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Buongiorno a tutti. 
Voglio ringraziare la Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome e il suo Presidente Massimiliano Fedriga per aver promosso questa iniziativa e per le parole che il Presidente Fedriga ha appena pronunciato. 
Ci sono, nel suo intervento, molti spunti interessanti, proposte importanti sui quali ovviamente intendo tornare al corso di questo intervento. Voglio salutare il Presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, padrone di casa di questa seconda edizione del Festival, e i Ministri, gli altri Presidenti di Regione e delle Provincie Autonome, i Sindaci, gli amministratori locali, rappresentanti del mondo produttivo, sociale, economico che prendono parte a questa due giorni. 
L'anno scorso io non sono riuscita a partecipare in presenza a questa iniziativa, mi ero presa un impegno con il Presidente Fedriga e con tutta la Conferenza di essere presente. Quest'anno sono contenta di aver potuto onorare quell'impegno, sono contenta di avere, in questo particolare momento, un'occasione di confronto, sono contenta di farlo qui a Torino, perché questa città non è una città come le altre.
È la prima capitale dell'Italia Unita, un significato estremamente importante per la nostra storia, e voglio dire che ho apprezzato moltissimo il fatto che, come ricordava il Presidente Fedriga, la Conferenza abbia scelto di valorizzare alcuni luoghi-simbolo di questa città, che sono luoghi- simbolo della nostra storia, di coinvolgere in questa iniziativa tutto il tessuto cittadino. 
Trovo molto bella l'iniziativa di allestire in Piazza Castello il Villaggio delle Regioni, per mettere in mostra, valorizzare le eccellenze di ogni singolo territorio. È una scelta che ancora una volta ci ricorda quanto l'Italia sia in fondo soprattutto un mosaico di territori dalle potenzialità straordinarie. 
Ogni territorio può contare su energie, su risorse estremamente importanti che meritano però prima di essere conosciute, riconosciute e poi ovviamente di essere valorizzate e di essere messe in rete. Perché questo patrimonio è il nucleo della nostra forza economica, della nostra forza culturale ed è anche fondamentale per rafforzare il senso di appartenenza di questa Nazione, il nostro sentimento di appartenere a una comunità. È un legame identitario, culturale, economico, sociale, che è fondamentale dal mio punto di vista a tutti i livelli, saper rafforzare nelle scelte di ogni giorno.
Noi oggi siamo in questo splendido teatro, che è uno dei templi della cultura nazionale, il Festival ne tocca molti altri altrettanto simbolici e si conclude in un luogo unico, che è il Parlamento Subalpino, l'aula parlamentare dove l'Italia ha mosso i suoi primi passi, sulle gambe di Camillo Cavour, Giuseppe Garibaldi, Massimo D'Azeglio, Vincenzo Gioberti, Alessandro Manzoni e di tanti altri patrioti italiani, il cui amore ha permesso a tutti noi di essere qui oggi. 
A Palazzo Chigi c'è, davanti alla Sala Verde, che è la sala dove di solito si svolgono incontri con le Parti sociali, dove si svolgono molte riunioni, c'è un'altra sala nella quale sono esposti i ritratti di tutti i Presidenti del Consiglio dall'unità d'Italia ad oggi. 
Il primo ritratto in ordine cronologico è quello proprio di Cavour. Ed è ogni volta che mi capita di passare davanti a quella carrellata di storia che si conclude con un altro ritratto, beh.. si sente addosso il peso della responsabilità, che si porta sulle spalle nel guidare una Nazione come l'Italia. 
Perché bisogna ricordarsi che si è eredi di una storia straordinaria, una storia fatta di grandi sacrifici, fatta di grandi imprese, ed esserne all'altezza è ovviamente difficilissimo, non consente leggerezza, non consente superficialità, non consente personalismo. 
