[UPB] Pubblicata la Nota sulla congiuntura di febbraio 2019

lunedì 18 febbraio 2019


Pubblicata la Nota sulla congiuntura di febbraio 2019

 

6 febbraio 2019

 

Il brusco stop registrato dall’economia italiana nella seconda metà del 2018 è destinato a lasciare una pesante eredità sulla crescita di quest’anno. Secondo la Nota congiunturale UPB di febbraio per una ripresa bisognerà attendere la seconda metà del 2019, anno nel quale la variazione del PIL non andrà comunque oltre lo 0,4 per cento.

 

L’Italia è ancora il fanalino di coda dell’area euro – Nel corso del 2018 l’economia italiana ha registrato una fase di rallentamento ciclico, più intensa rispetto a quella dell’area dell’euro e della stessa Germania, che pure ha subito una significativa battuta d’arresto (fig. 1). La stima preliminare di fine gennaio ha indicato nel quarto trimestre del 2018 una contrazione dell’attività economica, già in flessione in estate, di un ulteriore 0,2 per cento in termini congiunturali. Nel complesso, il PIL sarebbe aumentato lo scorso anno dello 0,8 per cento, ossia dell’1,0 per cento senza tenere conto degli effetti di calendario. Il trascinamento statistico sulla dinamica del PIL per il 2019 è negativo, per due decimi di punto percentuale.

 

Manifattura e domanda interna giù – Secondo le informazioni qualitative al momento disponibili la flessione dell’attività economica nel semestre scorso sarebbe riconducibile prevalentemente dalla perdita di produzione nel settore industriale, che avrebbe comunque indebolito anche i servizi. Nei primi tre trimestri dell’anno scorso la produzione industriale si è costantemente ridotta (mediamente di circa lo 0,3 per cento in termini congiunturali) e secondo le stime UPB nel complesso del quarto trimestre questa tendenza sarebbe proseguita in misura simile.

 

Dal lato della domanda, vi sarebbe stato un apporto negativo della componente interna. Gli investimenti risentono del clima di incertezza e del marcato deterioramento delle attese e delle condizioni per l’accumulazione delle imprese. La spesa per consumi ha risentito della battuta d’arresto del potere d’acquisto in estate, e del successivo indebolimento, nello scorcio finale dell’anno, anche del clima di opinione delle famiglie; l’indice sulla fiducia, nonostante un lieve recupero in gennaio, resta al di sotto dei valori mediamente registrati nel 2018.

 

Le vendite all’estero l’anno scorso hanno risentito del deterioramento del contesto internazionale. Le informazioni desumibili dalle inchieste qualitative suggeriscono che la fase di debolezza si sarebbe protratta anche nella parte finale del 2018: l’indagine sulla fiducia delle imprese della manifattura, condotta in dicembre dall’Istat, riporta infatti un ulteriore peggioramento dei giudizi sugli ordinativi dall’estero e delle attese sul fatturato sui mercati internazionali.

 

L’anno parte con l’handicap: PIL 2019 non oltre +0,4 per cento – Il deterioramento della crescita economica, divenuta negativa in termini congiunturali nel secondo semestre, implica un trascinamento statistico negativo (-0,2 per cento) per l’anno in corso. Secondo i modelli di previsione di breve periodo l’attività risulterebbe ancora debole nel trimestre in corso, per il quale si stima una dinamica del PIL stagnante o debolmente negativa. La domanda aggregata riprenderebbe gradualmente vigore nei trimestri successivi, in misura più intensa a partire dall’estate, sostenuta dalle misure espansive previste nella manovra di bilancio. La variazione del PIL è stimata allo 0,4 per cento nella media di quest’anno, mentre nel 2020 aumenterebbe allo 0,8 per cento (tab. 1), stima che non incorpora l’attivazione delle clausole IVA.

 

Sulle previsioni pesano rischi al ribasso – I fattori di rischio che circondano il quadro di previsione sono molteplici e orientati in prevalenza al ribasso. L’andamento delle variabili internazionali sconta infatti l’assenza di nuove restrizioni sul commercio internazionale, impatti complessivamente contenuti dagli attuali fronti di instabilità geo-politica (Brexit, crisi politica in Venezuela), oltre che l’ordinata normalizzazione delle politiche monetarie nelle maggiori aree valutarie. Eventuali tensioni in questi ambiti potrebbero accentuare la volatilità sui mercati, con effetti depressivi sulla crescita internazionale e sulle esportazioni italiane. Ulteriori, rilevanti elementi di rischio riguardano i tassi d’interesse sui titoli del debito sovrano: un più elevato livello, soprattutto se persistente, potrebbe comportare un inasprimento delle condizioni creditizie con conseguente perdita di fiducia, destinata a riverberarsi sulle decisioni di spesa di famiglie e imprese. Per contro, un calo dei rendimenti sui titoli pubblici favorirebbe l’espansione delle disponibilità di spesa e dell’attività produttiva oltre i ritmi stimati nella previsione.

 

 Due possibili scenari alternativi per il prossimo anno – Rispetto alla previsione di base, la Nota considera due scenari alternativi. Il primo incorpora l’attivazione della clausola sull’IVA e le accise per l’anno prossimo, prevista dalla legge di bilancio per il 2019. L’incremento delle imposte indirette produrrebbe un impulso addizionale di un punto percentuale sul deflatore dei consumi delle famiglie, con conseguente perdita di potere d’acquisto. La spesa per consumi privati nel 2020 risulterebbe inferiore per circa mezzo punto percentuale; la crescita del PIL si attesterebbe allo 0,6 per cento (0,2 punti percentuali in meno rispetto alla simulazione di base).

 

Il secondo scenario prevede uno stimolo addizionale sulla spesa privata in beni capitali, per realizzare il quale occorrerebbe che venissero meno i principali fattori al momento frenanti, ossia il deterioramento delle aspettative degli imprenditori, le tensioni sui titoli del debito sovrano e il rischio di un inasprimento delle condizioni credito. Un impulso aggiuntivo alla spesa in accumulazione da parte del settore privato pari a mezzo punto percentuale di PIL ex ante nel biennio 2019-20 (circa 9 miliardi di euro) eviterebbe la decelerazione degli investimenti quest’anno e favorirebbe l’accelerazione nel prossimo. L’effetto macroeconomico è stimato in una maggiore crescita del PIL pari a 0,4 punti percentuali nella media del biennio 2019-20. L’impatto sull’inflazione al consumo sarebbe sostanzialmente trascurabile.