Conferenza Regioni
e Province Autonome
Doc. Approvato - Codice contratti pubblici: emendamenti a regolamento

giovedì 22 gennaio 2009


 

 

CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME

 

09/005/CR/C4


SCHEMA REGOLAMENTO DI ESECUZIONE ED ATTUAZIONE DEL DECRETO LEGISLATIVO 12 APRILE 2006 N. 163 RECANTE “CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI RELATIVI A LAVORI, SERVIZI E FORNITURE”

 


 

QUESTIONI DI CARATTERE GENERALE

E RELATIVE PROPOSTE EMENDATIVE

 

 

Roma, 22 GENNAIO 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

PROPOSTE EMENDATIVE ALLO SCHEMA REGOLAMENTO DI ESECUZIONE ED ATTUAZIONE DEL DECRETO LEGISLATIVO 12/04/2006 N. 163 “CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI RELATIVI A LAVORI, SERVIZI E FORNITURE”.

 

 

PREMESSA DI CARATTERE GENERALE

 

In attuazione dell’articolo 5 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, il Governo ha adottato in via preliminare lo schema di regolamento di attuazione ed esecuzione del codice medesimo.

 

L’emanazione del regolamento di attuazione ed esecuzione del codice dei contratti è destinata a portare a compimento l’opera di “codificazione” e semplificazione prevista nella “legge comunitaria 2004” (L. 18 aprile 2005 n. 62), perfezionando e razionalizzando in tal modo il nuovo sistema di regolazione degli appalti, anche mediante l’accorpamento in un testo normativo unificato delle disposizioni di fonte regolamentare: D.P.R. 554/1999, D.P.R. 34/2000 e ogni altra disposizione regolamentare vigente in materia.

 

Il procedimento di formazione del regolamento previsto dall’art. 5 del codice non prevede, come noto, l’acquisizione del parere delle autonomie territoriali in sede di Conferenza Unificata. La Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità della mancata previsione del coinvolgimento delle Regioni nel predetto iter formativo, ha rigettato la censura, non ritenendo violato nella fattispecie il principio di leale collaborazione, sul rilievo che le Regioni potrebbero tutelarsi comunque sollevando conflitto di attribuzioni.

 

Ciò nonostante, attesa la valenza e la portata di un provvedimento di questa importanza, le Regioni hanno ritenuto necessario, sul piano del metodo, fornire il proprio apporto collaborativo, assumendo l’iniziativa di riavviare un percorso condiviso e concertato con il Governo.

 

Nonostante i ristrettissimi tempi tecnici a disposizione, lo schema di regolamento è stato esaminato approfonditamente, sia nel suo impianto generale, sia analiticamente in ogni singola disposizione, considerando prioritariamente il punto di vista dei destinatari del nuovo corpo normativo che saranno chiamati a farne applicazione, in ragione del rilevante impatto, sul piano operativo, delle scelte compiute in ordine alla impostazione prescelta,  alla tecnica di redazione  e alla completezza dell’emanando testo normativo.

 

Dallo sforzo ricostruttivo compiuto, sono emerse, in primo luogo, alcune criticità e carenze di carattere generale e metodologico, dovute alla presenza di profili di contrasto con la norma primaria o addirittura con la giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di contratti pubblici, la cui mancata rimozione potrebbe essere fonte di oggettive difficoltà applicative o di contenzioso anche istituzionale.

 

Per altro verso, il lavoro compiuto è sfociato nella formulazione di precise ipotesi emendative di carattere essenzialmente tecnico, nell’ottica soprattutto di assicurare una maggiore coerenza col codice dei contratti, di semplificare e rendere maggiormente flessibili le procedure e gli adempimenti previsti, nei limiti consentiti dalle scelte compiute dal legislatore. In determinati casi non si sono ritenute condivisibili alcune scelte di attuazione del codice, sicché si sono formulate delle ipotesi di disciplina alternative a quelle adottate dal Governo.

