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Regioni.it

n. 3884 - venerdì 17 luglio 2020

Sommario
- Conferenza delle Regioni lunedì 20 luglio, alle 16.00
- Comitato di Settore Regioni-Sanità: soddisfazione per accordo contratto dirigenza funzioni locali
- Vertice a Bruxelles: Mes, recovery fund e governance i temi sul tavolo
- Politiche sociali, disabilità e "Dopo di Noi"
- Sostegno e valorizzazione della famiglia: raccomandazioni per il Disegno di legge delega
- Bonaccini: il tema dell'Autonomia sempre all'ordine del giorno

Documento della Conferenza delle Regioni del 9 luglio

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Politiche sociali, disabilità e "Dopo di Noi"

Testo illustrato nel corso di un'audizione in Senato

(Regioni.it 3884 - 17/07/2020) La Conferenza delle Regioni del 9 luglio che si è svolta in videoconferenza ha approvato un documento in materia di politiche sociali e disabilità, in particolare sulla legge quadro n. 328/2000 e sulla legge 112/2016, che poi è stato sottoposto all'attenzione del Senato in Audizione presso la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani (vedi "Regioni.it" n. 3881). L'audizione si è svolta il 14 luglio, ed è stato innanzitutto sottolineato che servono più risorse per "le politiche sociali e le non autosufficienze” al fine di poter garantire i livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio nazionale.Si ripoerta di seguito il testo del documento. 
Stato di attuazione.
QUADRO DI RIFERIMENTO
La Legge 8 novembre 2000, n. 328 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali" , in attuazione dell’art. 38 della Costituzione, ha inteso definire la realizzazione degli interventi e dei servizi sociali in modo unitario e integrato, prevedendo che gli Enti locali, le Regioni e lo Stato, ognuno nell’ambito delle proprie competenze, in una logica di decentramento rispettoso delle autonomie e delle specificità locali, provvedono alla programmazione degli interventi e delle risorse, secondo principi di coordinamento e di integrazione tra gli interventi sanitari e dell’istruzione e le politiche attive del lavoro.
All’epoca di approvazione la norma fu accolta molto positivamente in quanto segnava – finalmente – il passaggio da un sistema sostanzialmente assistenzialistico, così come definito dal DPR 616/77, che aveva sostituito il modello caritatevole introdotto a fine 800 dalla cd Legge Crispi, ad un approccio integrato che si pone quale obiettivo prioritario la promozione e la protezione dei diritti sociali di cittadinanza.
La legge introduce alcuni elementi di forte innovatività:
Una programmazione di medio periodo, con la quantificazione delle risorse statali previste per il triennio successivo; La puntuale individuazione delle competenze in capo ai soggetti istituzionali (Stato, Regioni, Comuni) e il ruolo di partecipazione attiva del Terzo settore, del privato, delle famiglie, dei cittadini; La gestione associata dei servizi attraverso i modelli associativi delineati dal Testo Unico sugli Enti locali; L’integrazione e la trasversalità tra le politiche sociali e quelle della salute in particolare, ma anche dell’istruzione, della formazione, del lavoro.
Le Regioni sono chiamate a recepire, con proprie norme, la Legge quadro e ad approvare, previa concertazione con gli Enti locali e gli attori pubblici e privati presenti sul territorio, gli strumenti di programmazione regionale triennale (Piani sociali, Piani socio-sanitari).
A distanza di pochi mesi dalla pubblicazione della Legge quadro è però intervenuta la riforma del Titolo V della Costituzione (ex L. Cost. 3/2001), con una nuova e diversa redistribuzione dei compiti e delle competenze in materia di protezione sociale tra Stato e Regioni: infatti l’art. 117, co. 2, lett. o), riserva alla competenza esclusiva dello Stato la “previdenza sociale”, mentre il comma 3 dello stesso articolo, affida alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni la “previdenza complementare e integrativa”. L’assistenza sociale va di conseguenza annoverata tra le materie di competenza residuale esclusiva delle Regioni; fatta salva, ex art. 117, co. 2, lett. m), la competenza esclusiva dello Stato nella determinazione dei “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”, tra i quali è certamente da annoverarsi anche il diritto all’assistenza.
