziaria 296 del 2006 (ancora vigente) prevede la costituzione presso il Ministero dello sviluppo economico di una sede stabile di concertazione composta dai rappresentanti delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano e delle amministrazioni centrali dello Stato anche per la “formulazione di proposte per il riordino degli incentivi”.

La Sede Stabile nel disegno riformatore viene depotenziata rispetto alle competenze attribuite dalla L. 296/2006 e ridotta a mero organo consultivo, venendo a mancare le funzioni di confronto e concertazione tra il Governo e le Regioni. In sostanza nello schema di decreto si svuota la sede stabile di concertazione della sua funzione propulsiva per attribuirle una funzione esclusivamente consultiva (non prevista dalla norma istitutiva) e con riferimento solo ai progetti strategici per lo sviluppo e la competitività di cui all’art. 5, interessanti più Regioni.

In sostanza il comma 5 dell’art. 5 prevede funzioni, per la Sede stabile di concertazione, non previste dalla norma istitutiva. La Sede stabile di concertazione non può essere sostitutiva delle procedure di consultazione tra Stato e Regioni previste dal Dlgs 281/1997 (come previsto dal citato comma 5 art. 5).

Si ritiene che in occasione dell’esercizio della delega sia utile formalizzare un nuovo ruolo per la sede stabile di concertazione ufficializzando quanto richiesto dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome e prevedendo un ruolo preminente per la Sede stabile nella fase ascendente della formazione dei provvedimenti.

Sarebbe pertanto necessario introdurre nell’ambito dell’art. 2 dello schema di provvedimento concernente “Coordinamento degli interventi statali e regionali a sostegno del sistema produttivo” una nuova definizione dei compiti e delle funzioni della Sede stabile di concertazione tra il Ministero e le Regioni e Province autonome, in coerenza con quanto sopra specificato.

 Roma, 17 febbraio 2011

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