 

 


OSSERVAZIONI DI CARATTERE GENERALE

 

 

-        Un primo aspetto di carattere generale riguarda le modalità di attuazione dell’articolo 5, comma 2, del codice, che demanda al  regolamento il compito di indicare quali disposizioni, esecutive o attuative di disposizioni rientranti, ai sensi dell’art. 4, comma 3, del codice dei contratti, in ambiti di legislazione statale esclusiva, siano applicabili anche alle Regioni e Province autonome.

Nella fattispecie, non si tratta di riproporre una questione di principio in punto di potestà normativa statale e regionale in materia di contratti pubblici, ma di garantire la corretta attuazione del codice in aderenza all’assetto delle competenze delineato dalla stessa  giurisprudenza della Corte costituzionale, in tema di autonomia organizzativa con specifico riguardo alle commissioni giudicatrici.

 

La Consulta, come noto, ha ritenuto legittima la soluzione indicata dal codice di demandare al regolamento l’individuazione delle disposizioni esecutive e attuative applicabili alle Regioni, in quanto per tale profilo il regolamento ha finalità esclusivamente “ricognitive”.

 

In attuazione della norma primaria, dunque,  a tale opera “ricognitiva” il regolamento ha provveduto con l’elencazione di cui all’articolo 1, comma 3. La tecnica utilizzata è stata quella di richiamare tutte le partizioni del regolamento, indicando al contempo le disposizioni eccezionalmente non applicabili alle Regioni e alle Amministrazioni e soggetti diversi dalle Amministrazioni statali. Sostanzialmente, non risultano applicabili (se non in via transitoria e con carattere di cedevolezza) le sole disposizioni regolamentari che si riferiscono a questi istituti:

-        responsabile unico del procedimento

-        programmazione

-        commissione giudicatrice

-        commissione nominata dalla stazione appaltante a supporto del responsabile unico del procedimento per la verifica di congruità delle offerte.

 

Queste esclusioni appaiono eccessivamente limitative, giacché nel corpo del regolamento sono rinvenibili altre disposizioni riconducibili a materie di potestà legislativa concorrente, se non addirittura ad aspetti strettamente organizzativi.

A tale osservazione non vale obiettare che il regolamento si è attenuto alle indicazioni fornite dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 401/2007: difatti la Consulta, in questa pronuncia, ha definito unicamente le questioni sollevate dalle Regioni ricorrenti secondo il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, senza dunque affrontare il nodo delle competenze normative regionali e statali con riferimento agli istituti rimasti estranei all’oggetto del contendere perché pacificamente rientranti nella competenza esclusiva statale ovvero in quella concorrente.

Sotto questo profilo, il lavoro ricognitivo compiuto appare del tutto insufficiente e si richiede pertanto, oltre all’accoglimento delle specifiche proposte emendative presentate con riferimento all’articolo 1,  una più attenta analisi del testo finalizzata all’individuazione delle ulteriori disposizioni regolamentari che, alla luce del riparto delle competenze tra Stato e Regioni, sono destinate alle sole Amministrazioni statali.

Si ritiene opportuno, come minimo, integrare l’elenco delle disposizioni regolamentari non applicabili alle Regioni con l’indicazione delle disposizioni relative:

a)                  alla tutela del lavoro. Si tratta infatti di materia oggetto di potestà legislativa concorrente ex art. 117, terzo comma, Cost., su cui lo Stato non ha pertanto potestà regolamentare se non con riferimento alle amministrazioni statali. Entro questi limiti va pertanto inteso il mandato al regolamento di cui all’art. 5, comma 5, lett. s bis) del Codice di dettare le disposizioni di attuazione ed esecuzione in materia di tutela dei diritti dei lavoratori, secondo quanto già previsto ai sensi del regolamento recante capitolato generale di appalto dei lavori pubblici, approvato con decreto del Ministro dei lavori pubblici 19 aprile 2000, n. 145;

