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Regioni.it

n. 3830 - martedì 28 aprile 2020

Sommario
- Coronavirus: in vista della fase 2, precisazioni e iniziative Governo
- Fase 2: richieste correzioni e accelerazioni su aperture
- Sanità: bene contrasto al contagio, ma sempre alta l'attenzione
- Femminicidio ed emergenza Covid-19
- Immigrazione: contributo per l'aggiornamento del piano nazionale di integrazione
- Emergenza Covid-19: accesso al credito e adempimenti fiscali per le imprese, proposte sul DL 23/2020

Documento della Conferenza delle Regioni del 23 aprile

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Immigrazione: contributo per l'aggiornamento del piano nazionale di integrazione

(Regioni.it 3830 - 28/04/2020) La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nella seduta del 23 aprile svoltasi in videoconferenza, ha approvato un documento sul Piano Nazionale di Integrazione per i titolari di protezione internazionale (adottato il 26 settembre 2017). Il Governo intende aggiornare il Piano e ha chiesto ai componenti del "tavolo integrazione" contributi in merito.  A questo scopo, sono state trasmesse delle schede da compilare, riguardanti essenzialmente gli interventi promossi, le risorse utilizzate, le buone prassi, gli elementi di criticità riscontrati, nonché le proposte per l’aggiornamento del PNI.
Il documento approvato della Conferenza delle Regioni, e inviato al Ministero dell'Interno, riporta in premessa le considerazioni di carattere generale, che risentono di approcci diversificati al tema, e in allegato i contributi e le schede compilate dalle singole Regioni che entrano maggiormente nel dettaglio degli interventi promossi dalle amministrazioni sui territori.
Si riporta di seguito il testo del documento (senza l'allegato).
Posizione in merito all’aggiornamento del piano nazionale di integrazione per i titolari di protezione internazionale
In occasione dell’ultimo incontro del Tavolo Integrazione, tenutosi presso il Ministero dell’Interno lo scorso 12 febbraio, il Ministro ha comunicato l’esigenza di procedere all’aggiornamento del Piano Nazionale di Integrazione per i Titolari di Protezione Internazionale, adottato il 26 settembre 2017, chiedendo ai componenti del Tavolo di voler inviare contributi in merito. Successivamente, con nota del 18 febbraio, il Ministero ha provveduto a trasmettere una scheda da compilare, che riguarda essenzialmente gli interventi promossi, le risorse utilizzate, le buone prassi, gli elementi di criticità riscontrati, nonché le proposte per l’aggiornamento del PNI. 
La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, sulla base dell’istruttoria svolta, ritiene opportuno evidenziare in premessa le considerazioni di carattere generale, che risentono di approcci diversificati al tema ed allegare le schede compilate dalle singole Regioni che entrano maggiormente nel dettaglio degli interventi promossi dalle amministrazioni sui territori.
Le Regioni Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Veneto sottolineano come l’impianto stesso del Piano Nazionale Integrazione per beneficiari di protezione internazionale, adottato nel 2017, sia superato dall’entrata in vigore dei cosiddetti Decreti sicurezza (D.L. n. 113/2018, convertito in legge, con modificazioni, dall’ art. 1, comma 1, L. 1° dicembre 2018, n. 132 e D.L. n. 53/2019, convertito in Legge, con modificazioni, dall’ art. 1, comma 1, L. 8 agosto 2019, n. 77), che impongono una differente impostazione, che tenga conto di un sistema di accoglienza basato sullo status dei beneficiari e non più su un sistema “unico”, distinto per fasi di accoglienza.
Il Piano, infatti, prevedeva un principio di accoglienza orientato, fin da subito, all’integrazione del migrante, senza che questi fosse stato ancora riconosciuto in possesso dei requisiti per avvalersi del diritto d’asilo o dello status legittimante la sua permanenza sul territorio dello Stato italiano, in attuazione dell’Intesa sancita dalla Conferenza Unificata del luglio 2014. I Decreti Sicurezza hanno, invece, radicalmente mutato i principi dell’accoglienza, da riservare solo a quanti siano stati riconosciuti in possesso dei requisiti per la concessione della protezione internazionale.
