Conferenza Regioni
e Province Autonome
Doc. Approvato - Politica agricola comune (PAC): contributo Regioni per posizione italiana

giovedì 28 ottobre 2010


in allegato il documento in formato pdf

CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME

10/103/CR07A/C10

CONTRIBUTO DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME ALLA DEFINIZIONE DELLA POSIZIONE ITALIANA SUL FUTURO DELLA PAC

DOPO IL 2013

La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, dinanzi all’assenza di iniziative del Governo Nazionale, con senso di responsabilità e a seguito di un articolato confronto avviato a partire dalla I Conferenza Nazionale di ascolto sulla riforma della PAC che si è svolta a Bari nel mese di settembre, ha definito la posizione unitaria delle Regioni e delle Province autonome sul futuro della PAC dopo il 2013 quale contributo a disposizione del Governo e del Parlamento per la definizione comune e condivisa della posizione italiana da portare avanti nell’ambito del negoziato comunitario che si aprirà di qui a poco.

A tale riguardo la Conferenza ritiene opportuno e necessario che detta posizione vada formalmente ratificata in sede di Conferenza Stato-Regioni come pure ritiene necessario in virtù delle competenze riconosciute dalla Costituzione che una adeguata rappresentanza delle Regioni e delle Province autonome sia ricompresa nella delegazione italiana che parteciperà al negoziato in sede di Unione Europea.

1. Mantenimento della Politica Agricola Comunitaria e del suo budget

L’agricoltura europea sta attraversando un momento di profonda trasformazione, da imputarsi a tanti fattori, i principali dei quali sono sicuramente:

1) l’ampliamento dei mercati, a livello globale, sicché si assiste all’ingresso, nello stesso, di nuovi e potenti concorrenti oltre ad una rilevante quantità di nuovi consumatori, il tutto in assenza di adeguate regole, tali da consentire il funzionamento di un mercato globale articolato su realtà produttive profondamente diverse tra loro;

2) la comparsa di nuove forme, spesso inedite, di concentrazione oligopolistiche, nel campo della trasformazione industriale e della commercializzazione;

3) il periodico verificarsi di crisi di mercato, da imputare a squilibri, asimmetrie informative, presenza di esternalità, che finiscono, tra l’altro, per determinare la volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli;

4) l’assenza di un governo della sicurezza alimentare globale;

5) la possibilità offerta dalle nuove tecnologie che, integrando neuroscienze, nanotecnologie, genetica e TCI, offrono la possibilità di produrre su vasta scala una varietà, praticamente infinita, di prodotti alimentari personalizzati e adatti alle più svariate e disparate esigenze del consumatore;

6) le sfide alle quali l’agricoltura è chiamata a far fronte, principalmente l’ambiente e il cambiamento climatico.

Pertanto, l’attuale PAC appare, ormai, irrimediabilmente inadeguata a cogliere ed accompagnare la trasformazione in atto e, quindi, se da un lato si sottolinea la necessità di 2

mantenere una politica agricola comune, per evitare squilibri territoriali e produttivi, tali da compromettere l’approvvigionamento alimentare, la salubrità delle produzioni, la salvaguardia ambientale e la tutela del paesaggio, con gravi effetti sociali in vaste aree, dall’altra si evidenzia la necessità di una revisione organica di tutta la Politica Agricola Comune, con riferimento tanto alle politiche di mercato che a quelle di sviluppo rurale, mantenendo l’articolazione in due pilastri.

La PAC deve intervenire sull’intero territorio comunitario e deve ispirarsi a principi di equità, seppure differenziati territorialmente, così come di seguito esplicitati.

Tenendo conto delle necessità espresse anche dai nuovi Stati Membri e dell’importanza di non diminuire i budget storici, al fine di mantenere adeguato il livello di stabilità di reddito in questi territori, si chiede di mantenere a livello comunitario un rapporto risorse/superfici commisurato anche a criteri di contesto e di redditività che, diversamente, destabilizzerebbero aree geopoliticamente strategiche dal punto di vista della produttività.

Per tutto questo, le risorse finanziarie da destinare alla PAC, nella sua globalità, devono essere adeguate alle sfide che l’agricoltura è chiamata ad affrontare. In tale contesto, sarebbe indispensabile un incremento delle risorse comunitarie per la politica agricola. Se tanto non sarà possibile, si chiede che sia confermato, almeno, l’attuale budget complessivo, a livello di bilancio comunitario ed a livello di Stato membro.