Perché lo dico? Perché noi oggi non siamo più nel Risorgimento italiano, ovviamente, però penso che lo spirito, il coraggio, la determinazione di quei giovani ribelli che hanno fatto l'Italia siano alla fine il carburante più performante che possiamo mettere nella macchina di questa Nazione. Allora a me piace immaginare che 162 anni dopo la proclamazione dell'unità d'Italia, quei sentimenti, nonostante tutti i nostri limiti e tutti i nostri problemi, possano essere ancora quello che ci muove e che in fondo anche nelle tante divisioni che questa Nazione ama sempre mettere in luce, tutti ricordiamo che facciamo parte di una grande comunità consapevole che alla fine si vince e si perde tutti insieme. 
Allora lo dico qui davanti a voi perché credo che le Regioni, le Province autonome, le Province, le Città metropolitane, i Comuni, siano alla fine i primi custodi di questo legame sociale e credo che noi si debba partire proprio dalla forza di questo legame per affrontare insieme le sfide che l'Italia ha davanti.
Questo Governo crede molto fortemente nella collaborazione tra tutti i livelli nei quali si articola la nostra Repubblica perché siamo consapevoli del fatto, come dicevo, che nessuno può pensare di affrontare da solo questioni che tutti sappiamo essere di estrema complessità, a partire da quelle che avete scelto di mettere al centro di questa edizione del Festival: le infrastrutture strategiche, lo sviluppo, l'ammodernamento della Nazione. 
Io sono d'accordo con il Presidente Fedriga quando dice che è necessario portare avanti politiche adeguate e interventi strutturali per non consegnare le chiavi del nostro sistema produttivo, del nostro sviluppo, a Stati terzi. Quello dell'autonomia strategica è un tema che questo Governo ha posto fin dal suo insediamento, sia a livello nazionale che nei contesti e nei consessi internazionali. 
Prima dell'avvento della pandemia, chi poneva questo problema veniva spesso bollato come un autarchico. Poi però quando la pandemia è arrivata noi ci siamo resi conto che le cose non erano andate esattamente come ci si aspettava. C'era stata raccontata una globalizzazione, l'ho detto tante volte, lo ribadisco anche qui, che avrebbe da sola risolto tutti i problemi, un libero commercio senza regole, che avrebbe naturalmente democratizzato i processi, che avrebbe naturalmente distribuito la ricchezza. 
Le cose non sono andate così, sono andate in modo molto diverso. La ricchezza non si è distribuita ma si è verticalizzata, i sistemi non si sono democratizzati ma i sistemi meno democratici dei nostri sono involuti sul piano dei diritti ma hanno guadagnato campo nel mondo grazie a quel libero commercio senza regole. E noi, i sistemi democratici, abbiamo perso terreno, perché ci siamo scoperti a non controllare più niente delle nostre catene di approvvigionamento fondamentali. Questo è quello che è accaduto e ovviamente il risultato è stato che noi ci siamo trovati esposti a qualsiasi, si direbbe, “battito d'ali di farfalla” dall'altra parte del mondo che produce una tempesta a casa nostra.
Oggi il tema va a posto con forza, con intelligenza. Con la guerra in Ucraina abbiamo poi scoperto quanto fossimo esposti sul piano energetico, quanto anche qualcosa fosse mancato nelle grandi strategie dell'Unione europea, di un'unità che nasceva ai tempi della CECA come Comunità economica del carbone e dell'acciaio. 
Nasceva per mettere in rete sostanzialmente la strategia di approvvigionamento sulle materie prime e l'energia. E quando sono arrivati gli shock noi abbiamo scoperto che quello che non controllavamo erano le materie prime e l'energia. 
E allora che cosa accade? Accade che le crisi sono anche un'occasione. 
Sono un'occasione di mettersi in discussione, sono un'occasione di rivedere le proprie strategie, sono un'occasione per aprire gli occhi. E io credo che nelle crisi che noi stiamo affrontando ci siano delle occasioni. 
È la ragione per la quale, ad esempio, questo Governo lavora molto non solo sul tema delle catene di approvvigionamento, non solo sul tema dell'approvvigionamento energetico, ma lavora ancora di più per restituire al Mediterraneo la sua centralità e la sua capacità di essere un ponte tra due continenti, continente europeo e continente africano, proprio per mettere in rete l'approvvigionamento prevalentemente energetico. 