b)                 alla nomina del collaudatore interno o di altra amministrazione. Si ritiene opportuno aggiungere una cedevolezza della norma di cui all'art. 216 (nomina del collaudatore). Non tanto per derogare alla figura, ai suoi compiti e alle incompatibilità, ma quanto ai requisiti per la nomina e al numero dei componenti l'organo di collaudo (si tratta difatti di norme che attengono all'organizzazione). Tale emendamento trova conforto nella sentenza 401/2007 della Corte costituzionale che, sul tema analogo della nomina delle commissioni aggiudicartici ha affermato: "gli aspetti connessi alla composizione della Commissione giudicatrice e alle modalità di scelta dei suoi componenti attengono, più specificamente, alla organizzazione amministrativa degli organismi cui sia affidato il compito di procedere alla verifica del possesso dei necessari requisiti, da parte della imprese concorrenti, per aggiudicarsi la gara. Da ciò deriva che non può essere esclusa la competenza legislativa regionale nella disciplina di tali aspetti. Deve, pertanto, ritenersi non conforme al sistema di riparto delle competenze tra lo Stato e le Regioni la normativa contenuta nei commi in esame, la quale vale certamente nel suo insieme per l’attività contrattuale posta in essere in ambito statale, mentre per le Regioni deve necessariamente avere carattere recessivo nei confronti di una diversa (ove esistente) disciplina specifica di matrice regionale, secondo quanto disposto dall’art. 117, quinto comma, Cost. e dall’art. 1, comma 6, della legge di delega n. 62 del 2005."

 

Ancora in punto di individuazione delle disposizioni regolamentari applicabili alle Regioni, non appare legittimo il richiamo, fatto dall’articolo 1, comma 5, dello schema di regolamento alla legge Scelba, prevedendo l’applicazione alle Regioni, con carattere di cedevolezza, delle disposizioni che dettano la disciplina di attuazione ed esecuzione in materie di potestà legislativa concorrente. Tale richiamo, infatti, manca della copertura della norma primaria e, per giunta,  appare privo di fondamento nel  quadro costituzionale successivo alla riforma del Titolo V della Costituzione, attesa l’attribuzione allo Stato della  potestà regolamentare unicamente in materie di sua competenza legislativa esclusiva.

 

Infine, l’articolo 1 dello schema di regolamento appare lacunoso anche laddove non tiene conto delle particolari condizioni di autonomia di cui godono le Regioni a statuto speciale, espressamente riconosciuta dal Codice dei contratti, sicché si ritiene necessario quanto meno riportare nel regolamento la clausola di salvaguardia in conformità all’articolo 4, comma 5, del codice.

 

 

-        Un secondo aspetto che suscita forti preoccupazioni risiede, questa volta, non nella delimitazione delle competenze normative regionali, bensì nell’indebita compressione ad opera del regolamento dell’autonomia negoziale e, talora, dei poteri discrezionali delle stazioni appaltanti, in contrasto con precise disposizione del codice.

 

Ciò che in particolare si ritiene assolutamente non condivisibile, perché non  aderente alla norma primaria, è l’accorpamento nel regolamento di quasi tutte le disposizioni del D.M. 145/2000,  da cui consegue il sostanziale svuotamento di contenuto del disposto dell’art. 5 comma 7, del codice che, con una precisa scelta a favore della “libertà contrattuale” delle stazioni appaltanti,  riconosce alle stesse la facoltà di approvare un proprio capitolato generale.

Difatti, sebbene la definizione di alcuni aspetti del rapporto contrattuale sia demandata al regolamento di esecuzione ed attuazione, analogamente al sistema Merloni (in tema di penali, esecuzione del contratto, corrispettivo agli esecutori, termini di adempimento), rispetto alla chiarissima scelta liberalizzatrice del codice, il regolamento appare eccessivamente restrittivo, tanto da suscitare forti dubbi di legittimità. Si richiede pertanto di riconsiderare e rivalutare secondo una logica coerente allo spirito e ai principi del codice dei contratti l’inserimento nel regolamento delle disposizioni del D.M. 145/2000.

