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Regioni.it

n. 3830 - martedì 28 aprile 2020

Sommario
- Coronavirus: in vista della fase 2, precisazioni e iniziative Governo
- Fase 2: richieste correzioni e accelerazioni su aperture
- Sanità: bene contrasto al contagio, ma sempre alta l'attenzione
- Femminicidio ed emergenza Covid-19
- Immigrazione: contributo per l'aggiornamento del piano nazionale di integrazione
- Emergenza Covid-19: accesso al credito e adempimenti fiscali per le imprese, proposte sul DL 23/2020

Documenti della Conferenza delle Regioni del 23 aprile

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Femminicidio ed emergenza Covid-19

(Regioni.it 3830 - 28/04/2020) Il 23 aprile, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, ha approvato un documento sulle criticità connesse all’emergenza COVID-19 nei centri antiviolenza e nelle case rifugio, dando seguito alla richiesta della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio. Si tratta di una ricognizione sullo stato dell'arte degli interventi regionali sul tema della violenza di genere posti in essere per fronteggiare gli effetti dell’emergenza e alcune proposte operative per consentire un efficace intervento a sostegno delle donne che chiedono aiuto, soprattutto in un periodo di convivenza forzosa che può condurre all’inasprimento di situazioni già critiche.
Il documento è stato inviato dal Presidente Stefano Bonaccini ai Presidenti delle Regioni e al Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, Valeria Valente (alla Commissione  è stato anche trasmesso un documento di proposte, già presentato dalle Regioni e dalle Province autonome, prima dell’emergenza covid-19, al Dipartimento per le Pari Opportunità per l’attuazione del Piano operativo antiviolenza. Proposte in larga parte già depositate in occasione dell’audizione della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome svolta dalla Commissione Parlamentare sul femminicidio il 2 luglio 2019, cfr. Regioni.it n. 3644).
Alla Commissione parlamentare è stato anche trasmesso un documento di proposte, già presentato dalle Regioni e dalle Province autonome, prima dell’emergenza covid-19, al Dipartimento per le Pari Opportunità per l’attuazione del Piano operativo antiviolenza. Proposte in larga parte già depositate in occasione dell’audizione della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome svolta dalla Commissione Parlamentare sul femminicidio il 2 luglio 2019.
Nel documento di sottolinea l'impegno di tutte le Regioni e Province autonome, dove i centri antiviolenza hanno continuato ad operare perlopiù da remoto in osservanza delle disposizioni governative sul distanziamento sociale, garantendo comunque l’ascolto e il supporto alle donne vittime di violenza e, nei casi di emergenza, assicurando interventi in presenza. Sono stati messi a disposizione ulteriori numeri di telefono per la reperibilità, aperti e/o potenziati canali di comunicazione, implementate le campagne di comunicazione.
Le proposte operative, contenute nel documento, riguardano:
- sul versante del sostegno alla presa in carico: il sostegno economico alle donne che si allontanano dal maltrattante;
- sul versante della prevenzione sanitaria: l’esecuzione di tamponi in regime di urgenza per le donne e i loro figli;
- sul versante del percorso giudiziario post denuncia: la promozione e l’incentivazione dell’allontanamento dei maltrattanti dalla casa familiare e non viceversa;
- sul versante della collaborazione istituzionale e della sinergia operativa: la necessità di condividere strategie comuni, per costruire insieme, ciascuno per le proprie competenze, senza parcellizzare la programmazione, gli interventi e le relative risorse.
Si riporta di seguito il testo del documento
Documento per la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, in merito alle misure per rispondere alle problematiche delle donne vittime di violenza, dei centri antiviolenza, delle case rifugio e degli sportelli antiviolenza e antitratta nella situazione di emergenza epidemiologica da Covid-19