È una scelta di strategia, perché se il futuro è il tema delle materie prime, allora io devo ricordare che l'Africa non è un continente povero.
Devo ricordare che mentre l'Europa ha un problema di approvvigionamento energetico, l'Africa è potenzialmente un enorme produttore di energia e che le due cose possono stare insieme con investimenti strategici, con reti di collegamento alle quali noi lavoriamo. 
Il cavo sottomarino con la Tunisia che collega sul piano elettrico le due Nazioni, è uno di questi esempi ma stiamo lavorando su molte di queste infrastrutture. 
Scelte strategiche, quello che è mancato spesso alla nostra Nazione, che forse è mancato spesso anche a un'Europa che oggi si trova però a dover fare i conti con questa realtà. Il Piano Mattei per l’Africa, progetto strategico sul quale l'Italia punta a coinvolgere soprattutto l'Europa, risponde esattamente a questo obiettivo. 
È un progetto che noi stiamo elaborando, insieme ai Paesi africani, che porteremo in Parlamento sul quale chiederemo il coinvolgimento di tutti, ma significa mettere insieme molte cose. Lo sviluppo di Paesi africani di fronte a una situazione esplosiva per la quale il governo dei flussi migratori diventa ovviamente estremamente difficile, significa restituire all'Italia il ruolo che ha nel Mediterraneo. 
Perché noi siamo una piattaforma nel Mediterraneo e troppo spesso non ci siamo resi conto delle opportunità che il nostro posizionamento geostrategico ci offriva. Oggi possiamo recuperare quel ruolo, l'Italia può diventare l'hub di approvvigionamento energetico d'Europa e la prima fila del dialogo col continente africano. 
Sono le scelte strategiche che stiamo cercando di fare, ne parlo con voi perché chiaramente sono scelte che vanno condivise con i vari livelli istituzionali. 
Il Presidente Fedriga ha affrontato un altro tema che mi sta particolarmente a cuore, quello che tocca la perequazione infrastrutturale, la necessità di colmare i divari tra città e aree interne. Noi chiaramente siamo la Nazione dei campanili, dei borghi, delle aree collinari e montane. Sono luoghi che conservano la nostra identità più autentica, che non devono essere lasciati indietro dalla provincia, da quello che qualcuno definirebbe l'Italia profonda. Dove la nostra Nazione trae gran parte della sua forza produttiva, culturale, industriale. 
E questa è la ragione per la quale il Governo ha deciso di dare un nuovo impulso alla strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne, prendersi cura di quei territori che sono oggi a rischio spopolamento. Noi lo sappiamo, non ce lo dobbiamo ribadire, siamo una Nazione nella quale i divari tra città e aree interne, tra Nord e Sud, tra costa tirrenica e costa adriatica, tra pianura e montagna, sono sempre molto evidenti e per paradosso rischiano di aumentare.
Noi pensiamo che una leva straordinaria per intervenire su questi divari, per colmarli progressivamente, sia soprattutto utilizzare al meglio le risorse, tutte le risorse nazionali ed europee che abbiamo a disposizione in un quadro di insieme. 
E cioè evitando dispersioni, evitando duplicazioni, evitando interventi che non siano strutturali. 
E qui chiaramente non possono venire al tema del PNRR, della programmazione dei Fondi europei 2021-2027 che il Presidente Fedriga citava nel suo intervento. È necessario qui fare una premessa. Il PNRR definito, diciamo in via definitiva nel 2021, sappiamo che non ha dato alle Regioni il giusto peso in termini di programmazione. 
Questo ha generato in alcuni casi il finanziamento di interventi che non erano completamente in linea con i fabbisogni e, in altri, non è riuscito a ridurre i divari che esistono in alcune parti del territorio. 
Parallelamente, lo Stato definiva, sempre nel 2021, la nuova programmazione 2021-2027 ed era un lavoro separato da quello del PNRR, con il rischio chiaramente che non si tenga conto da un lato di quello che si stava programmando dall'altro lato. 