In attuazione del principio di sussidiarietà (ex art. 118 Costituzione) allo Stato compete la determinazione: dei principi e degli obiettivi della politica sociale; dei criteri generali per la programmazione della rete degli interventi di integrazione sociale da attuare a livello locale; degli standard dei servizi sociali da ritenersi essenziali in funzione di adeguati livelli delle condizioni di vita; degli standard organizzativi dei soggetti pubblici e privati e degli altri organismi che operano nell'ambito delle attività sociali e che concorrono alla realizzazione della rete dei servizi sociali.
Sono conferite alle Regioni e agli Enti locali tutte le funzioni e i compiti amministrativi nella materia dei “servizi sociali”.
Le Regioni esercitano le funzioni di programmazione, coordinamento ed indirizzo degli interventi sociali e definiscono, in apposite leggi, le funzioni trasferite o delegate ai Comuni e di quelle mantenute in capo a sé stesse.
La progettazione e la realizzazione del sistema integrato dei servizi sociali competono ai Comuni (in forma singola o associata) secondo i principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità ed omogeneità. Alla progettazione e realizzazione degli interventi concorrono, in un’ottica di concertazione con gli Enti locali, anche i soggetti privati ed in particolare gli Enti del Terzo settore.
L’art 1 co. 5 della L. 328/2000 prevede infatti che “alla gestione ed all'offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici nonché [...] organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati”.
La realizzazione delle finalità previste dalla novellata norma costituzionale e dalla Legge quadro si sono scontrate, però, quasi da subito con l’assenza di risorse finanziarie strutturate e adeguate a garantire prestazioni omogenee su tutto il territorio nazionale e, quindi, i livelli essenziali delle prestazioni.
Si è passati dal miliardo di euro stanziati sul bilancio statale del 2004 ai soli 10 milioni del 2012.
Si è dovuti arrivare al decreto legislativo n.147 del 15 settembre 2017 che ha meglio definito le modalità di coordinamento a livello nazionale, al fine di favorire una maggiore omogeneità territoriale nell’erogazione delle prestazioni e di definire delle linee guida degli interventi.
Il suddetto decreto legislativo ha il merito di aver introdotto in maniera strutturale e sul medio periodo risorse economiche tali da poter supportare una adeguata programmazione e di superare la precarietà vissuta negli anni precedenti.
E’ stata così istituita la Rete della protezione e dell’inclusione sociale, quale organismo di coordinamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali, con la partecipazione delle rappresentanze dei Ministeri competenti (Lavoro e politiche sociali, Salute, MEF), di tutte le Regioni/PA, delle Città Metropolitane, dei Comuni capoluogo e aperta all’apporto delle Forze sindacali e dei soggetti del Terzo settore impegnati nel sociale.
Il Piano Nazionale di contrasto alla Povertà, prima, il Piano Sociale Nazionale triennale, poi, e, da ultimo, il Piano Nazionale per la Non Autosufficienza, proprio in ragione della strutturalità dei fondi garantiti dalla Stato, hanno consentito di arrivare alla graduale introduzione, su tutto il territorio nazionale, di livelli essenziali di assistenza.
STATO DELL’ARTE LEGGE 328/00
A livello regionale, sia pure con una tempistica diversificata, la Legge quadro ha trovato piena attuazione attraverso l’approvazione di norme regionali di recepimento, che in alcune Regioni sono state successivamente integrate ed implementate alla luce del mutato quadro normativo e delle nuove e diverse esigenze espresse dalla popolazione residente.