Al fine di dare riscontro alla nota della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio riguardo alle criticità connesse all’emergenza COVID-19 nei centri antiviolenza e nelle case rifugio, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha approvato il presente documento che riporta:
1. Una ricognizione presso le Regioni e Province autonome sullo stato dell'arte degli interventi regionali in tema di violenza di genere posti in essere per fronteggiare gli effetti dell’emergenza COVID-19, i cui esiti sono sinteticamente e complessivamente riassunti di seguito;
2. Alcune proposte operative al fine di intervenire ancora più efficacemente a sostegno delle donne che chiedono aiuto soprattutto in questa fase di emergenza.
È facilmente intuibile come la convivenza forzosa possa condurre all’inasprirsi di talune situazioni, e come tale è necessario garantire il supporto a coloro che si trovino in condizione di doverlo chiedere, nonostante l’impossibilità di uscire di casa renda più difficile per le donne rivolgersi ai servizi antiviolenza.
In tutte le Regioni e Province autonome. i centri antiviolenza (CAV) hanno continuato ad operare, sebbene perlopiù da remoto così da ottemperare alle disposizioni impartite dal Governo sul distanziamento sociale, garantendo l’ascolto ed il supporto alle donne vittime di violenza. All’occorrenza, e soprattutto, nei casi di emergenza, vengono assicurati interventi in presenza, nel rispetto delle disposizioni di sicurezza.
In molti casi i CAV hanno messo a disposizione numeri di telefono ulteriori per essere reperibili, oltre ad aprire e/o potenziare ulteriori canali di comunicazione quali messaggeria facebook o whatsapp. A questo proposito, in molte Regioni è stata altresì implementata una campagna di comunicazione per dare conto che i servizi antiviolenza, anche durante l’emergenza COVID-19, sono attivi ed operanti; per far conoscere i riferimenti (vecchi e nuovi) dei centri antiviolenza; per promuovere l’uso del numero Unico nazionale 1522 e/o della app ad esso collegata; per promuovere altresì i numeri unici di emergenza e l’utilizzo della app YouPol delle Forze dell’Ordine che consente la georeferenziazione delle segnalazioni. Questa fase ha visto infatti in molte realtà una accresciuta collaborazione con le FF.dO, stimolate anche da una circolare della Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese.
Una delle principali criticità del momento è rappresentata dagli eventuali casi di violenza domestica che richiedano una messa in sicurezza urgente delle donne ed eventuali figlie e figlie. Le case rifugio sono generalmente in parte già occupate da nuclei familiari in protezione e, a tutela della salute di costoro e delle operatrici – che continuano a garantire il servizio pur con le necessarie cautele – si è reso e si rende necessario individuare soluzioni abitative temporanee ove le donne ed i loro figli possano restare per i 14 giorni di isolamento fiduciario prima dell’ingresso nelle case destinate ad accoglierle. A livello regionale e locale, dunque, i diversi soggetti coinvolti nella prevenzione e contrasto alla violenza di genere, siano essi Istituzioni o organizzazioni del terzo settore, stanno collaborando per trovare soluzioni, innanzitutto abitative - quali ad esempio la disponibilità di piccole strutture ricettive (b&b, case vacanza, ecc.) -  ma anche relative ai trasporti ed all’assistenza (trasferimento in sicurezza del nucleo familiare verso la soluzione abitativa individuata; consegna della spesa e altri beni di prima necessità).
Diverse Regioni hanno fornito indicazioni e/o indirizzi operativi alle reti territoriali per affrontare questa criticità, anche sollecitando a guardare con attenzione alle iniziative avviate in alcuni contesti, con riferimento particolare alle iniziative tese ad allontanare i maltrattanti piuttosto che le donne con i figli (iniziativa della Procura di Trento).