E questo inevitabilmente ha rischiato di generare un disallineamento e ha generato un paradosso: da una parte lo Stato ha richiesto tutta la sua quota a debito nell'ambito del PNRR, dall'altra gli oltre 46 miliardi di Fondi europei a fondo perduto per le politiche di sviluppo e coesione territoriale sono state programmate con programmi, linee, azioni che rischiavano di essere scollegati dal resto del lavoro. 
E questa è la ragione per la quale noi abbiamo deciso di intervenire in maniera diversa, riunendo sotto una stessa delega sia la gestione del PNRR sia la gestione di Fondi di coesione, perché volevamo dare il più possibile una visione unitaria e strategica alle risorse che avevamo a disposizione.
Abbiamo riorganizzato il Fondo di sviluppo e coesione, istituito gli Accordi per la coesione, che sono un nuovo strumento negoziale di programmazione per valorizzare le risorse legate ai piani investimento nazionali e europei e agire sulle leve di sviluppo dei territori. Gli Accordi di coesione sono frutto chiaramente di un lavoro di squadra, vengono sottoscritti dal Governo nazionale e dalle Regioni, interessano priorità che devono essere condivise: le proposte arrivano dalle Regioni ma per essere finanziate devono saper rientrare in una strategia complessiva di sviluppo. 
Inoltre con questi Accordi il Governo si impegna a trasferire alle Regioni le risorse del Fondo Sviluppo e Coesione 2021-2027 a copertura della quota regionale di cofinanziamento dei programmi della politica di coesione europea, cosa che io considero particolarmente importante perché chiaramente molte Regioni avrebbero difficoltà altrimenti a partecipare ai programmi europei senza questo sostegno. Così come, dall'altra parte, gli Accordi prevedono un meccanismo automatico di definanziamento per le eventuali risorse che non vengono utilizzate: laddove non vengano rispettati i tempi, laddove quelle risorse dovessero rischiare di andare disperse, verranno utilizzate per altro. 
Quindi c'è anche un lavoro che viene fatto, ovviamente, per superare le inerzie, le inadempienze, i poteri sostitutivi, però noi dobbiamo riuscire a spendere al meglio tutte queste risorse. Perché non ne abbiamo molte, perché ci sono tantissime cose da fare ed è importante che per questo obiettivo lavoriamo tutti insieme.
Noi abbiamo firmato qualche giorno fa con la Regione Liguria, con il Presidente Toti, il primo di questi Accordi. Sono in atto le istruttorie per la sottoscrizione di tutti gli altri e chiaramente spero che si possano concludere in breve tempo. 
È un lavoro che richiede approfondimento, confronto, che però ci consente di realizzare interventi duraturi, strutturali, che facciano parte di una strategia di insieme di questa Nazione. Ci consente di assicurare la concentrazione strategica agli interventi e di non disperdere le risorse, con l'obiettivo di rendere questa Nazione più competitiva in un lasso di tempo breve. 
Parallelamente a questo percorso di revisione ai Fondi di coesione, abbiamo lavorato su un altro strumento che io considero molto efficace per ridurre, particolarmente in questo caso, il divario tra Nord e Sud, che è la ZES unica, la Zona Economica Speciale unica per tutte le Regioni del Mezzogiorno. Considero questa una grande vittoria, una grandissima opportunità per il Mezzogiorno di competere finalmente ad armi pari con il resto della Nazione e non solo.
Il Presidente Fedriga ha più volte sottolineato quanto sia importante la collaborazione tra Stato e Regione, io sono su questo assolutamente d'accordo con lui, penso che una leale collaborazione tra i diversi livelli pubblici sia un presupposto irrinunciabile per dare risposte concrete ai cittadini, che poi è quello che vogliamo tutti, è quello che tutti quanti abbiamo la responsabilità di fare. 
Penso anche però che questa leale collaborazione tra Governo e Regioni non possa limitarsi solamente alla critica assegnazione delle risorse, penso che debba riguardare la strategia alla base degli interventi che vengono messi in campo e finanziati, perché la strategia complessiva di questa Nazione non è solamente responsabilità di un livello istituzionale. 