Tutte le Regioni hanno adottato uno o più Piani sociali triennali o Piani socio sanitari triennali; ovunque si fa ricorso alla gestione associata dei servizi attraverso gli Ambiti Territoriali sociali, i Distretti socio sanitari, le Zone di area vasta e alla definizione di Piani sociali di Zona (sono attive poco meno di 600 forme di gestione associativa sull’intero territorio nazionale).
Il Ministero e le Regioni/PA hanno definito, all’interno del Piano Sociale Nazionale, gli obiettivi di servizio da perseguire uniformemente sull’intero territorio individuando tre aree di intervento: infanzia, adolescenza e responsabilità familiari; disabilità e non autosufficienza, povertà ed esclusione sociale e alcuni macro livelli:
Servizi per l’accesso e la presa in carico da parte della rete assistenziale; Servizi e misure per favorire la permanenza a domicilio; Servizi territoriali comunitari; Servizi territoriali a carattere residenziali per le fragilità; Misure di inclusione sociale – sostegno al reddito.
Le risorse disponibili per il finanziamento del Piano Sociale Nazionale ammontavano a 276 milioni di euro per il 2018 e a 281 a partire dal 2019. Successivamente è intervenuta la Legge di Bilancio 2019 che ha stanziato ulteriori risorse a valere sul Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (FNPS), portandolo a quasi 394 mln per l’anno 2019. Tali importi vanno ovviamente integrati con il cofinanziamento regionale (che in alcune realtà è molto più elevato della quota del Fondo Nazionale) e dei Comuni e alla quota di compartecipazione delle famiglie.
Permane, come rilevato dal’ISTAT nell’analisi della spesa sociale dei Comuni, una sensibile sperequazione territoriale: si va dai 20 euro annui pro capite della Calabria ai 325 della Provincia autonoma di Bolzano. La spesa media nazionale è di circa 100 euro: al Nord si spendono 120 euro pro capite e al Sud circa la metà.
Ulteriore elemento di criticità da sottolineare è il ritardo con il quale le risorse (sia quelle dell’FNPS, ma anche del Fondo non autosufficienza e di quello di contrasto alla Povertà) vengono trasferite alle Regioni o ai Comuni capofila degli Ambiti territoriali, che costringe, soprattutto gli Enti locali, ad anticiparle per far fronte al pagamento dei soggetti gestori dei servizi.
E’ di tutta evidenza che occorre fare uno sforzo condiviso tra i vari attori istituzionali per rimuovere questa sperequazione ed arrivare a garantire l’effettiva esigibilità di un livello uniforme dei servizi.
E’ pertanto necessario la determinazione da parte dello Stato dei livelli essenziali delle prestazioni che deve essere frutto di un approfondito processo di confronto e di intesa istituzionale che coinvolga le Regioni e le Autonomie locali, alle quali compete – insieme allo Stato – garantire le prestazioni ed i servizi ricompresi nei livelli. Il coinvolgimento del sistema Regioni-Autonomie Locali si impone, sia in considerazione della competenza esclusiva delle Regioni sulla materia assistenziale, che per permettere la costruzione di un sistema di welfare in cui i diversi attori istituzionali coinvolti possano delineare il loro apporto in un quadro di sostenibilità e compatibilità economica.
Alla definizione dei LEPS va necessariamente affiancata una congrua dotazione delle risorse finanziarie indispensabili a garantirli, prevedendo un consistente incremento delle risorse del Fondo Nazionale delle Politiche Sociali e del Fondo per le non autosufficienze per dare garanzia della esigibilità dei diritti soggettivi da parte dei cittadini, richiesta più volte avanzata dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, da ultimo nell’espressione del parere sul Decreto Legge 18/2020 c.d. Cura Italia, al fine di poter fronteggiare l’aumentato carico dei servizi socio - assistenziali richiesti dal territorio, in seguito all’attuale stato di emergenza.
 