Un ulteriore riflessione riguarda la relazione tra i diversi fondi europei. L’efficacia dell’azione di sostegno all’economia europea necessita di una organica rilettura delle linee di intervento esistenti, al fine di definire una strategia comune a tutti i fondi, puntualizzando e integrando gli obiettivi di ciascuno, per migliorare le sinergie e ridurre gli attuali problemi di demarcazione. Appare ormai improrogabile la necessità di un miglior coordinamento ed integrazione tra i due pilastri della PAC, e tra questi e le altre politiche comunitarie, pur nella logica della separazione tra fondi, per eliminare le frequenti sovrapposizioni, tra gli stessi. Nel corso di questo periodo di programmazione abbiamo assistito ad una crescente difficoltà nella gestione della demarcazione tra i diversi strumenti, con un conseguente aumento della complessità amministrativa e dei costi di gestione delle politiche, senza che tanto si sia tradotto in un reale miglioramento dell’efficacia. Sul fronte delle relazioni con le Politiche di Coesione, quindi, vanno trovate delle integrazioni maggiori a livello di programmazione strategica comune, senza stravolgere l’attuale assetto di competenze dei diversi fondi.

2. Obiettivi della PAC

Si condividono gli obiettivi principali individuati dalla Commissione europea:

1) Obiettivo 1: la Sicurezza alimentare, come sostegno della funzione produttiva del settore agricolo, nel contesto di competizione mondiale, e garanzia di un reddito soddisfacente agli agricoltori.

2) Obiettivo 2: Gestione sostenibile delle risorse naturali attraverso la remunerazione adeguata del contributo dell’agricoltura alla produzione e/o mantenimento dei beni pubblici non remunerati dal mercato.

3) Obiettivo 3: sviluppo territoriale equilibrato, come mantenimento delle comunità agricole e sviluppo del territorio rurale.

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3. Strumenti: A. Pagamenti diretti rivisitati secondo il principio di equità e di flessibilità degli strumenti di attuazione, anche in rapporto alle diverse tipologie aziendali e alle caratteristiche dei territori ove insistono le imprese agricole, all’interno di ogni Stato membro (o regione), fermo restando l’attuale ripartizione delle risorse finanziarie tra i diversi Stati membri. Questo significa, quindi, non ancorare il budget di ciascuno Stato membro al solo parametro della superficie, ma introdurre anche il parametro relativo al "potere di acquisto" in ciascun Paese.

 

I pagamenti diretti vanno garantiti agli agricoltori attivi (iscritti alla CCIAA e in possesso di Partita IVA), attraverso la definizione di criteri territoriali, produttivi ed organizzativi. Il valore di ciascun aiuto dovrebbe essere basato sulla commisurazione, degli aiuti stessi, al potere di acquisto degli Stati membri (PPS) e al grado di contribuzione, di tali ultimi, al bilancio comunitario. In particolare:

Il principio di equità dovrebbe tradursi in un sostegno base al reddito, ovvero, alla concessione di un pagamento diretto disaccoppiato di base, che fornisce un livello di aiuto uniforme a tutti gli agricoltori in uno Stato membro (o in una regione), connesso alla superficie agricola e al rispetto dei requisiti minimi ambientali (condizionalità semplificata, ma estesa ai temi dell’equità sociale e dell’etica del lavoro).

Il criterio organizzativo deve tenere conto di elementi correttivi riferiti sia alle aziende di grosse dimensioni, sia a quelle di dimensioni minime ma tali da essere definite imprese agricole attive.

Il criterio territoriale dovrebbe tradursi in una componente dei pagamenti diretti legata a svantaggi naturali ed ambientali e/o obblighi comunitari (aree svantaggiate di montagna e con specifici svantaggi naturali, aree Natura 2000 e aree vulnerabili ai nitrati).

Il criterio produttivo dovrebbe tradursi in un sostegno accoppiato, che tenga conto delle rese, del numero di capi e dell’importanza, ai fini economici e/o sociali, del mantenimento di alcuni tipi di agricoltura. In definitiva deve tener conto delle diverse tipologie di aziende, della loro struttura produttiva e quindi dei rispettivi costi e ricavi.

Il calcolo dei premi deve essere effettuato a livello di Stato membro/Regione, sempre sulla base dell’attuale ripartizione finanziaria.

B. Misure di mercato a sostegno della competitività. Tali misure devono essere finalizzate alla regolazione dei mercati, alla prevenzione delle crisi e al miglioramento della catena alimentare, per garantire la sicurezza quanti-qualitativa degli alimenti, l’equa distribuzione di valore tra i soggetti della catena, l’adeguata informazione ai consumatori, anche attraverso l’adozione di sistemi di tracciabilità e di adeguate etichettature. Un miglior funzionamento e trasparenza della catena alimentare è il presupposto per la stabilità di mercato. Per ottenere ciò occorrono degli strumenti propedeutici indispensabili.