Funziona e si ottiene semplicemente e solamente se noi riusciamo a lavorare tutti nella stessa direzione, se riusciamo a capire quale sia il ruolo di questa Nazione nel mondo, nel contesto geopolitico, nelle crisi che sono in atto.
Forse questa è la grande domanda a cui l'Italia non sempre è stata in grado di rispondere. Quale dovesse essere il nostro ruolo. Quali fossero le nostre specificità da valorizzare. Su questa domanda e sulla risposta da dare a questa domanda, chiaramente per me e per noi è fondamentale che si riesca a lavorare insieme. 
Chiaramente la realtà delle cose ci dice che c'è un tema relativo al lavoro che noi facciamo insieme, che riguarda la burocrazia e il tema della semplificazione. Lo sappiamo benissimo tutti, i permessi, le compatibilità paesaggistiche, le conferenze di servizi. La nostra macchina è ancora troppo lenta, lo sappiamo, impatta su tutti. Oggi, voglio dire, per realizzare un'infrastruttura elettrica servono di media dai 4 ai 17 mesi per ottenere un'autorizzazione per lavori che magari durano 10 mesi.
In media il tempo di attraversamento amministrativo, cioè dalla progettazione al cantiere supera in alcuni casi addirittura il 50% dell'intero periodo necessario alla realizzazione dell'opera. Quindi su questo è assolutamente necessario fare uno sforzo in più, lo dico per offrire la piena disponibilità del Governo a lavorare sullo snellimento delle procedure. Il discorso è valido anche per gli interventi che sono legati al PNRR, perché molti già sono in fase di autorizzazioni, ma penso che dobbiamo correre, correre, correre. 
Che dobbiamo correre tutti insieme e che dobbiamo su questo capire che la capacità per ciascuno di noi di fare la sua parte, dall'accelerazione delle procedure in poi fa la differenza su quello che il PNRR riuscirà davvero a produrre in termini di ammodernamento della nostra Nazione. 
E questo, per quello che riguarda i benefici, riguarda anche il tema che il Presidente Fedriga citava della difesa del territorio, della prevenzione dei rischi legati al dissesto ideologico, agli eventi climatici estremi. Lo abbiamo affrontato tutto, lo vediamo ogni giorno e voglio dire che raccolgo molto volentieri l'appello della Conferenza su questo, assicuro la disponibilità del Governo a varare una nuova stagione di semplificazione, ad approfondire le materie che il Presidente Fedriga citava, ad esempio in relazione alle norme ambientali, così come, dall'altra parte, a portare avanti con ancora più decisione e determinazione la stagione delle riforme di cui questa Nazione ha bisogno.
Io sarò molto chiara su questo punto. L'autonomia differenziata proseguirà senza stop. Questo Governo ha fatto in pochi mesi molto più di quello che era stato fatto in passato, ha approvato la legge quadro per fissare le regole, ha stabilito l’iter per arrivare alla fissazione dei livelli essenziali delle prestazioni, la garanzia per rendere effettivo il godimento delle prestazioni inerenti ai diritti sociali in ogni parte d'Italia. 
Penso che l'autonomia, a differenza di quello che da molte parti si dice, sia in realtà l'occasione per costruire un'Italia più unita, più coesa, più forte, un'Italia che sia capace di viaggiare a una sola velocità nella quale venga garantito a tutti i cittadini lo stesso livello di servizi. 
Il nostro obiettivo è attuare così il principio della sussidiarietà che è sancito dalla Costituzione, dando più poteri alle Regioni che avranno dimostrato di saper gestire in modo virtuoso le risorse attribuite, garantendo sempre la piena coesione nazionale e la tutela di ogni parte d'Italia e di ogni cittadino.
Quello che abbiamo avanti, parallelamente, sarà anche l'anno delle riforme, con cui intendiamo cambiare l'architettura istituzionale di questa Nazione, con una norma che consenta agli italiani di decidere da chi farsi governare, che impedisca i ribaltoni, che impedisca i giochi di palazzo, che assicuri stabilità ai governi. E nessuno più di un Presidente di Regione che quando viene eletto riesce agevolmente a governare cinque anni, a disegnare la sua strategia e a non dover vedere quella strategia smontata e rimontata in capo a un anno e mezzo, con risultati che sono drammatici sul piano economico, come invece è accaduto per questa Nazione. 