Diverse Regioni hanno ulteriormente implementato, rispetto a quanto già fatto dal Governo centrale, i fondi da trasferire ai Comuni per sostenere tutti gli interventi di protezione sociale e di sostegno, anche di natura economica, per far fronte ai danni causati dall’emergenza da COVID-19; tra le fragilità da sostenere con questi fondi rientrano senza ombra di dubbio anche le donne vittime di violenza, e tra queste anche coloro che hanno dovuto interrompere tirocini formativi o esperienze di borse lavoro già avviate ai fini della loro autonomia.
Dal confronto sulle criticità emerse, con l’obiettivo di intervenire ancora più efficacemente a sostegno delle donne che chiedono aiuto soprattutto in questa fase di emergenza, di seguito si formulano alcune proposte operative:
Sul versante del sostegno alla presa in carico:
- al fine di sostenere economicamente le donne che si allontanano dal maltrattante, soprattutto nella fase emergenziale, si propone, sulla scia di esperienze già realizzate da alcune Regioni nell’ambito degli interventi per l’inclusione sociale delle donne vittime di violenza, di “agevolare” l’accesso delle donne alla misura del reddito di cittadinanza senza necessità di allegare l’ISEE; alla domanda di accesso avanzata dalle donne su piattaforma, dovrà essere allegata una certificazione che attesti la presa in carico da parte dei servizi territorialmente competenti (servizio sociale professionale e centro antiviolenza) e la mancanza di sufficiente autonomia economica;
- si propone l’estensione di ammortizzatori sociali per le donne inserite in percorsi di fuoriuscita dalla violenza che abbiano dovuto sospendere tirocini e borse lavoro.
Sul versante della prevenzione sanitaria:
- prevedere la possibilità di eseguire il tampone, sia alle donne che ai loro figli, in regime di urgenza, per poter procedere con l’eventuale inserimento in casa rifugio o in altra struttura in cui siano presenti già altre ospiti; questo per evitare da un lato i rischi di contagio ma anche le difficoltà  legate alla necessità di reperire in emergenza strutture da dedicare all’accoglienza preventiva in isolamento, almeno per i primi 14 giorni; per non parlare dei disagi connessi ai diversi e forzati trasferimenti vissuti da donne e minori (a tale proposito si segnala la recente esperienza della Provincia autonoma di Trento che con circolare del Dipartimento Salute e Politiche sociali del 20/4/2020 ha stabilito che per i nuovi inserimenti disposti con riferimento ai reati di violenza domestica o di genere di cui alla legge n. 69 del 2019 denominata “Codice rosso”, deve preventivamente essere svolta una verifica presso i Pronto Soccorso ospedalieri delle condizioni di salute legate all’emergenza sanitaria COVID-19 delle persone da collocare in struttura);
Sul versante del percorso giudiziario post denuncia:
- proprio per evitare tutti i disagi e le difficoltà connesse al punto precedente, sarebbe da promuovere e incentivare, anche sulla scorta dell’iniziativa adottata dalla Procura di Trento, l’allontanamento dei maltrattanti dalla casa familiare e non viceversa.
L'esperienza insegna che nella maggior parte dei casi di CODICE ROSSO, la preliminare tutela della persona offesa non passa e non deve passare attraverso la collocazione della medesima nelle case rifugio con l'abbandono dell'abitazione familiare, bensì passa e deve passare attraverso le misure cautelari dell'allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento previsti dall'art. 282bis e 282 ter c.p.p., ovvero dall'allontanamento d'urgenza ex art, 384 bis c.p.p.a cura della Polizia Giudiziaria.
Fondamentale sarà, nell’immediatezza dei fatti e su richiesta della donna, procedere, a cura delle Forze dell’Ordine intervenute e delle operatrici cav (in videochiamata o skype), all’uopo immediatamente allertate dalle prime, alla valutazione del rischio; ciò potrà essere un proficuo supporto, unitamente al vaglio di tutti gli altri elementi sostanziali e processuali previsti  per legge, affinché  le Forze dell’Ordine intervenute dispongano l’allontanamento d’urgenza del soggetto agente; o, in mancanza di tale provvedimento, lo strumento valutativo potrà costituire valido supporto per l’A.G affinché venga richiesta e poi emessa misura cautelare, come  l’allontanamento dalla casa familiare e/o il divieto di avvicinamento del “reo”, tutto al fine di garantire che la vittima ed i minori restino a casa a tutela in sicurezza. 