Resta salva, in nome dei principi solidaristico e umanitario, l’accoglienza in termini di primo soccorso, con l’assicurazione di vitto, alloggio e generi di prima necessità, ma l’accoglienza volta a porre le basi per un effettivo e duraturo inserimento nel nuovo contesto sociale e culturale, comprensivo, quindi, di una serie di servizi ulteriori, tra i quali, in particolare, la formazione e l’inserimento lavorativo e abitativo, va garantita solo a quanti dimostrino di possedere i necessari requisiti. Ciò, anche in considerazione dell’alto numero di domande di protezione internazionale esaminate dalle Commissioni territoriali che vengono denegate. Investire risorse su chi non ha ancora ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato, la protezione sussidiaria o il permesso speciale rischia da un lato di essere un investimento a perdere nei confronti di chi, al termine dell’iter procedurale, potrebbe trovarsi nella condizione di irregolare e dall’altro di distogliere risorse verso chi di quell’integrazione ha reale bisogno.
Le suddette Regioni ritengono, pertanto, che non si possa parlare di integrazioni al PNI, ma che sia piuttosto necessaria una radicale riscrittura dello stesso, che tenga nel dovuto conto le norme attualmente vigenti in materia di accoglienza dei richiedenti asilo e dei titolari di protezione internazionale ed esprimono pertanto netta contrarietà all’estensione dei beneficiari del Piano ai richiedenti Asilo, con l’unica eccezione delle azioni relative alle vittime di tratta.
Infine, ritengono opportuno un approfondimento in merito ai minori stranieri non accompagnati, che sono spesso ragazzi prossimi al compimento dei 18 anni, giunti in Italia per cercare mantenimento, cure e istruzione. Al riguardo, auspicano una riflessione sul fatto che importanti risorse finanziarie dello Stato vengano riservate a favore di persone alle quali non sia stato ancora riconosciuto lo status di beneficiari di protezione internazionale, mentre i giovani cittadini italiani siano spesso costretti alla fuga dall’Italia, per le scarse risorse loro dedicate. Inoltre, in alcuni casi, i MSNA trovano sul territorio nazionale già altri componenti della propria famiglia. Uno sforzo maggiore per affidarli a quelle famiglie fin dalla loro individuazione sul territorio nazionale, consentirebbe un notevole risparmio di risorse pubbliche e contestualmente la garanzia per loro di vivere in contesti più idonei.
Le Regioni Emilia-Romagna, Lazio e Marche sottolineano l’estrema importanza, per il nostro Paese, di dotarsi di un secondo Piano Nazionale per l’Integrazione che consenta di garantire una continuità di indirizzo pluriennale in un momento storico significativamente differente rispetto a quello del primo Piano. In questo senso, il Secondo Piano Nazionale avrà una sua maggiore efficacia se collocato nell’ambito di una più ampio sforzo di ri-programmazione nazionale delle politiche di ingresso e di integrazione rivolte all’insieme dei cittadini stranieri (così come peraltro previsto dal T. U, Immigrazione, Dlgs 286/98, art.3 comma 1).
Nel merito, ritengono che i contenuti del primo Piano possano essere sostanzialmente confermati, a partire dai suoi tre principi guida, pur segnalando che la premessa al primo Piano individuava due assi prioritari (dialogo interreligioso e lingua) a cui devono essere affiancati con pari dignità i temi del lavoro, della salute, della casa e della corretta informazione sui diritti e doveri dei titolari di protezione.
Pur condividendo che il Piano deve prevedere prioritariamente indicazioni per la integrazione dei titolari di protezione, ritengono assolutamente necessario che alcuni interventi e misure funzionali ad una permanenza inclusiva e all’inserimento lavorativo (apprendimento di base della lingua, orientamento ai servizi, accompagnamento e mediazione in percorsi di inserimento lavorativo, partecipazione ad attività di volontariato per il bene comune) siano estese anche ai richiedenti protezione. Questo alla luce del tempo prolungato necessario a definire lo status giuridico dei richiedenti, durante il quale occorre favorire, nell’interesse sia di chi chiede protezione che della comunità che accoglie, una permanenza sicura e inclusiva delle persone nel nostro paese. Si ricorda peraltro che la stessa previsione dell’art.22 del Dlgs 142/2015 consente ai richiedenti di svolgere attività lavorativa dopo sessanta giorni dalla presentazione della domanda.
Le Regioni Calabria, Toscana, Sardegna, Emilia-Romagna, Lazio e Veneto hanno trasmesso contributi, nei quali è riportato il dettaglio degli interventi promossi e attuati sui territori, le risorse utilizzate, le buone prassi rilevate e gli elementi di criticità riscontrati.
In conclusione, si allegano tutti i contributi pervenuti.
Roma, 23 aprile 2020







( red / 28.04.20 )
Regioni.it

Il periodico telematico a carattere informativo plurisettimanale “Regioni.it” è curato dall’Ufficio Stampa del CINSEDO nell’ambito delle attività di comunicazione e informazione della Segreteria della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome

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