Perché quando il proprio orizzonte è troppo breve, quando il proprio orizzonte medio è un anno e mezzo, è normale che si tenda a privilegiare la spesa pubblica e gli investimenti, è normale che si tenda a privilegiare quello che torna subito in termini di consenso, anche se non è la cosa più importante da fare sul piano della strategia, è normale che quella strategia non si riesca a fare. 
E non è un caso se nei primi venti anni di questo millennio, prima dell'avvento della pandemia, in Italia c'erano stati, credo, undici Presidenti del Consiglio, in Francia, se non vado errato, quattro Presidenti della Repubblica, in Germania tre Cancellieri e parallelamente Francia e Germania crescevano più del 20% e l'Italia meno del 4%.
O ci diciamo che tutta la classe politica italiana è più scarsa di quella francese e tedesca, e io non lo penso, o qualcosa è sbagliato nel sistema. E quello che è sbagliato nel sistema è che quando non si ha stabilità non si riesce a lavorare su quello che non torna immediatamente in termini di consenso. 
Credo che questo i Presidenti delle Regioni lo sappiano bene e l'augurio che esprimo oggi davanti a voi in questa occasione è che il confronto sulle riforme possa essere concentrato sul merito e non basato su pregiudizio preconcetti ideologici. Una democrazia più forte, più veloce, più efficiente è soprattutto una democrazia che riesce ad accompagnare meglio le imprese, a sostenere lo sviluppo, a rispondere ai bisogni delle persone, a rispondere ai bisogni delle famiglie.
E concludo con un ultimo punto che è stato toccato dal Presidente Fedriga, che è la questione della sanità. Sono anche qui d'accordo con lui. Il Governo - ringrazio il Ministro Schillaci e gli altri Ministri che sono presenti qui, il Ministro Fitto per il lavoro che raccontavo sui Fondi di coesione, il Ministro Calderoli per il lavoro che sta facendo a 360 gradi, particolarmente sulla autonomia - sta lavorando per garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini. Siamo su questo assolutamente aperti, pronti a qualsiasi tavolo di confronto per studiare quali siano nella condizione nella quale siamo chiamati a operare le modalità migliori per raggiungere questo obiettivo. 
Io penso che l'obiettivo principale per ognuno di noi sia la sostenibilità del sistema sanitario, ben sapendo che ci muoviamo in un contesto che è molto complesso, voi lo conoscete forse persino molto meglio di me, caratterizzato da elementi che rendono questa materia sempre più difficile da affrontare: il progressivo aumento della vita media, la riduzione della popolazione attiva, la diffusione di patologie correlate all'invecchiamento molto costose, l'aumento delle incidenze di malattie croniche invalidanti, la diffusione di tecnologie mediche che sono sempre più avanzate e anch'esse sempre più costose, così come molto costosi sono i farmaci innovativi. È sicuramente una situazione complessa che bisogna gestire con attenzione e con capacità di coesione.
E chiaramente parto dal presupposto che costruire un Sistema sanitario nazionale efficiente e efficace è l'obiettivo di tutti, dei Presidenti delle Regioni, dei Presidenti delle Province autonome, del Governo, di ciascuno di noi. E penso che sarebbe miope perseguire questo obiettivo e concentrare tutta la discussione esclusivamente sull'aumento o meno delle risorse. Noi dobbiamo avere un approccio, credo, diverso, più profondo, dobbiamo provare a confrontarci tutti con coraggio, lealtà e verità anche su come quelle risorse vengono spese. Perché non basta necessariamente spendere di più per risolvere i problemi, se poi ad esempio quelle risorse venissero utilizzate in modo inefficiente. 
Allora io credo che la sfida più difficile da affrontare, e che possiamo affrontare solamente insieme perché richiede un lavoro molto più attento e complesso, sia esattamente questo. 