L’allontanamento del maltrattante dal domicilio, che dovrebbe essere subordinato all’attuazione di un sistema di presa in carico che preveda la frequenza di programma di rieducazione, apre la questione della sua accoglienza e dei relativi costi; il tema è stato affrontato in alcuni territori identificando soluzioni diversificate: laddove non sia stato possibile il collocamento presso familiari o conoscenti, in alcuni casi sono state poste a carico dell’autore di violenza i costi per la sua permanenza in B&B od altra struttura; in altri, sono state individuate sistemazioni cui si è fatto fronte ricorrendo a risorse regionali.
Ad ogni modo, oltre alle questioni legate all’eventuale accoglienza, certamente si pone l’esigenza di addivenire quanto prima alla definizione dei requisiti dei centri per autori di violenza e di stabilire criteri e procedure chiare per garantirne il trattamento (al fine di prevenire eventuali recidive). Posto che gli oneri derivanti dalla partecipazione ai corsi di recupero sono a carico del condannato, ai sensi dell’art. 6 della legge 19 luglio 2019, n. 69, che prevede la sospensione condizionale della pena subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i reati previsti al medesimo articolo, l’iter appare infatti ancora abbastanza nebuloso. In assenza di indicazioni puntuali e di presenza certificata e qualificata di chi dovrebbe occuparsene, il rischio è quello per cui il condannato possa “comprarsi” il beneficio della sospensione della pena, per non parlare del rischio più importante che è senza dubbio quello dell’incolumità delle donne e dei loro figli.
Si richiede infine un investimento concreto relativo alla dotazione dei mezzi elettronici o altri strumenti tecnici per le procedure di controllo a distanza dei maltrattanti al fine della efficace attuazione delle misure interdittive e cautelari, nell’ottica di prevenire la recidiva o la reiterazione delle condotte violente.
Sul versante della collaborazione istituzionale e della sinergia operativa:
- soprattutto in questo momento di emergenza occorre avere strategie comuni, per costruire insieme, ciascuno per le proprie competenze, senza parcellizzare la programmazione, gli interventi e le relative risorse. Pur apprezzando lo sforzo fatto di finanziare per ulteriori 3 milioni di euro le case rifugio (art. 18 bis del DL 18/2020 attualmente all’esame della Camera dei Deputati), si ritiene che, al fine di allocare in modo razionale le risorse, evitando elargizioni a pioggia e che non vadano a coprire le spese effettivamente sostenute, anche queste risorse possano essere ricondotte nell’alveo delle programmazioni regionali ad integrazione dei fondi messi a disposizione del DPCM 4 dicembre 2019. Anche perché, dalle ricognizioni effettuate, non risulta allo stato attuale che gli ulteriori oneri derivanti dall’accoglienza temporanea delle donne, a scopo preventivo in fase di emergenza covid-19, ricadano sulle case rifugio che, nella quasi totalità dei casi, hanno posto dei limiti e/o dei divieti alla possibilità di nuovi inserimenti.
Si allega infine il documento di proposte già presentato dalle Regioni e dalle Province autonome, prima dell’emergenza covid-19, al Dipartimento per le Pari Opportunità per l’attuazione del Piano operativo antiviolenza, proposte in larga parte già depositate in occasione dell’audizione della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome richiesta dalla Commissione Parlamentare sul femminicidio tenutasi il 2 luglio 2019.
Roma, 23 aprile 2020



( red / 28.04.20 )
Regioni.it

Il periodico telematico a carattere informativo plurisettimanale “Regioni.it” è curato dall’Ufficio Stampa del CINSEDO nell’ambito delle attività di comunicazione e informazione della Segreteria della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome

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