 

In altri casi, il regolamento si spinge a definire nel dettaglio modalità applicative di disposizioni che, nelle intenzioni del codice, sono per contro rimesse alle scelte discrezionali e alle autonome determinazioni delle stazioni appaltanti. Ad es. in tema di affidamento dei servizi attinenti l’architettura e l’ingegneria di importo inferiore a 100.000 euro, il codice richiama i principi comunitari di parità di trattamento, pubblicità e non discriminazione e la procedura negoziata senza bando prevista per i lavori. La norma è di per sé esaustiva in quanto, da un punto di vista formale,  non dispone un rinvio al regolamento ed evidenzia la volontà di demandare alle stazioni appaltanti, in un’ottica di semplificazione e flessibilità, le modalità con cui in concreto dare attuazione ai predetti principi anche in ragione delle caratteristiche e della rilevanza economica dei singoli servizi da affidare. L’impostazione del regolamento di dettare in modo analitico le procedure e le forme di pubblicità da osservare nell’affidamento di questi servizi risulta pertanto in evidente contrasto con la norma primaria.

 

 

-        Un ulteriore terzo profilo problematico attiene alle modalità di attuazione del principio costituzionale di sussidiarietà all’interno del regolamento: in particolare non si è tenuto in adeguato conto del ruolo e delle competenze  degli enti territoriali nella disciplina di nuova introduzione della validazione dei progetti, privilegiando anche in questi aspetti squisitamente organizzativi e quindi estranei alla tutela della concorrenza, una logica eccessivamente centralista non coerente con lo spirito della riforma del Titolo V della Costituzione. Si ritiene pertanto opportuno un ripensamento dell’impianto delle disposizioni regolamentari sulla validazione dei progetti.

 

-        Un quarto elemento di criticità di carattere sistematico emerso dalla lettura del testo deriva dalla scarsa organicità della disciplina regolamentare dei contratti di servizi e forniture.

 

In primo luogo manca l’attuazione di alcune disposizioni del codice, ad es. laddove rinvia al regolamento la disciplina dei livelli di progettazione nei servizi e nelle forniture.

L’aspetto più problematico, tuttavia, si rinviene nella tecnica legislativa di richiamare per taluni istituti le corrispondenti disposizioni regolamentari in tema di lavori.

Le Regioni ritengono non condivisibile sul piano operativo l’ampio utilizzo di questi rinvii, sia perché rendono di difficile interpretazione ed applicazione le norme stesse, spostando sui destinatari del regolamento il gravoso compito di valutare in che termini la norma sui lavori è compatibile e quindi applicabile anche ai servizi e alle forniture, sia perché spesso la diversità ontologica tra lavori da una parte e servizi e forniture dall’altra, rende le mere estensioni delle disposizioni sui lavori  tecnicamente inapplicabili ai contratti di servizi e forniture.

Si ritiene pertanto doverosa una rivisitazione della parte IV dello schema di regolamento mirata a conferire maggiore organicità alla disciplina di esecuzione ed attuazione del codice dei contratti nel settore dei servizi e delle forniture, consentendo una più agevole lettura ed applicazione delle disposizioni regolamentari.

 


La traduzione in termini normative di quanto rappresentato nella relazione che precede, si sostanzia nelle proposte di emendamento di seguito riprodotte, ciascuna accompagnata dalla relativa relazione.

 

 

ARTICOLO 1 (Ambito di applicazione del regolamento)

- Al comma 3 sono apportate le seguenti modificazioni:

a)      dopo le parole: “- della parte I (disposizioni comuni)” sono aggiunte le seguenti: “con esclusione degli articoli 4, 5 e 6”;

b)      dopo le parole: “- della parte II (contratti pubblici relativi a lavori nei settori ordinari) ad esclusione del titolo I (organi del procedimento e programmazione), dell’articolo 120, commi 3 e 4, dell’articolo 121, comma 6”, sono aggiunte le seguenti: “, dell’articolo 216, commi da 1 a 6”.

 - Al comma 4 sono apportate le seguenti modificazioni:

a)      dopo le parole “le diposizioni del presente regolamento:” sono aggiunte le seguenti: “ - degli articoli 4, 5 e 6”;

b)      dopo le parole: “ - dell’articolo 121, comma 6”, sono aggiunte le seguenti: “, - dell’articolo 216, commi da 1 a 6;”.

- Dopo il comma 5 è aggiunto il seguente:

6.  Le Regioni a statuto speciale e le Province di Trento e Bolzano adeguano la propria  legislazione secondo le disposizioni  contenute negli statuti e nelle relative norme di attuazione.”