E voglio dirvi che sono e siamo assolutamente pronti a fare questo lavoro molto importante e molto difficile e sono anche certa che avrò al mio fianco, che avremo al nostro fianco le Regioni e le Province autonome con una competenza, una consapevolezza che chiaramente è fondamentale per fare questo ragionamento. 
Noi abbiamo appena approvato la Nadef, stiamo scrivendo la Legge di bilancio, ovviamente i margini di manovra sono limitati anche a causa di quello che ci dicevamo, dell'eredità che si raccoglie da una politica il cui orizzonte è troppo breve e quindi a volte ha preferito diciamo le scelte più facili a quelle più ragionate, ma non vogliamo rinunciare a occuparci di salute.
Io penso, partendo dal potenziamento delle risorse per il personale medico-sanitario, prevedendo un intervento deciso per abbattere le liste d'attesa, è un impegno che ci siamo presi in prima persona, che è stato ribadito anche dal Ministro, che è stato ribadito in Parlamento, è un impegno che voglio ribadire anche oggi in questa sede davanti a voi. 
E chiaramente bisogna lavorare su questo anche, sono d'accordo con il presidente Fedriga, passo dopo passo. Il vantaggio che abbiamo è un orizzonte di legislatura. 
In quell' orizzonte di legislatura si possono cadenzare gli interventi, non si può fare tutto subito, non ci dobbiamo prendere in giro. Ma si può fare una strategia, si può lavorare insieme su quella strategia, si possono cadenzare gli interventi, perché le priorità sono molte e le risorse sono poche.
Il Presidente Fedriga parlava del tema dei salari. Credo che si possa riconoscere il fatto che è stata la priorità di questo Governo dall’arrivo, dal suo insediamento, in una situazione nella quale chiaramente l'inflazione mordeva, i cittadini, le famiglie perdevano capacità di acquisto. Noi abbiamo concentrato le poche risorse che avevamo a sostenere il potere d'acquisto delle famiglie e a rafforzare i salari. Vorremo su questo a confermare i nostri provvedimenti, e se è possibile fare anche qualche passo in avanti, quindi confermare il taglio del cuneo contributivo e cercare di fare anche passi avanti. 
Così come penso che sulla natalità e sulla demografia vadano dati altri segnali. Anche questa è una materia economica, non è un tema ideologico. Signori, possiamo continuare a fare finta di niente, ma il nostro sistema di welfare non può reggere se abbiamo una popolazione che continua a invecchiare, da mantenere, che cresce e sempre meno persone che lavorano per mantenerla.
È semplice, è un sistema di welfare che qualsiasi riforma facciamo non possiamo reggere se non investiamo sulla natalità.
E quindi sono scelte strategiche. Le scelte strategiche di questo Governo per questa legge finanziaria sono sostenere i redditi, sanità, sostenere le famiglie che mettono al mondo dei figli, se possiamo rafforzare ancora di più le pensioni più basse. 
Queste sono secondo noi le priorità in un'ottica nella quale, mi ripeto, ogni anno possiamo cercare di fare un passo in avanti su una strategia che ci siamo dati, perché l'obiettivo passo dopo passo è ovviamente rispettare il programma che gli italiani hanno votato, sul quale ci hanno accordato la loro fiducia, ma soprattutto il nostro obiettivo è rendere questa Nazione più forte. E rendendo questa Nazione più forte rendiamo più forti tutti i suoi livelli istituzionali e tutte le persone che hanno la responsabilità, nella fase forse più difficile della nostra storia repubblicana, di governare i propri cittadini e la propria comunità. 
Quindi grazie per questo confronto e grazie per la disponibilità che avete offerto, che ricambio al di là delle frasi di circostanza. Sono sempre pronta a confrontarmi e sono certa che ci troveremo fianco a fianco nonostante qualsiasi diversità che può esserci di idee o di vedute per perseguire insieme l'obiettivo che tutti insieme abbiamo, che tutti insieme ci diamo, che è amare questa Nazione e renderla forte.
Grazie.



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