Interventi per la creazione di una componente agricola ben organizzata. E’necessario, oltre che estendere il modello delle Organizzazioni dei Produttori alla maggior parte dei settori produttivi, sperimentare nuove modalità di organizzazione (sia nelle forme giuridiche, che negli strumenti attuativi), non solo per aggregare l’offerta, ma soprattutto per poter fare programmazione, applicare in modo efficace regole produttive (qualitative, igienico-sanitarie, ambientali e di benessere animale), operare interventi di mercato (anche di natura privata) e di promozione, eliminando il differente trattamento tra produttori di settori diversi (es. cereali, latte ecc), recuperando attenzione alle produzioni mediterranee.

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Definizione di regole, da sottoporre ad una verifica pubblica, condivise dai soggetti della catena alimentare, che sostituiscano quelle delle varie OCM, in graduale eliminazione. A questo fine si rende necessario promuovere modelli organizzativi adeguati al mercato di riferimento: dalla filiera a valenza locale a quella proiettata nel mercato internazionale. Va valorizzato un approccio interprofessionale, all’interno delle quali siano fissate regole produttive comuni in cui si possano sviluppare, a beneficio della filiera, azioni di ricerca, di promozione, di sostenibilità ambientale ecc.. Inoltre è necessario incentivare lo sviluppo dell’agricoltura contrattualizzata in tutti i settori produttivi, sicché i soggetti che operano nelle diverse fasi della filiera possano stabilire, secondo una disciplina comunitaria uniforme, accordi e contratti trasparenti, in grado di adeguare l’offerta alla domanda e garantire un’equa distribuzione di valore aggiunto. La gestione di tali strumenti dovrebbe prevedere un livello comunitario di vigilanza e un livello nazionale/regionale di applicazione, con funzioni di garanzia.

Individuazione di nuovi strumenti in grado di preservare il reddito degli agricoltori non solo contro le perdite di prodotto, per le avverse condizioni atmosferiche, ma anche contro i rischi derivanti dalla volatilità dei prezzi e dei mercati. Relativamente agli strumenti di gestione, recentemente introdotti contro la perdita di prodotto (assicurazione del raccolto, degli animali e delle piante e fondi di mutualizzazione), è auspicabile che la riforma della PAC introduca alcuni interventi migliorativi e di semplificazione, in maniera da favorire un migliore grado di utilizzazione degli stessi da parte degli Stati membri, anche in sinergia ed in integrazione con i propri sistemi nazionali. Sono necessari nuovi strumenti di livello comunitario, non cofinanziati a livello nazionale, per la gestione dei rischi e delle crisi di mercato e, in particolare, la creazione di un fondo anticiclico in grado di intervenire nelle situazioni di crisi, affiancato, anche, da strumenti assicurativi. Un ulteriore importante strumento è rappresentato dalle misure per l’assicurazione dei crediti alle esportazioni del comparto agricolo, in analogia a quanto avviene negli altri settori produttivi, in grado di fornire garanzia sui pagamenti delle merci vendute sui mercati esteri.

Interventi tesi a favorire le esportazioni e dare garanzie ai produttori e ai consumatori europei, attraverso il riconoscimento di una maggiore reciprocità commerciale. La libera circolazione delle merci, di frequente, è ostacolata da barriere doganali e fitosanitarie applicate per impedire lo sbocco delle merci europee verso alcuni mercati di Paesi Terzi. La Commissione Europea deve farsi carico di gestire questi problemi, trattando direttamente gli aspetti amministrativi, fitosanitari e igienico-sanitari, nonché quelli dell’equità sociale e dell’etica del lavoro, con tali Paesi. Una maggiore reciprocità commerciale è quanto mai necessaria per i prodotti importati, in relazione agli sforzi che i produttori europei fanno per rispettare gli standard comunitari sulla sanità dei prodotti.

Garantire adeguate risorse finanziarie per la realizzazione dei controlli igienico-sanitari e fitosanitari, finalizzati a garantire la salubrità dei prodotti agroalimentari ed evitare la diffusione di organismi nocivi pericolosi. E’ necessario introdurre un regolamento comunitario che preveda il cofinanziamento dell’attività di controllo che gli Stati membri sono obbligati ad effettuare. Occorre, inoltre, garantire una adeguata e uniforme preparazione dei tecnici preposti ai controlli stessi. Accanto agli strumenti di prevenzione è opportuno istituire un fondo a livello comunitario per affrontare con tempestività ed efficacia eventuali emergenze fitosanitarie (l’attuale possibilità di finanziare, a consuntivo, interventi di emergenza già attuati è assolutamente inefficace).