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RELAZIONE

Ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del codice il regolamento indica quali disposizioni, esecutive o attuative di disposizioni rientranti ai sensi dell’art. 4, comma 3, del Codice dei contratti, in ambiti di legislazione statale esclusiva, siano applicabili anche alle Regioni e Province autonome.

La Corte costituzionale ha ritenuto legittima la soluzione indicata dal Codice di demandare al regolamento l’individuazione delle disposizioni esecutive e attuative applicabili alle Regioni, in quanto per tale profilo il regolamento ha finalità esclusivamente “ricognitive”. Peraltro, sempre secondo la Consulta, se  il regolamento dovesse esorbitare dalle materie di propria competenza, le Regioni potrebbero tutelarsi sollevando conflitto di attribuzioni.

Per tale ragione la Corte ha ritenuto non dovuto il coinvolgimento delle Regioni nel procedimento di formazione del regolamento.

In attuazione della norma primaria, dunque,  a tale opera “ricognitiva” il regolamento ha provveduto con l’elencazione di cui all’articolo 1, comma 3. La tecnica utilizzata, nella fattispecie, è stata quella di richiamare tutte le partizioni del regolamento, indicando al contempo le disposizioni eccezionalmente non applicabili alle Regioni e alle Amministrazioni e soggetti diversi dalle Amministrazioni statali. Sostanzialmente, non risultano applicabili (se non in via transitoria e con carattere di cedevolezza) le sole disposizioni regolamentari che si riferiscono a questi istituti:

·         RUP

·         programmazione

·         commissione giudicatrice

·         commissione nominata dalla stazione appaltante a supporto del RUP per la verifica di congruità delle offerte.

Queste esclusioni appaiono eccessivamente limitative, in quanto nel corpo del regolamento sono rinvenibili altre disposizioni riconducibili a materie di potestà legislativa concorrente, se non addirittura ad aspetti strettamente organizzativi.

A tale osservazione non vale obiettare che il regolamento si è attenuto alle indicazioni fornite dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 401/2007: difatti la Consulta, in questa pronuncia, ha definito unicamente le questioni sollevate dalle Regioni ricorrenti secondo il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, senza dunque affrontare il nodo delle competenze normative regionali e statali con riferimento agli istituti rimasti estranei all’oggetto del contendere perché pacificamente rientranti nella competenza esclusiva statale ovvero in quella concorrente.

Sotto questo profilo, il lavoro ricognitivo compiuto appare del tutto insufficiente e si richiede pertanto, oltre all’accoglimento delle specifiche proposte emendative presentate con riferimento all’articolo 1,  una più attenta analisi del testo finalizzata all’individuazione delle ulteriori disposizioni regolamentari che, alla luce del riparto delle competenze tra Stato e Regioni, sono destinate alle sole Amministrazioni statali.

Commento alla proposta di emendamento

Si ritiene opportuno integrare l’elenco delle disposizioni regolamentari non applicabili alle Regioni e alle altre amministrazioni non statali con l’indicazione delle disposizioni relative:

a)         alla tutela del lavoro. Si tratta infatti di materia oggetto di potestà legislativa concorrente ex art. 117, terzo comma, Cost. su cui lo Stato non ha pertanto potestà regolamentare se non con riferimento alle amministrazioni statali. Entro questi limiti va pertanto inteso il mandato al regolamento di cui all’art. 5, comma 5, lett. s bis) del Codice di dettare le disposizioni di attuazione ed esecuzione in materia di tutela dei diritti dei lavoratori, secondo quanto già previsto ai sensi del regolamento recante capitolato generale di appalto dei lavori pubblici, approvato con decreto del Ministro dei lavori pubblici 19 aprile 2000, n. 145;

