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Regioni.it

n. 3855 - venerdì 5 giugno 2020

Sommario
- La scuola nell'agenda di Governo e Regioni
- Fase 3: il rilancio della nostra economia e gli interventi europei
- Autonomia: si riapre il dibattito dopo la pandemia
- L'economia dei territori prima del coronavirus
- Misure per intercettazioni, ordinamento penitenziario e giustizia, allerta Covid-19
- Misure urgenti di accesso al credito e adempimenti fiscali per le imprese

+T -T
L'economia dei territori prima del coronavirus

(Regioni.it 3855 - 05/06/2020) L'Istat pubblica alcuni dati relativi all'economia dei territori prima della crisi da pandemia coronavirus. E' una fotografia del nostro Paese che sembra di un'altra era geologica, ma  utile per capire la base di prospettive, cambiamenti e interessi comuni di sviluppo.
Si tratta dei risultati economici delle imprese e delle multinazionali a livello territoriale e dei conti economici territoriali.
Nel 2017 il 5% dei comuni più grandi ha generato il 57,8% del valore aggiunto nazionale. E' uno dei dati più significativi.
La nostra economia proviene per il 37,7% dal Nord-ovest e il 25,4% dal Nord-est; seguono il Centro con il 20,5% e il Mezzogiorno con il 16,4%. Rispetto al 2016 la crescita del valore aggiunto delle regioni del Nord ne ha determinato anche un aumento del peso percentuale: +0,2 punti per il Nord-ovest controbilanciato dal calo di 0,2 punti percentuali del Centro, dovuto in particolare alla minor crescita percentuale del valore aggiunto della regione Lazio.
In termini di macro settori, rispetto al 2016 l’industria perde peso nel Mezzogiorno (-0,3 punti percentuali) in favore del Nord-ovest (+0,3 punti), il comparto dei servizi acquista rilevanza economica nel Nord-est e nel Nord-ovest (entrambi +0,2 punto) mentre la riduce al Centro (-0,3).
L’insieme costituito dal 5% dei comuni più grandi è localizzato principalmente nel Centro (8,1%) dove arrivano a generare tre quarti del valore aggiunto della ripartizione (74,8%), specialmente nel Lazio e in Toscana in cui l’89,3% e il 62,7% del valore aggiunto regionale è realizzato con il contributo dei sistemi urbani ad alta specializzazione e nei sistemi urbani pluri-specializzati.
"Nel Mezzogiorno si trovano il 6,7% dei comuni più grandi che sviluppano quasi due terzi del valore aggiunto (63,4%), con punte in Puglia (73,5%), Sicilia (72,6%) e Campania (68,7%) nei sistemi urbani pluri-specializzati e prevalentemente portuali.
Nel Nord-ovest il 5% dei comuni più grandi genera oltre la metà del valore aggiunto (54,3%) in particolare in Liguria e Lombardia coprono rispettivamente il 69,9% e 53,8% del valore aggiunto, proveniente in larga parte dai sistemi urbani prevalentemente portuali e urbani ad alta specializzazione.
Infine nel Nord-est, dove si deve ai comuni più grandi meno della metà (45,6%) del valore aggiunto della ripartizione, spicca l’Emilia Romagna (57%) principalmente con il contributo dei sistemi urbani ad alta specializzazione".
Le imprese appartenenti a gruppi multinazionali esteri rappresentano meno dell’1% delle unità locali del Paese e generano il 15,3% del valore aggiunto nazionale. Oltre la metà sono concentrate in Lombardia e nel Lazio e assorbono oltre un quinto del valore aggiunto delle rispettive economie regionali.
Più contenuto il ruolo delle multinazionali estere nelle regioni del Mezzogiorno in termini di quota di valore aggiunto prodotto sul totale delle unità locali di multinazionali estere. Tuttavia in regioni come l’Abruzzo e la Sardegna le unità locali di multinazionali estere generano quote di valore aggiunto delle rispettive economie regionali pari rispettivamente al 10,7 e al 9,9%.
Considerando il solo settore industriale, le unità di multinazionali estere localizzate nel Lazio e in Piemonte producono un valore aggiunto che supera per entrambe il 18% del valore aggiunto regionale dell’industria. Segue la Liguria con 17,2%, la Lombardia (15,6%), l’Abruzzo (14,7%) e la Toscana (14,2%).
Nei servizi, le unità locali di multinazionali estere della Lombardia generano oltre un quarto del valore aggiunto regionale, quelle del Lazio il 21,7% e quelle della Liguria il 20,2%.
Le unità locali di gruppi multinazionali italiani, pari all'1,1% del totale nazionale, forniscono un contributo di quasi il 21% al valore aggiunto dell’intera economia. Le regioni che più contribuiscono a tale risultato sono la Lombardia con il 25,2% di valore aggiunto del totale prodotto dai gruppi multinazionali italiani, l’Emilia-Romagna con il 13% e il Lazio con il 10,7% (Figura 4).
Anche se nel Mezzogiorno sono minori sull’intera economia, in Basilicata il valore aggiunto prodotto dalle unità locali di imprese multinazionali italiane supera il 28% del totale regionale, quota che raggiunge il 45% nel settore industriale.
Le Marche registrano la crescita del Pil più elevata, con un 3% di aumento rispetto all’anno precedente. Un deciso recupero dell’attività produttiva si rileva anche per l’Abruzzo, dove il Pil è cresciuto del 2,2% a fronte dello 0,6% del 2017, e per la Provincia Autonoma di Bolzano-Bozen (+2%).
Con 36,2mila euro nel 2018 (35,7mila nel 2017) il Nord-ovest resta l’area geografica con il Pil per abitante più elevato (misurato in termini nominali). Seguono il Nord-est, con 35,1mila euro (34,3mila euro nel 2017) e il Centro, con 31,6mila euro (31,1mila euro nel 2017). Il Mezzogiorno, con 19mila euro (poco più della metà di quello del Nord-ovest), supera lievemente il livello del 2017 (18,7mila euro).


( gs / 05.06.20 )
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Il periodico telematico a carattere informativo plurisettimanale “Regioni.it” è curato dall’Ufficio Stampa del CINSEDO nell’ambito delle attività di comunicazione e informazione della Segreteria della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome

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