STATO DELL’ARTE LEGGE 112/2016 (cd Dopo di noi)
La legge in parola ha, in attuazione al dettato costituzionale, alla Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006 e dell’art.22 della Legge quadro328/00 (Progetti individuali per le persone disabili) promosso misure di assistenza , cura e protezione nel superiore interesse delle persone con disabilità grave, non determinata da naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità, prive di sostegno familiare in quanto mancanti di entrambi i genitori o perché gli stessi non sono in grado di fornire l’adeguato sostegno genitoriale , nonché in vista del venir meno del sostegno genitoriale, attraverso la progressiva presa in carico della persona interessata già durante l’esistenza in vita dei genitori.
Tali azioni sono rimesse alla programmazione regionale e territoriale.
Per la loro realizzazione sono stati stanziati 90 milioni per il 2016; 38,3 per il 2017 e 56,1 milioni di euro a decorrere dal 2018 (ridotti per la sola annualità 2018 a 51 milioni per effetto di tagli lineari operati sul bilancio dello Stato).
Si tratta di uno strumento normativo fortemente voluto e sollecitato dalle Associazioni dei familiari dei disabili sia per la parte più strettamente assistenziale (affidata alle competenze delle regioni e degli enti locali), sia in quella più tributarista e civilistica (assicurazioni, costituzione di trust) in capo alle valutazioni e alle scelte delle famiglie.
Rispetto alle previsioni della legge e al DM 23 novembre 2016, le Regioni si sono comportate in maniera non uniforme, facendo riferimento agli obiettivi di programmazione regionale.
Nella maggior parte dei casi i fondi sono stati trasferiti agli Ambiti Territoriali Sociali, responsabili della programmazione sociale, in altri hanno formato oggetto di avvisi pubblici o di bandi regionali indirizzati alle famiglie e/o agli Enti del Terzo settore, sempre con la presenza attiva degli Ambiti territoriali e delle Unità di valutazione multidimensionale delle Aziende Sanitarie.
In tutti i casi sono stati attivati processi di confronto e di condivisione con la rete partenariale territoriale ( ANCI, comuni, sistema sanitario, volontariato, associazionismo di promozione sociale, cooperazione).
L’informazione alle famiglie e ai disabili è stata generalmente assicurata attraverso iniziative e seminari di presentazione, opuscoli informativi, incontri di presentazione.
Le Regioni, in una logica di collaborazione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, allo scopo di consentire alle strutture ministeriali di ottemperare a quanto previsto dall’art. 8 della legge in parola, hanno realizzato il monitoraggio delle attività realizzate sul proprio territorio e dei progetti finanziati.
Proprio sulla base dell’ultima relazione alle Camere, che fa riferimento a dati relativi al 31 dicembre 2018 ( trasmesso alle Camere a gennaio del corrente anno), è stato possibile fare un punto, sia pure parziale in quanto non tutte le Regioni hanno risposto al questionario somministrato o non sono state in grado di fornire indicazioni puntuali in merito alle persone inserite nei percorsi di inclusione, sia rispetto alla tipologia di azioni promosse, sia alle fasce di età interessate e al sesso dei disabili coinvolti.
Dai flussi informativi si evidenzia che il 57% dei beneficiari è composto da maschi e che circa i tre quarti dei disabili interessati è compresa nella fascia di età compresa tra i 25 e i 65 anni.
In particolare è emerso che il 6% dei progetti personalizzati ammessi a finanziamento prevedevano una rivalutazione delle condizioni abitative; il 20% l’uscita dal nucleo familiare e il 74% percorsi programmati di accompagnamento verso l’autonomia e l’uscita dal nucleo familiare.
Da una prima valutazione si registra una quota non marginale di persone prive di risorse economiche proprie e di entrambi i genitori (15% della media nazionale).
Molto più marcata quella di beneficiari con genitori che non sono più nella condizione di assicurare il proprio sostegno genitoriale, non per ragioni economiche ma per motivi di età e di salute.
In alcune aree del Paese, in particolare in Toscana e in generale nel Centro/Nord, è stata data grande attenzione a soluzioni alloggiative che presentassero caratteristiche di abitazioni, sul modello di quella di origine, o gruppi appartamento o soluzioni di co-housing in grado di riprodurre le condizioni abitative e relazionali della casa familiare.
Particolarmente significativa, anche se percentualmente poco rilevante, la scelta di soluzioni abitative inserite in progetti di agricoltura sociale.
Una delle innovazioni sulle quali ha puntato la legge 112 è stata l’introduzione, all’interno delle nuove soluzioni alloggiative, ma anche dei gruppi appartamento e delle scelte abitative individuali, di nuove tecnologie in grado di consentire alla persona disabile di emanciparsi dal supporto genitoriale (tecnologie domotiche, connettività sociale, soluzioni abitative assistite): la risposta, in questa prima fase è stata positiva, infatti circa un terzo dei progetti ha introdotto risposte di questo tipo. 
In conclusione, pur in presenza di un flusso di informazioni non completo e in fase di costante aggiornamento, si può esprimere una valutazione sostanzialmente positiva rispetto alle modalità programmatorie e gestionali messe in atto dalle Regioni rispetto alle finalità introdotte dalla Legge 112/16 e all’utilizzo delle risorse rese disponibili dal bilancio statale nella prima triennalità e confermate anche per il prossimo triennio.
Grazie al costante confronto tra i rappresentanti regionali e quelli ministeriali è stato possibile mettere a fuoco gli elementi di criticità e approntare strumenti operativi idonei ad uniformare la risposta sull’intero territorio nazionale. I risultati potranno probabilmente trovare riscontro già nel prossimo monitoraggio che le Regioni forniranno al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Roma, 9 luglio 2020


Link al documento approvato della Conferenza delle Regioni del 9 luglio: Posizione sull’attuazione della legge quadro n. 328/2000 e sulla legge 112/2016 (c.d. dopo di noi)



( red / 17.07.20 )
Regioni.it

Il periodico telematico a carattere informativo plurisettimanale “Regioni.it” è curato dall’Ufficio Stampa del CINSEDO nell’ambito delle attività di comunicazione e informazione della Segreteria della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome

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