b)         alla nomina del collaudatore interno o di altra amministrazione. Si ritiene opportuno aggiungere una cedevolezza della norma di cui all'art. 216 (nomina del collaudatore). Non tanto per derogare alla figura, ai suoi compiti e alle incompatibilità, ma quanto ai requisiti per la nomina e al numero dei componenti l'organo di collaudo (si tratta difatti di norme che attengono all'organizzazione). Tale emendamento trova conforto nella sentenza 401/2007 della Corte costituzionale che, sul tema analogo della nomina delle commissioni aggiudicartici ha affermato: "gli aspetti connessi alla composizione della Commissione giudicatrice e alle modalità di scelta dei suoi componenti attengono, più specificamente, alla organizzazione amministrativa degli organismi cui sia affidato il compito di procedere alla verifica del possesso dei necessari requisiti, da parte della imprese concorrenti, per aggiudicarsi la gara. Da ciò deriva che non può essere esclusa la competenza legislativa regionale nella disciplina di tali aspetti. Deve, pertanto, ritenersi non conforme al sistema di riparto delle competenze tra lo Stato e le Regioni la normativa contenuta nei commi in esame, la quale vale certamente nel suo insieme per l’attività contrattuale posta in essere in ambito statale, mentre per le Regioni deve necessariamente avere carattere recessivo nei confronti di una diversa (ove esistente) disciplina specifica di matrice regionale, secondo quanto disposto dall’art. 117, quinto comma, Cost. e dall’art. 1, comma 6, della legge di delega n. 62 del 2005."

Il richiamo dell’art. 1, coma 5, alla legge Scelba appare inconferente  rispetto al nuovo assetto istituzionale conseguente alle modifiche del titolo V della Costituzione ed in particolare dell’art.117, nonché della giurisprudenza costituzionale  (sent. n. 303/2003) che inibisce allo Stato il potere di vincolare l’esercizio della potestà legislativa regionale o di incidere su disposizioni regionali preesistenti anche in presenza di principi di sussidiarietà e adeguatezza, poiché ai regolamenti statali non può essere riconosciuto il potere di incidere e modificare gli ordinamenti  regionali a livello primario. Pertanto,  anche quando lo Stato regolamenti con normativa di dettaglio - in presenza della necessità di garantire una disciplina unitaria a livello nazionale non suscettibile di frazionamento - in presenza di una potestà legislativa regionale concorrente, va tenuto conto del  necessario rispetto dei parametri di proporzionalità e ragionevolezza  nonché della previa intesa.  Si ritiene, in ogni caso, necessario riprodurre in conformità a quanto previsto dall’art. 4, comma 5, del Codice la clausola di salvaguardia a tutela delle Regioni e Province autonome.

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TESTO COORDINATO

Art. 1

Ambito di applicazione del regolamento

(art. 1, d.P.R. n. 554/1999)

……………….

3. Ai sensi dell’articolo 5, commi 1 e 2, del codice, le regioni, e ogni altra amministrazione o soggetto equiparato, diversi dai soggetti di cui al comma 2, applicano, in quanto esecutive o attuative di disposizioni rientranti, ai sensi dell’articolo 4, comma 3, del codice, in ambiti di legislazione statale esclusiva, le disposizioni del presente regolamento:

-   della parte I (disposizioni comuni), con esclusione degli articoli 4, 5 e 6;

-   della parte II (contratti pubblici relativi a lavori nei settori ordinari) ad esclusione del titolo I (organi del procedimento e programmazione), dell’articolo 120, commi 3 e 4, dell’articolo 121, comma 6, dell’articolo 216, commi da 1 a 6;

-   della parte III (contratti pubblici relativi ai servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria nei settori ordinari), ad esclusione dell’articolo 252, comma 1;

-   della parte IV (contratti pubblici relativi a forniture e ad altri servizi nei settori ordinari), ad esclusione del titolo I (programmazione e organi del procedimento) e dell’articolo 282, commi 1 e 2;

-   della parte V (contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture nei settori speciali) ad esclusione dell’articolo 342;

-   della parte VI (contratti eseguiti all’estero) ad esclusione dell’articolo 344;

-   della parte VII (disposizioni transitorie e abrogazioni).