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C. Sviluppo rurale

Lo sviluppo rurale deve recuperare, a pieno, la funzione di politica territoriale. Conseguentemente, anche conservando gli obiettivi attuali, dovrà consentire interventi finalizzati a consolidare/sviluppare la competitività delle imprese del territorio.

A tal fine è opportuno, al pari di quanto avviene per le politiche di coesione, che si definiscano gli obiettivi da perseguire, senza la puntuale e spesso estremamente rigida definizione degli interventi. Si confermano, quindi, i seguenti obiettivi prioritari:

La competitività. Rafforzare la competitività dell’agricoltura europea attraverso il ricambio generazionale, l’accorciamento della filiera, la promozione e la introduzione delle innovazioni tecnologiche e produttive, capaci sia di valorizzare le specificità territoriali e le produzioni di qualità, che di adeguare i processi produttivi al cambiamento climatico, anche attraverso l’incentivazione delle energie rinnovabili. Non è condivisibile l’ipotesi di inserire nello sviluppo rurale strumenti di garanzia contro la volatilità dei mercati, che dovrebbero, invece, essere definiti a livello comunitario. L’introduzione di tali strumenti nello sviluppo rurale, quale politica gestita a livello locale, potrebbe comportare fenomeni distorsivi, o quanto meno non omogenei a livello comunitario, giacchè anche legati a capacità di cofinanziamento..

La gestione sostenibile delle risorse. Rafforzare il contributo dell’agricoltura alla mitigazione del cambiamento climatico e alla tutela delle risorse naturali (gestione delle risorse idriche, risorse forestali, conservazione della biodiversità e miglioramento della fertilità dei suoli). Nell’ambito di questo obiettivo, la natura degli interventi dovrebbe essere complementare a quanto previsto nel I pilastro, onde evitare le attuali sovrapposizioni e concentrare le politiche ambientali attive contrattualizzate e volontarie, esclusivamente, nell’ambito dello sviluppo rurale. Si potrebbe introdurre una premialità per quei progetti di sviluppo che, insieme alla componente di business, inglobano risultati e strumenti che rafforzano il contributo dell’agricoltura alla mitigazione del cambiamento climatico e alla tutela delle risorse naturali.

Lo sviluppo equilibrato del territorio rurale. Promuovere il miglioramento della qualità della vita delle popolazioni rurali, attraverso il sostegno alle attività economiche ed il potenziamento dei servizi alle popolazioni locali. E’ necessario procedere ad un chiarimento, di natura normativa, sulle attività di diversificazione e di produzione di energia da prodotti o sottoprodotti, nelle aziende agricole, al fine di eliminare gli attuali vincoli esistenti (de minimis).

4. Flessibilità e semplificazione

• La definizione e la gestione delle politiche comunitarie deve essere svolta dall’entità territoriale amministrativa più vicina ai cittadini (gli Stati membri/Regioni), assecondando uno dei principi cardini della politica comunitaria, la sussidiarietà. Resta evidente che, la politica comunitaria deve essere esercitata dal livello amministrativo superiore (Unione Europea) quando garantisce maggiore efficacia ed efficienza ed uniformità. Tali sono gli interventi connessi al mercato, i principali dei quali sono: la gestione della volatilità dei prezzi, la protezione contro le crisi e gli aspetti connessi alla salvaguardia della qualità e della tipicità delle produzioni europee. Con riferimento alle diverse fasi della programmazione, gestione, implementazione e controllo delle politiche di sviluppo rurale è necessario che si aumenti la flessibilità del sistema, tale da renderlo adattabile alle diverse specificità territoriali, specie in quei paesi a forte decentramento regionale.

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• Semplificazione delle procedure di attuazione delle politiche agricole, attraverso la eliminazione delle differenze ingiustificate di funzionamento tra fondi che, allo stato attuale, ostacolano una razionale ed efficiente utilizzazione integrata delle politiche comunitarie nel loro complesso (ad es. le politiche di coesione).

• Rivisitazione delle attuali regole sull’utilizzo delle risorse finanziarie (a partire dall’n+2), introducendo norme di flessibilità finanziaria all’interno dello Stato membro.

• Il sistema dei controlli deve essere proporzionato all’entità degli aiuti erogati ed effettuato sulla base dell’analisi del rischio, riducendo l’attuale insostenibile carico amministrativo.

• Semplificazione delle procedure per l’applicazione delle norme sugli aiuti di stato, prevedendo l’approvazione di Regimi di aiuto nell’ambito dei documenti di programmazione nazionali.

Roma, 28 ottobre 2010

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