4. Ai sensi dell’articolo 10 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, i soggetti di cui al comma 3, applicano, in quanto esecutive o attuative di disposizioni rientranti, ai sensi dell’articolo 4, comma 2, del codice, in ambiti di legislazione regionale concorrente, fino a quando le regioni non avranno adeguato la propria legislazione ai principi desumibili dal codice, le disposizioni del presente regolamento:

-   degli articoli 4, 5 e 6;

-   della parte II, titolo I (organi del procedimento e programmazione);

-   dell’articolo 120, commi 3 e 4;

-   dell’articolo 121, comma 6;

-   dell’articolo 216, commi da 1 a 6;

-   dell’articolo 252, comma 1;

-   della parte IV, titolo I (programmazione e organi del procedimento);

-   dell’articolo 282, commi 1 e 2;

-   dell’articolo 342.

……………

6. Le Regioni a statuto speciale e le Province di Trento e Bolzano adeguano la propria  legislazione secondo le disposizioni  contenute negli statuti e nelle relative norme di attuazione.


 

Osservazioni e proposte in tema di autonomia contrattuale delle stazioni appaltanti

 

Riconfluiscono nel regolamento le seguenti disposizioni del D.M. 145/2000:

-       Art. 7  (tutela dei lavoratori): art. 4, schema regolamento;

-       Art. 13 (pagamento dei dipendenti dell’appaltatore): art. 5, schema regolamento

-       Art. 5, comma 1  (spese a carico dell’appaltatore): art. 32, c. 4, schema regolamento

-       Art. 29 (termini di pagamento degli acconti e del saldo): art. 143 schema regolamento

-       Art. 30 (interessi per ritardato pagamento): art. 144, schema regolamento

-       Art. 22  (penali): art. 145 schema regolamento, in cui riconfluisce anche l’art. 117  del D.P.R. 554/1999

-       Art. 9 (riconoscimenti a favore dell’appaltatore in caso di ritardata consegna dei lavori): art. 157 schema regolamento

-       Artt. 24, 26 e 21 (ulteriori disposizioni relative alla sospensione e ripresa dei lavori - proroghe e tempo per la ultimazione dei lavori) art. 159 schema regolamento

-       Art. 25 (sospensione illegittima): art. 160 schema regolamento

-       Art. 10  (variazioni ed addizioni al progetto approvato) in diminuzione proposte dall’appaltatore): art. 161 schema regolamento, in cui riconfluisce anche l’art. 134 del D.P.R. 554/1999

-       Artt. 11 e 12 (diminuzione dei lavori e varianti migliorative in diminuzione proposte dall’appaltatore): art. 162 schema regolamento, in cui riconfluisce anche l’art. 135 del D.P.R. 554/1999

-       Art. 14, c. 1  (sinistri alle persone e danni): art. 165 schema regolamento, in cui riconfluisce anche l’art. 138 del D.P.R. 554/1999

-       Art. 20 (danni cagionati da forza maggiore): art. 166 schema regolamento, in cui riconfluiscono anche l’art. 139 del D.P.R. 554/1999 e l’art. 348, legge n. 2248/1865; allegato F

-       Art. 14, c. 2  (ripristino di opere e  risarcimento di danni): art. 167 schema regolamento

-       Artt. 31 (forma e contenuto delle riserve): art. 191 schema regolamento

 

 

Proposta

Per adeguare in termini di legittimità lo schema di regolamento alla impostazione e, ed eccezione degli articoli da 4 a 6, di stralciare le disposizioni del regolamento che riproducono il D.M. 145/2000, ovvero di inserire, all’interno delle stesse, una clausola del seguente tenore:

Le regioni e ogni altra amministrazione o soggetto equiparato applicano la presente disposizione sino a quando gli stessi non avranno approvato un proprio capitolato generale ai sensi dall’articolo 5, comma 7, del codice”.

Per quanto attiene all’art. 143 dello schema di regolamento, in tema di termini di pagamento degli acconti e del saldo, resta fermo in ogni caso che le condizioni fissate nel capitolato generale devono essere conformi a quanto prescritto dal D.Lgs. 231/2002 di attuazione della Direttiva 2000/35/CE.

 

__________

RELAZIONE

Come noto, il capitolato generale riguarda le forme e le condizioni per la stipulazione e le clausole fondamentali di tutti i contratti d’appalto, mentre i capitolati speciali fissano le condizioni relative al singolo contratto, in rapporto al suo oggetto.

Ora, fino all’entrata in vigore del codice dei contratti, la normativa di settore non definiva chiaramente la natura del capitolato generale, che poteva assumere natura REGOLAMENTARE (in tal caso esso si applicava in forza della sua efficacia normativa generale), ovvero CONTRATTUALE (in tal caso esso si applicava solo se richiamato nel contratto).

Mentre il sistema Merloni si presentava ambiguo in ordine alla predetta natura del capitolato generale [poiché attribuiva al capitolato generale natura regolamentare (art. 3, L. 109/1994 che ne demandava l’adozione al Ministero dei lavori pubblici- D.M. LL.PP. 19 aprile 2000, n. 145 e al contempo l’art. 110 del D.P.R. 554/1999 ne prevede il richiamo nel contratto d’appalto], il codice dei contratti ha chiaramente riconosciuto la natura contrattuale del capitolato generale d’appalto (la valenza negoziale del capitolato generale d’appalto previsto dal codice dei contratti è stata riconosciuta dal Consiglio di Stato nel parere 3262/2007), attribuendo alle stazioni appaltanti un’ampia  autonomia negoziale  nella definizione dei contenuti del rapporto contrattuale.

Difatti ai sensi dell’art. 5, comma 7, del codice, le stazioni appaltanti possono adottare capitolati, contenenti la disciplina di dettaglio e tecnica della generalità dei propri contratti o di specifici contratti, nel rispetto del presente codice e del regolamento di cui al comma 1. I capitolati menzionati nel bando o nell’invito costituiscono parte integrante del contratto.

In base al successivo comma 8, per gli appalti di lavori delle amministrazioni aggiudicatrici statali è adottato il capitolato generale, con decreto del Ministro delle infrastrutture, sentito il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, nel rispetto del presente codice e del regolamento di cui al comma 1. Tale capitolato, menzionato nel bando o nell’invito, costituisce parte integrante del contratto.

Infine, secondo il comma 9 dell’art. 5 del codice, il capitolato generale dei lavori pubblici di cui al comma 8 (quello approvato con regolamento statale)  può essere richiamato nei bandi o negli inviti da parte delle stazioni appaltanti diverse dalle amministrazioni aggiudicatrici statali.

Ciò posto, pur se la definizione di alcuni aspetti del rapporto contrattuale è demandata al regolamento di esecuzione ed attuazione del codice dei contratti analogamente al sistema Merloni (in tema di penali, esecuzione del contratto, corrispettivo agli esecutori, termini di adempimento), rispetto all’impostazione liberalizzatrice del codice, il regolamento appare eccessivamente restrittivo tanto da presentare forti dubbi di legittimità.

Ciò che in particolare si ritiene non aderente alla norma primaria è l’accorpamento nel regolamento di quasi tutte le disposizioni del D.M. 145/2000, sicché risulta svuotato di contenuto il disposto del succitato art. 5 comma 7 del codice che riconosce alle stazioni appaltanti la facoltà di approvare un proprio capitolato generale, atteso che lo stesso deve rispettare il regolamento.

Correlativamente, l’art. 358 dello schema di regolamento dispone l’abrogazione degli articoli 5, comma 1, 7, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 20, 21, 22, 24, 25, 26, 29, 30, 31, del decreto del Ministro dei lavori pubblici 19 aprile 2000, n. 145.

Tale abrogazione, che risulta testualmente disposta ai sensi dell’articolo 256, comma 4, del codice pare, come sopra cennato, di dubbia legittimità, in quanto l’art. 256, comma 4, testè richiamato non include il D.M. 145/2000 tra le fonti destinate ad essere abrogate con l’entrata in vigore del regolamento.

Piuttosto, si ricorda che, l’unica disposizione del codice che si occupa della sorte del capitolato generale d’appalto di cui al D.M. 145/2000 è l’art. 253, comma 3, il quale, in aderenza all’impostazione liberalizzatrice della norma primaria e alla natura contrattuale del documento in esame, senza prevederne l’abrogazione, stabilisce testualmente che per i lavori pubblici, fino all’adozione del nuovo capitolato generale, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 19 aprile 2000, n. 145, se richiamato nel bando, nei limiti di compatibilità con il presente codice.

 

 

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